"Il diavolo non gioca a dadi" e "Lessico di Hiroshima"

Oggi 6 agosto alle 18 al Muse e alle 21 presso le Gallerie di Piedicastello un duplice appuntamento per ricordare il 70esimo dalla bomba atomica

[ Paolo Miorandi]

Settant’anni fa, il 6 agosto: una città in tempo di guerra, provata, indifesa, e una bomba che fa andare letteralmente a pezzi il mondo: case, alberi, ponti, oggetti, tutto viene disintegrato, fuso, ridotto in cenere.

Oggi, 6 agosto, alle 18, al Muse "Il diavolo non gioca a dadi": Massimiano Bucchi racconta la storia che va dal premio Nobel ad Einstein alla realizzazione della bomba. Il pianista, compositore (e conduttore radiofonico su Radio3) Arturo Stàlteri esegue al pianoforte brani legati al tema dell’atomica (Ultravox, Sting, OMD, Blondie) e altri di Battiato, Brian Eno e dello stesso Stàlteri. 

Alle 21, invece, presso le Gallerie di Piedicastello, Paolo Miorandi, psicoterapeuta e scrittore, presenta il suo Lessico di Hiroshima, recital dall'omonimo libro uscito per le edizioni Il Margine. Al pianoforte: Marco Dalpane.

La nostra intervista a Paolo Miorandi sul suo Lessico di Hiroshima: 

"Siamo ad Hiroshima, e “in questa situazione di profondo sconvolgimento - spiega - c’è un’immagine di grande suggestione: un medico, direttore di ospedale, che oltre a fare il medico e dare una mano alle persone che accorrevano, ai sopravvissuti, inizia a scrivere il suo diario, il celebre Diario di Hiroshima di Michihiko Hachiya. Quest’ immagine mi è sembrata perfetta per approfondire il senso dello scrivere, il significato profondo di questa attività umana. Ogni volta che il mondo va a pezzi, come ad Hiroshima ma anche a livello personale, c’è qualcuno, magari noi stessi, che prova a raccogliere le poche parole rimaste per tentare di dare forma nuova, significato al mondo.

Questa l’idea di Lessico di Hiroshima, raccogliere delle parole secondo un criterio personale, quasi tentare di ‘vedere’ in questa nuvola di polvere dopo l' esplosione. Le parole che ho scelto appartengono sia al linguaggio quotidiano - corpi, luce, fiume, malattia, cicatrici, macerie, radici – sia a concetti quali  futuro, colpa, immaginazione, danza, inferno. L’obiettivo è di ricostruire una cronaca attraverso le definizione del lessico per gettare uno sguardo su quanto accaduto. Una trentina le parole che ho individuato, tenute assieme da un sottotesto che all’inizio racconta quanto successo nelle prime ore, lo 'stupore' delle persone di fronte alla situazione. Per descriverla non avevano parole, hanno dovuto inventare una parola nuova: ‘Pikadon’, ‘pika’, il lampo, la luce accecante; ‘don’, lo scoppio, il rumore.

Nel diario il medico racconta molte cose che succedevano in ospedale, ma soprattutto ha perpetuato la metafora poetica antica di narrare una storia di sopravvivenza, non tanto dei corpi e forse neppure di anime, ma della capacita di costruire dei segni, di dare significato alle cose.

Ho parlato di questo lavoro con Roberto Conz, musicista, che prendendo spunto dal testo ha composto la partitura per pianoforte per questo evento. Anche la musica cerca di restituire l’immagine, vi è cioè l'idea di una tessitura sonora frantumata, sempre sull'orlo della dissonanza, da cui ogni tanto nascono sperduti accenni di melodie, dai quali a volte emerge una danza o una preghiera.” – conclude Miorandi.

Una nota: nel volume, le parole scelte sono accompagnate dalle calligrafie degli ideogrammi giapponesi.

redazione

23/06/2015