Palazzo Thun

La pregevole decorazione quattrocentesca della facciata è venuta in luce nel 1997 in modo inaspettato sotto l’intonaco

[ foto Ezio Chini]

Al termine di una serie di importanti campagne di restauro poste in opera dal Comune di Trento che hanno dato i loro primi importanti frutti negli anni Novanta del secolo scorso, il patrimonio d’arte della storica sede comunale ha beneficiato anche in tempi recenti di una considerevole opera di valorizzazione con, fra l’altro, l’ottimo recupero degli ornati ottocenteschi conservati soprattutto nell’appartamento di Matteo Thun, ma anche altrove all’interno.

Ci si sofferma qui sulla pregevole decorazione quattrocentesca della facciata, venuta in luce nel 1997 in modo inaspettato sotto l’intonaco. Così alla serie già cospicua di facciate dipinte che caratterizzano il centro storico di Trento si è aggiunto il prospetto di questo palazzo che è fra i più illustri della città, sia per a sua lunga storia che per l’utilizzo attuale.

L’edificio sorse, sembra, sulla metà del secolo XV su preesistenze medievali di età romanica ancora ben visibili nell’interrato verso la via delle Orne. In questa zona sorgeva una torre. I Tono (nome più antico) o Thun, famiglia allora già potente che aveva le residenze principali nella valle di Non (in Castel Thun, in Castel Braghér e nel castello presso Castelfondo) stabilirono la loro sede anche a Trento, nel cuore del tessuto urbano, costruendo una prestigiosa dimora affacciata sull’antica Via Larga (oggi via Rodolfo Belenzani).

Il palazzo fu abitato sempre dai Thun fino al 1873, quando l’amministrazione comunale di Trento lo acquistò per farne sede municipale. Nell’assetto quattrocentesco, ancora gotico, la facciata aveva un portale ad arco acuto, di cui rimane ben chiara la traccia, e una decorazione pittorica a finto bugnato grigio, molto regolare, all’interno del quale si aprivano numerose finestre ad arco. Il palazzo venne ampliato in seguito, fino ad assumere le attuali forme sulla metà del Cinquecento, quando ospitò sessioni del concilio (ossia le riunioni di commissioni che dovevano elaborare i documenti conciliari in vista dell’approvazione plenaria e solenne nella cattedrale) e alcuni dei suoi più illustri partecipanti; a tale epoca risalgono il portale ad arco con lo stemma di famiglia (stemma che compare in dimensioni molto maggiori anche sugli spigoli del prospetto, sia a nord che a meridione) e le quattro serie sovrapposte di finestre rettangolari con cornici di pietra, che trasformarono radicalmente l’antico assetto medievale introducendo i principi costruttivi rinascimentali; esse infatti ricordano le finestre del Magno Palazzo al Castello del Buonconsiglio (ca. 1530-31).

Il maestoso finto bugnato grigio sembra invece preludere addirittura a quello realizzato con blocchi di pietra verso il 1515-20 a rivestire la facciata di palazzo Tabarelli in via Oss Mazzurana. I Thun, stirpe feudale abituata alle rustiche dimore fortificate della val di Non, manifestarono così la loro preferenza per una finta architettura austera e ferrigna, di non grande spesa e simbolicamente alludente alla protezione dal nemico. Secondo quindi un gusto totalmente diverso da quello del fine decoro di Casa Aberti Colico o di Casa Balduini (circa 1475) in piazza del Duomo, al quale l’ornato dei Thun è vicino nel tempo e forse di poco antecedente. Al rimaneggiamento cinquecentesco risalgono anche i decori murali alla sommità sotto la gronda, fra le travi con animali stilizzati di profilo, e motivi vegetali gialli su fondo azzurro.

Per saperne di più: N. Ossanna Cavadini, - E. Dandrea, M. Baldracchi, Palazzo Thunn a Trento. Studi per un restauro, Trento 1998.

Ezio Chini

(1950), storico dell'arte, si laurea con Mina Gregori all'Università di Firenze (1975). Dal 1978 al 2010 ricopre l'incarico di funzionario della Provincia Autonoma di Trento e nell’ambito dell’Assessorato alla Cultura della Provincia Autonoma di Trento gli vengono affidati i seguenti incarichi di carattere direttivo: coordinamento dell’attività di catalogazione del patrimonio artistico del Trentino (1978-1982); direzione restauri opere mobili ed affreschi (1981-1987; 1999-2003); direzione (come sostituto) del Museo Provinciale d’Arte, Castello del Buonconsiglio (1988-1990); direttore di Divisione, settore storico-artistico, Castello del Buonconsiglio, dal novembre 2003. È autore di circa 250 pubblicazioni, sull’arte a Firenze, nel Veneto, in Lombardia e soprattutto in Trentino, con particolare riferimento ai secoli XVI-XVIII, al Castello del Buonconsiglio e ai pittori Girolamo Romanino, Marcello Fogolino, Dosso e Battista Dossi. È organizzatore di numerose mostre, fra cui Dipinti su tela. Restauri (1983); Girolamo Romanino (2006;in collab. con L. Camerlengo, F. Frangi, F. de Gramatica); L’arte riscoperta (2000; in collab. con P. Pizzamano ed E. Mich). È socio dell’Accademia degli Agiati, della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche e di Italia Nostra (membro della Direzione). Nell’ambito di Italia Nostra - Sezione di Trento, coordina dal 2017 il progetto Trento città dipinta. Un patrimonio da salvare. È Delegato regionale alla valorizzazione nell'ambito della Delegazione Fai di Trento.

Ezio Chini

02/04/2019