Palazzo del Monte

Una delle case affrescate più importanti dell’Italia del Nord

[ foto Ezio Chini]

È una delle residenze signorili più insigni fra quelle portate a termine a Trento nel primo scorcio del Cinquecento, quando la città ormai si avviava a mutare volto accogliendo le novità dell’architettura più “moderna” e innovativa, per quel tempo: quella che noi oggi definiamo rinascimentale. In quest’epoca sorse anche un altro edificio al passo con l’evoluzione dell’architettura civile in Italia, come palazzo Tabarelli, dalla magnifica facciata a bugnato.

Alcuni aspetti importanti accomunano palazzo Del Monte a palazzo Geremia: la posizione di particolare rilievo nel tessuto urbano, la qualità dell’architettura, le vaste superfici affrescate e l’omaggio pubblico a Massimiliano d’Asburgo, dal 1508 imperatore del Sacro Romano Impero.

Il palazzo sorse verosimilmente fra il 1505 e il 1515 in posizione privilegiata nella zona detta del “Cantone” all’incrocio tra due vie importanti: l’attuale via del Suffragio (in antico Contrada Todesca, così detta per la presenza della comunità germanofona trentina e di numerose “hostarie tedesche”), che conduceva al porto sul fiume Adige e verso l’ingresso settentrionale dalla città (porta San Martino; inoltre la strada (oggi via San Marco) che portava in breve al Castello, residenza dei vescovi principi.

Palazzo Geremia si affaccia invece sulla principale strada della città, la Contrada Larga (l’odierna via Belenzani), quindi lungo il percorso che collegava il Castello alla cattedrale, utilizzato nelle occasioni solenni. La nobile e delicata struttura architettonica di palazzo Geremia assume caratteri più marcatamente “cinquecenteschi” in palazzo del Monte, soprattutto nel notevole portale di pietra bianca e rosa, nelle cornici marcapiano e nei tre robusti pilastri. Inoltre in corrispondenza dell’angolo fra le due strade si trovava al pian terreno un ambiente aperto da arcate, una sorta di piccola loggia, successivamente chiusa e ora percepibile solo dall’interno. Così era anche l’angolo del fiorentino palazzo dei Medici (oggi Medici Riccardi) di Michelozzo.

Domina dall’alto il prospetto principale su via del Suffragio lo stemma, assai deperito, di Massimiliano I, con l’aquila nera a due teste; tutt’intorno è la raffigurazione delle Imprese eroiche di Ercole, narrata anche all’altro prospetto (precisamente dieci Fatiche sul totale delle classiche dodici, inoltre altre due altre prodezze). Questo ciclo pittorico, straordinario anche per le dimensioni inconsuete, comprende quindi le celebri imprese di Ercole in trasparente allusione alla virtù e alla forza dell’imperatore: o, in altri termini, alla forza militare imperiale messa al servizio del bene. Del resto a quel tempo circolavano fogli di propaganda in cui Massimiliano si presentava come “Ercole Tedesco” (Hercules Germanicus) e come “gloriosissimus … monarcha potentissimus”).

È quindi facile comprendere questa scelta del mito greco per la decorazione del palazzo, che si può datare intorno al 1516, anno che vide un soggiorno a Trento di Massimiliano I. Ma chi lo fece costruire e ornare in questo modo? Si sa che fu la famiglia Meli, o de Melis, di cui purtroppo assai poco si conosce; sotto il balconcino sul lato di via San Marco è dipinto il suo stemma. Una famiglia certo assai ragguardevole, che doveva essere in stretto rapporto di familiarità e di fedeltà politica verso Massimiliano e la sua corte, non meno del proprietario del palazzo Geremia, ossia Giovanni Antonio Pona. La denominazione attuale, Del Monte, è più tardiva e si riferisce a una delle famiglie che lo possedettero in seguito. Ora è di proprietà privata. 

Oggi purtroppo la decorazione ad affresco è poco leggibile a causa del disastroso stato di conservazione: dopo il restauro del 1953 (lato su via San Marco) e quello generale del 1982 finanziato dall’Amministrazione provinciale di Trento, che frenò un degrado ormai in corso, non si sono inspiegabilmente registrati altri interventi, nemmeno parziali o di manutenzione. Così si sta perdendo una delle case affrescate più importanti dell’Italia del Nord. Mirabile è in entrambi i prospetti la perfetta integrazione (ancora percepibile) di architettura reale e di architettura dipinta: un sistema decorativo che sembra rimandare alla pittura veronese, forse ai lavori di Gian Maria Falconetto nella cattedrale di Verona. Sul prospetto principale si riconoscono al primo piano le immagini di Ercole che stritola Anteo, tenendolo sollevato da terra (a sin.), e dell’Uccisione di Gerione, mostro a tre teste, a colpi di clava(a destra). Altri quattro episodi sono in alto ai lati dello stemma imperiale. Le imprese di Ercole proseguono sul lato su via San Marco: per esempio, in alto, sotto un bellissimo fregio, l’Uccisione a colpi di frecce degli uccelli carnivori della palude di Stinfalo. Ma qui sono raffigurati anche letterati immersi nella lettura e nello studio, filosofi, fregi e magnifiche teste che si sporgono con forte risalto da finti oculi. Importante è notare al primo piano, appena sopra le finestre ad arco, un omaggio a Bernardo Cles che venne eletto principe vescovo nel 1514 ma prese possesso del principato nel 1515: sono ramoscelli di palma e di alloro incrociati (una delle “imprese clesiane”, i suoi “segni” personali), così come si vedono nel Castello del Buonconsiglio. Le vicende eroiche di Ercole sono comunque il tema pittorico dominante; si attribuivano così all’imperatore e al potere asburgico quelle virtù di valore e coraggio che l’eroe del mito greco incarnava in sommo grado nell’ambito della cultura umanistica. Dell’antico assetto interno, che doveva essere ricco e ricercato non meno dell’apparato decorativo esterno, sopravvive solo, e in parte, la bella scala rinascimentale di pietra rossa, ornata da alcune sculture d’epoca.

Per saperne di più: Enrico Castelnuovo (a cura di), Luoghi della Luna, Trento 1988, in particolare i saggi di Ezio Chini e di Enrica Cozzi.

Ezio Chini

(1950), storico dell'arte, si laurea con Mina Gregori all'Università di Firenze (1975). Dal 1978 al 2010 ricopre l'incarico di funzionario della Provincia Autonoma di Trento e nell’ambito dell’Assessorato alla Cultura della Provincia Autonoma di Trento gli vengono affidati i seguenti incarichi di carattere direttivo: coordinamento dell’attività di catalogazione del patrimonio artistico del Trentino (1978-1982); direzione restauri opere mobili ed affreschi (1981-1987; 1999-2003); direzione (come sostituto) del Museo Provinciale d’Arte, Castello del Buonconsiglio (1988-1990); direttore di Divisione, settore storico-artistico, Castello del Buonconsiglio, dal novembre 2003. È autore di circa 250 pubblicazioni, sull’arte a Firenze, nel Veneto, in Lombardia e soprattutto in Trentino, con particolare riferimento ai secoli XVI-XVIII, al Castello del Buonconsiglio e ai pittori Girolamo Romanino, Marcello Fogolino, Dosso e Battista Dossi. È organizzatore di numerose mostre, fra cui Dipinti su tela. Restauri (1983); Girolamo Romanino (2006;in collab. con L. Camerlengo, F. Frangi, F. de Gramatica); L’arte riscoperta (2000; in collab. con P. Pizzamano ed E. Mich). È socio dell’Accademia degli Agiati, della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche e di Italia Nostra (membro della Direzione). Nell’ambito di Italia Nostra - Sezione di Trento, coordina dal 2017 il progetto Trento città dipinta. Un patrimonio da salvare. È Delegato regionale alla valorizzazione nell'ambito della Delegazione Fai di Trento.

Ezio Chini - storico dell'arte

13/02/2019