IL CODICE NAPOLEONE E IL SUO REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE
Il "Code Civil des Français", in italiano "Codice Napoleone" fu promulgato in Francia il 21 marzo 1804, ma la traduzione ufficiale in lingua italiana, avente valore di legge sul territorio italiano, fu pubblicata con decreto il 16 gennaio 1806, con vigore però dal 1 aprile 1806. (1)
Nel nuovo Dipartimento dell'Alto Adige fu invece attivato il 1 luglio 1810 e rimase in attività fino al 1815, quando tornò a governare l'Impero austriaco. (2)
La struttura del Codice è semplice: 2281 articoli divisi in tre libri; ogni libro diviso in titoli e ogni titolo in capi, ogni capo in articoli, numerati progressivamente. Il Codice ebbe come modello lo schema del Corpus iuris civilis di Giustiniano ed è considerato una sorta di sintesi tra il diritto consuetudinario di ispirazione germanica e il diritto romano. Ispirò inoltre a fondo il codice civile del nuovo stato italiano.
Il Codice raccoglieva 36 leggi precedenti e non aveva effetto retroattivo.
Il libro primo "Delle persone", raccoglie, dall'art. 7 all'art. 515, le norme relative ai diritti civili, in particolare il Titolo II, con gli articoli che vanno dal 34 al 101, dà disposizioni sugli atti dello stato civile: Capo I, disposizioni generali, Capo II, degli atti di nascita, Capo III, degli atti di matrimonio, Capo IV, degli atti di morte, Capo V, degli atti dello stato civile risguardanti i militari fuori del territorio del Regno, fino al Capo VI, della rettificazione degli atti dello stato civile. I rimanenti due libri del Codice riguardano i beni e le proprietà e l'acquisto di proprietà.
A datare dall'inizio di attività del Codice, tutte le norme, leggi, regolamenti e consuetudini relativi agli argomenti contenuti nel Codice stesso cessavano di avere validità.
Il "Regolamento generale per l'attivazione in tutto lo Stato dei registri delle nascite, dei matrimoni e delle morti, in esecuzione del Codice Napoleone" fu promulgato con decreto il 27 marzo 1806, mentre nel Dipartimento dell'Alto Adige fu attivato a partire dal 1 gennaio 1811; è composto da 100 articoli che raccolgono le disposizioni in merito a nascite, matrimoni e morti, compreso il diritto di divorzio da parte di entrambi i coniugi. Parte integrante del Regolamento è l'intero Capo VI del Titolo V del Codice Napoleone, "Dei diritti e dei rispettivi doveri dei coniugi", che doveva essere letto integralmente davanti agli sposi al momento del matrimonio; inoltre, in calce al Regolamento, sono allegati i modelli, dal "Modula A" al "Modula L", per la stesura degli atti necessari allo stato civile. (3)
I REGISTRI DI STATO CIVILE
Con l'introduzione nel Regno d'Italia del Codice Napoleone viene introdotta una nuova concezione dei registri di stato civile: se in precedenza, gli atti di nascita, di matrimonio e di morte redatti dai parroci erano considerati documenti pubblici a tutti gli effetti civili oltre ad avere rilevanza religiosa, ora hanno rilevanza civile solo se tali atti sono stati registrati dall'ufficiale di stato civile del comune di appartenenza, in altre parole, prima di passare dal parroco, gli atti dovevano essere registrati in comune.
Quindi le funzioni precedentemente riservate al parroco vengono ora demandate ad un ufficiale dello stato civile che è pubblico ufficiale e che agisce in nome dello Stato; per questo motivo il pubblico ufficiale per eccellenza non può essere che il sindaco del comune o chi lo sostituisce. (4)
Ora il cittadino diventa titolare, attraverso gli atti pubblici di stato civile, che fanno prova fino a querela di falso, oltre che di diritti civili anche di diritti politici.
Anche per questo motivo si cercherà in tutti i dipartimenti del Regno di uniformare i modelli dei registri dello stato civile, di uniformare le formule di trascrizione degli atti e di dare precise disposizioni sul contenuto di tali atti ("I registri avranno un'egual forma e grandezza per tutto lo Stato. Saranno in doppio libro e saranno separati quelli di nascita, da quelli di matrimonio e da quelli di morte..."), come stabilisce l'art. 4 del Regolamento di attuazione del Codice.
I registri dello stato civile qui considerati, per il periodo che va dal 1811 al 1815 hanno infatti tutti le stesse caratteristiche: sono di grandi dimensioni (h. 48x34 cm), con coperta in cartone azzurrino e i fogli a righe. Con l'anno 1814 cambia il formato dei registri, che ora sono di dimensione leggermente ridotta, mentre la coperta è più leggera ed assume un colore chiaro, bianco panna.
Tutte le registrazioni dei registri di stato civile sono in ordine cronologico e spesso numerate in ordine progressivo.
Spesso i registri sono completati da una o più carte sciolte con l'indice in ordine alfabetico degli atti iscritti, per la precisione tali indici portano un titolo uniforme: "Tavola alfabetica degli atti di ... ch'ebbero luogo nell'anno ...", dove i puntini stanno per nascita o morte o matrimonio nei diversi anni. Le tavole sono prestampate e divise in colonne: la prima colonna, "lettera", riporta la lettera iniziale del nome del soggetto iscritto sul registro; seguono "nome e cognome", poi la "data dell'atto" e infine il "foglio del registro", cioè il numero di pagina su cui è trascritto l'atto.
Nelle "Disposizioni generali", cioè gli articoli del Codice Napoleone che vanno dal 34 al 54, vengono prescritte nel dettaglio le istruzioni relative alla tenuta dei registri, alla loro funzione nonché al loro iter amministrativo.
Di particolare importanza sono gli articoli 40 e 43, i quali stabiliscono che tutti gli atti dello stato civile dovevano essere scritti, in ogni comune, "sopra uno o più registri tenuti in duplo" e che a fine anno dovevano essere chiusi e firmati dall'ufficiale di stato civile e gli esemplari depositati "uno nell'archivio del comune e l'altro presso la cancelleria del tribunale di prima istanza", che per il Dipartimento dell'Alto Adige era la Corte di giustizia civile e criminale di Trento. Il deposito dei registri doveva essere fatto con una lettera accompagnatoria di cui si trova il modello allegato in fondo al Regolamento.
A riscontro delle "Disposizioni", tutti i registri qui considerati riportano, in fondo alla registrazione di ogni atto , la frase "noi quindi, trascritto il presente atto sopra ambedue i registri, ove i componenti con noi li sottoscrissero...", mentre a fine registro e con minime varianti, la dicitura "...il sottoscritto ufficiale dello stato civile dichiara chiuso il presente registro a senso dell'articolo quarantesimo terzo del Codice delle vigenti leggi e dell'articolo decimo terzo del Regolamento relativo agli atti dello stato civile 27 marzo 1806".
Infine gli articoli 41 e 42 prescrivono come dovevano essere trattati i registri, e cioè che tutti i fogli dovevano essere numerati e vidimati dal presidente del tribunale di prima istanza o chi per lui; e che tutti gli atti dovevano essere iscritti senza interruzioni o spazi bianchi, senza abbreviature o date in cifre anziché in lettere, ponendo così l'accento sulla chiarezza e la trasparenza degli atti. Il Regolamento di attuazione del Codice aggiunge poi, all'art. 4, che ci deve essere un quarto registro con le stesse caratteristiche degli altri tre, cioè quello delle pubblicazioni matrimoniali e delle opposizioni; questo registro, diversamente dagli altri, doveva essere prodotto in un unico esemplare.
Gli articoli successivi delle "Disposizioni" del Codice elencano poi come comportarsi in caso di smarrimento dei registri stessi o le soluzioni per evitare alterazioni o falsità nelle registrazioni; il Regolamento di attuazione del Codice specifica ancora meglio la casistica, fino all'ultimo articolo delle prescrizioni generali, nel quale si determina che i registri dovevano essere vidimati ogni due mesi dal giudice di pace del cantone di competenza, in qualità di delegato del tribunale civile di prima istanza.
Con l'occupazione del Dipartimento dell'Alto Adige da parte dell'Impero austriaco nell'autunno del 1813 e dopo che anche il Congresso di Vienna nel 1815 ribadì l'appartenenza dell'ex principato vescovile all'Austria, la responsabilità e la gestione dello stato civile fu nuovamente trasferita ai parroci.
Dapprima fu emanata una patente con allegate le sole "Prescrizioni sul diritto di matrimonio", dove si dichiarava che l'obbligo di presentarsi davanti agli ufficiali di stato civile per l'iscrizione del matrimonio negli appositi registri era decaduto. (5)
In seguito furono indicate con decreto anche le disposizioni per la tenuta dei registri dei nati e dei morti. In particolare è interessante rilevare il movimento che i registri dovevano seguire nel passaggio di gestione dall'ufficiale di stato civile del comune al parroco, esemplificato in quattro casi principali: il primo caso prevede che là, dove i parroci erano stati obbligati dal passato regime napoleonico a consegnare i registri dello stato civile in loro possesso ai podestà o ai sindaci, tali registri "debbano essere loro riconsegnati verso ricevuta"; il secondo caso prescrive invece che i registri regolarmente tenuti dagli ufficiali di stato civile "debbono essere custoditi colla maggior cura dai podestà e sindaci e dai tribunali di prima istanza"; nel caso invece che, come spesso successe, i parroci abbiano continuato a compilare i propri registri delle nascite, dei matrimoni e delle morti, dovevano confrontare i loro registri parrocchiali con i registri ufficiali e, in caso di varianti, fare le debite annotazioni; infine, nel caso che i parroci non avessero continuato a tenere dei propri registri, doveva esser loro permesso di ricavare degli estratti dai registri dello stato civile. (6)
Si mantenne comunque la disposizione che i registri dovessero essere il più possibile uniformi tra loro, per forma e per contenuto. A partire dal I gennaio 1816 gli ufficiali di stato civile cessarono definitivamente le loro funzioni.
I REGISTRI DELLO STATO CIVILE D'EPOCA NAPOLEONICA PROVENIENTI DALL'ARCHIVIO DI STATO DI TRENTO
I registri dello stato civile di epoca napoleonica che costituiscono questo complesso documentario sono stati versati nell'Archivio provinciale di Trento dall'Archivio di Stato di Trento.
Al pari di molti altri archivi trentini, anche questi registri subirono varie vicissitudini, per ricostruire le quali, prima del loro approdo all'Archivio di Stato di Trento, ci viene un aiuto dalla relazione di Mirko Saltori, che cerca traccia dei versamenti dei vari fondi fatti all'archivio e soprattutto traccia dell'opera di recupero di fondi archivistici da Innsbruck e da Vienna, subito dopo la fine della prima guerra mondiale: Saltori cita in particolare un promemoria del 1919 in cui si dice che ad Innsbruck erano finiti "molti atti tolti a parecchi comuni del Trentino riferentisi al tempo della costituzione del Dipartimento dell'Alto Adige...". (7)
Per quello che riguarda il comune di Calliano, cantone di Rovereto, veniamo a sapere che l'archivio comunale, insieme agli archivi di altri comuni, fu depositato presso l'Accademia degli Agiati e poi, durante la Prima Guerra, portato a Innsbruck; non si sa però quanto di questi archivi fu poi recuperato. (8)
Certo è che anche Casetti, nella sua Guida storico-archivistica del Trentino, parlando della documentazione dell'archivio di Calliano depositata presso l'Archivio di Stato di Trento dice letteralmente che "anteriormente al 1817 non esistono che frammenti". (9)
Per il comune di Levico, sempre Casetti ci dice che "Durante la guerra 1915 - 1918 l'archivio fu trasportato a Trento, poi recuperato indenne". (10)
Relativamente al comune di Piné invece, si è trovato un elenco dei registri dello stato civile di epoca napoleonica versati dal comune all'Archivio di Stato di Trento nel 1941, elenco che corrisponde perfettamente ai registri qui inventariati. (11)
Mentre per il comune di Pergine non ci sono notizie certe: da un elenco del 1904 risulterebbe che molti registri dello stato civile vennero portati a Innsbruck e Saltori, nella sua relazione, cita poi un'altra lettera del 1919 dove "risulta che gli Austriaci hanno nella zona dei combattimenti e anche fuori, requisito le matricole battesimali, matrimoniali ecc. che trasportarono prima a Trento, poi fecero inoltrare per Innsbruck (Mori, Lizzana, Marco, Nago, Valsugana ecc..."). (12)
Si ricorda che i registri di stato civile dovevano essere redatti in due esemplari identici, di cui uno restava nell'archivio del comune d'appartenenza, mentre l'altro doveva essere recapitato, alla chiusura d'ogni anno solare, alla Corte di giustizia civile e criminale di Trento, la quale aveva la competenza nelle cause matrimoniali, nelle rettifiche agli atti dello stato civile e in generale in tutto quello che riguardava le persone. (13)
Per i registri attualmente conservati presso l'Archivio provinciale di Trento rimangono dubbi sull'attribuzione alla Corte di giustizia di Trento o ai rispettivi comuni, dal momento che, in particolare per Madrano e per Mala, cantone di Pergine, troviamo conservati entrambi gli esemplari di alcuni registri dei nati e dei morti. Tali registri differiscono minimamente in alcune annotazioni a margine, ma non hanno segni estrinseci che li differenziano; non si è quindi riusciti ad appurare quale esemplare appartenga al comune e quale esemplare invece sia effettivamente arrivato alla Corte (o se non sia semplicemente rimasto in comune).
In pochi altri registri troviamo invece le lettere di trasmissione destinate alla Corte, ma solo in quattro di questi è presente la ricevuta o il numero di protocollo del conservatore, negli altri casi non sappiamo se effettivamente siano state mai recapitate.
In conclusione, se per i fondi dei comuni di Calliano, Levico e Piné si è quasi certi che appartengano ai rispettivi comuni di epoca napoleonica, per i fondi del cantone di Pergine permane qualche dubbio: se il secondo esemplare dei registri non sia quello mandato per competenza alla Corte di giustizia civile e criminale di Trento; d'altronde presso l'archivio del comune di Pergine sono presenti solo i registri dello stato civile di epoca napoleonica del comune di Pergine e quindi mancherebbero proprio quelli degli ex-comuni. (14)
E' quindi prevalsa la tesi che i registri dello stato civile di epoca napoleonica ora presso l'Archivio provinciale di Trento, siano gli esemplari che dovevano essere conservati dai comuni.
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