La Mensa vescovile era composta dai beni mobili e immobili in dotazione del vescovo dai quali egli traeva le rendite per il suo sostentamento. Il fondo archivistico della Mensa vescovile di Trento è conservato attualmente presso l'Archivio Diocesano Tridentino di Trento.
La produzione documentaria della Mensa si divide cronologicamente in due fasi il cui spartiacque è da collocarsi nel 1803, con la soppressione del principato vescovile di Trento. Il primo periodo riguarda le vicende della Mensa principesco-vescovile di Trento e il secondo quello della Mensa vescovile formatasi dopo la restituzione dei beni mensali da parte del governo austriaco.
La redazione dei registri del primo periodo, attualmente conservati in archivio, per la maggior parte urbari e registri delle locazioni, risale all'inizio del XVI secolo, quando il principe vescovo Bernardo Cles ordinò sia il recupero dei documenti trasportati in Austria (1) un secolo prima sia la redazione del Codice Clesiano, una copia del quale è conservata presso l'Archivio Diocesano Tridentino (2). L'interesse del vescovo non era solo quello di tutelarsi contro eventuali manomissioni o perdite di documenti, ma anche quello di custodire e documentare i diritti e le prerogative del principato (3). Gli urbari e i registri delle locazioni presenti attualmente in archivio infatti testimoniano la consistenza delle rendite vescovili e allo stesso tempo i diritti delle comunità soggette al principato vescovile (4).
Tali registri costituiscono però solo una parte dell'archivio prodotto durante il principato vescovile di Trento che comprendeva sicuramente anche altra documentazione attinente alla Mensa. In seguito alla soppressione del principato di Trento del 1803 e all'incameramento dei suoi beni da parte del governo austriaco, anche l'archivio vescovile venne requisito. Nel giugno 1805, su richiesta dell'archivista di Vienna Franz Sebastian Gassler, partirono da Trento alla volta di Innsbruck 16 casse contenenti la documentazione dell'archivio del principato di Trento "tranne i materiali utili per gli affari correnti" (5). Una parte fu trasportata a Vienna e, in seguito al passaggio del Trentino al Regno di Baviera, fu trasferita a Monaco. A Trento rimase solo la documentazione dell'archivio corrente che seguì i vari trasferimenti degli uffici della Curia: nel 1808 dal Castello del Buonconsiglio questi furono traslocati nel soppresso convento degli Agostiniani di San Marco, in seguito nel palazzo Wolkenstein, quindi nell'ex Collegio dei Padri Gesuiti e, infine, in casa Stanchina. Solo nell'autunno del 1824, dopo la nomina del vescovo Francesco Saverio Luschin, si stabilirono nel palazzo Salvotti che il governo austriaco aveva preso in affitto per destinarlo a residenza vescovile (6).
Nel Castello del Buonconsiglio era però rimasta una parte di documentazione che venne asportata dai soldati, dispersa o gettata. Solo alcuni atti e documenti si salvarono e finirono tra i manoscritti della Biblioteca comunale di Trento; un gran numero di pergamene venne invece venduto ai legatori di libri, mentre volumi e mazzi di documenti vennero impiegati a fare cartocci per i cannoni o gettati come materiale ingombrante (7).
Dopo la caduta di Napoleone e con l'annessione del Trentino all'Austria, i documenti trasportati a Monaco furono restituiti in parte e a più riprese, mentre i documenti che rimasero in Austria subirono vari traslochi (8). Alla fine del XIX secolo la documentazione del principato di Trento presente nell'Archivio provinciale di Innsbruck venne ordinata nella serie "Atti Trentini" assumendo la fisionomia che conserva tuttora (9).
Non tutta la documentazione rientrata dall'Austria fu restituita al legittimo proprietario poiché nel 1816, in occasione della valutazione delle rendite vescovili attuata per fissarne la dotazione, l'Ordinariato riferì al Capitanato circolare di Trento che mancavano gli urbari e tutti i documenti "i quali furono o trasportati o esistono presso l'imperial regia Finanza" (10) e ciò impedì di stabilire quale fosse esattamente l'entità della rendita al tempo della secolarizzazione.
Nell'aprile 1825, in seguito all'emanazione della bolla papale "Ubi Primum" che sanciva la restituzione dei beni mensali, vennero consegnati a Gian Michele Tamanini, amministratore della Mensa vescovile, i documenti relativi ai beni comprovanti la dotazione vescovile assegnata dal governo italico. Nell'atto di consegna (11) si elencarono in dettaglio gli atti di locazione dei masi che erano rimasti in dotazione al vescovo, gli estratti catastali relativi alle decime da riscuotere nei distretti giudiziari di Trento, Piné, Fornace e Civezzano, i quattro fascicoli relativi ai livelli derivanti dagli antichi urbari, gli estratti catastali dei beni mensali, i registri dei livelli, gli inventari dei mobili e tutti gli atti attestanti le rendite vescovili. L'elenco dei documenti consegnati corrisponde alla descrizione e alla consistenza della documentazione che, in seguito alla restituzione dei beni da parte del governo austriaco, darà vita alla seconda parte dell'archivio della Mensa vescovile.
Probabilmente nello stesso periodo, o in un periodo immediatamente successivo alla conclusione delle trattative intraprese per la restituzione dei beni spettanti alla Mensa vescovile, vennero riconsegnati a Trento gli urbari e i registri relativi alle rendite vescovili derivanti dalle antiche giurisdizioni e che, d'ora in avanti, sarebbero serviti agli amministratori e ai conduttori mensali per il calcolo degli affitti da riscuotere. Tali registri riportano diverse segnature, apposte quasi certamente in occasione dei diversi spostamenti subiti, ma non riconducibili ad alcun elenco, inventario o atto di consegna attualmente presenti in archivio.
Negli atti di consegna redatti in occasione della nomina dei nuovi amministratori mensali vengono sempre elencati solo i documenti e i registri di uso corrente (12), senza mai accennare alla serie di documenti che aveva perso carattere amministrativo e assunto invece importanza storica. L'archivio della Mensa veniva conservato parte nei vari uffici di Trento e parte in quelli delle sedi staccate ed era organizzato dagli amministratori unicamente in base alla valenza amministrativa dei documenti. La parte di archivio costituita invece dagli antichi registri si trovava nell'archivio storico della Curia vescovile di Trento che ha seguito, nel tempo, i diversi trasferimenti della residenza vescovile.
Alla fine della prima guerra mondiale, in seguito agli accordi siglati dal Trattato di Saint Germain nel 1919, l'Italia ottenne dall'Austria la restituzione del materiale archivistico proveniente dagli archivi trentini e che si trovava nell'Archivio provinciale di Innsbruck (13). Le operazioni di recupero si concentrarono nel 1919, anno in cui rientrò gran parte della documentazione, ma si protrassero fino agli anni Trenta (14). Il materiale recuperato, dopo una breve sistemazione nel Castello del Buonconsiglio, fu trasferito nell'Archivio di Stato di Trento, istituito nel 1919. Tra questa documentazione rientrano ad esempio gli "Atti Trentini" che contengono, tra l'altro, i resoconti della Camera principesco-vescovile che i massari e gli amministratori presentavano al vescovo (15). Nell'ambito di queste restituzioni rientrano anche alcuni registri e spezzoni dell'antico archivio della Mensa principesco-vescovile confluiti nell'Archivio di Stato di Trento e nell'archivio della Biblioteca comunale di Trento (16).
In seguito alla soppressione dell'ente Mensa vescovile di Trento sancita dalla Legge del 24 gennaio 1987, la parte di archivio non più utile ai fini amministrativi fu trasportata al terzo piano del palazzo di piazza Fiera di Trento presso l'Archivio storico della Curia, mentre la documentazione che ancora serviva per l'espletamento degli affari attinenti ai beni passati all'Istituto diocesano per il sostentamento del clero fu rilevata dall'Istituto stesso.
Nel 1991 il fondo della Mensa venne trasferito nella nuova sede dell'Archivio Diocesano Tridentino nel seminterrato del palazzo vescovile (17); nello stesso anno fu oggetto di una schedatura delle unità e di un intervento di riordino sommario. Attualmente il fondo è conservato presso il Vigilianum, nuovo polo culturale diocesano, dove è stato trasferito l'Archivio Diocesano Tridentino.
La Commissione Beni Culturali del 15 settembre 1993 ha dichiarato l'Archivio Diocesano Tridentino di interesse storico.
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