L'incarico di amministrare il patrimonio delle chiese precedentemente alla secolarizzazione del principato e all'istituzione delle fabbricerie di matrice napoleonica era assunto da specifici funzionari: i massari o sindaci.
Le Constitutiones Bernardi emanate dal Clesio ed i successivi sinodi, nel tentativo di sottrarre agli organismi laici, segnatamente ai comuni, il controllo sul patrimonio ecclesiastico e di subordinare questo al clero in cura d'anime, avevano assegnato il diritto di nominare gli amministratori e di presenziare alle rese di conto annuali dell'amministrazione ai parroci, principali responsabili quindi dei patrimoni delle chiese. L'elezione dei massari sarebbe quindi dovuta avvenire alla presenza dei parroci, pena la nullità; allo stesso modo i resoconti annuali sarebbero stati invalidati dall'assenza dei curatori d'anime, i quali, oltre a conservare copia dei registri dei conti, avrebbero dovuto verificare l'esistenza di abusi e irregolarità nella riscossione e nell'utilizzo delle entrate della chiesa. Il capitolo 50 delle Costituzioni sinodali di L. Madruzzo ("De syndicis et iuratis ecclesiarum") raccolse in maniera sistematica e definitiva le varie norme e regolamenti emanati in materia: ogni anno il rettore della chiesa avrebbe dovuto nominare due laici in qualità di sindaci della fabbrica della chiesa, i quali, dopo il giuramento prestato nelle mani del parroco, avrebbero dovuto amministrare il patrimonio ed occuparsi della manutenzione dell'edificio sacro, sempre con il consenso del curatore d'anime, e rendergli conto annualmente della loro gestione contabile. Entro due mesi dalla fine del mandato, il quale, benché annuale, poteva essere riconfermato, avrebbero dovuto consegnare ai successori tutti i documenti pertinenti la fabbrica e fornire il rendiconto dell'attività nonché la documentazione riguardante i crediti non ancora riscossi. Il denaro e i documenti sarebbero stati collocati in un luogo protetto, chiuso con due o tre chiavi, detenute rispettivamente dai sindaci o massari, dal parroco ed eventualmente da un rappresentante del potere secolare (1).
Per verificare l'entità del patrimonio economico delle chiese e dei benefici, minacciato da frequenti usurpazioni e detenzioni illegittime, e per regolamentare la gestione amministrativa degli enti ecclesiastici esistenti nelle parrocchie della diocesi le Constitutiones Bernardi (capp. 23-24) e le Costituzioni sinodali del Madruzzo (capp. 46-47) imposero l'obbligo della compilazione e della conservazione degli inventari (urbari) dei beni immobili e dei rendiconti annuali di chiese e benefici, elaborando e introducendo nel contempo fra i parroci e gli amministratori delle chiese una serie di norme per la loro corretta redazione.
In adempimento alla normativa e più frequentemente ai decreti visitali, per la regolare amministrazione dei beni ecclesiastici vennero allora adottati, nonostante le resistenze iniziali, vari registri, quali il registro degli instrumenti, nel quale venivano trascritti atti di investitura, locazione, costituzione di censo, compravendita ecc., il quinternetto o scodirollo, che, compilato separatamente per ogni ente amministrato, riportava le partite di credito da riscuotersi entro l'anno e veniva utilizzato dal curatore d'anime per l'annotazione delle entrate e delle uscite sul giornale di cassa, l'urbario, il libro maestro e i registri dei conti.
La serie si compone attualmente di un solo registro.
Acquistato il 23 aprile 1770 per 9 troni e 6 carantani (2), il registro contiene le registrazioni delle entrate e delle uscite della chiesa, amministrate dai massari della medesima, le quali dovevano essere sottoposte a conclusione dell'anno amministrativo al controllo e all'approvazione dei due canonici sovrintendenti alla chiesa di S. Pietro. Segnatamente il registro contiene le rese di conto di Giuseppe Fadanelli, massaro dal 23 aprile 1770 al 3 luglio 1783, di Antonio Sani, massaro dal 4 luglio 1783 all'agosto 1895 e di Cristiano Menapace, massaro dall'agosto 1795, per la trascuratezza e dimenticanza delle cui registrazioni contabili la fabbriceria convocò appositamente una sessione il 12 giugno 1819 (3).
Si osservi che dalle modalità di registrazione messe in pratica nel registro si ricava l'impressione di un apparato amministrativo già molto ben strutturato: con Cristiano Menapace è introdotto nella registrazione delle entrate l'uso di esplicitare i debiti riferimenti alle carte dell'urbario della chiesa, che quindi doveva esistere, nel quale venivano annotati i pagamenti degli interessi derivanti da capitali concessi a credito; similmente la numerazione progressiva degli importi in uscita denota la presenza di quietanze, corrispondentemente numerate.
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