Il piccolo paese di Por (Porrum) sorge vicino alle rovine di Castel Romano, antico feudo vescovile trentino dei conti di Lodron. La piccola comunità disponeva fin dagli inizi del XVI sec. di una cappella dedicata a S. Lorenzo. Questa notizia viene confermata e testimoniata da un documento del 1502 nel quale compare un certo Antonio Campelli che agisce in qualità di massaro della suddetta chiesa(1), e dagli atti relativi alla visita pastorale nella pieve di Bono del 1537: "Habet dicta plebs Sanctae Justinae Boni capellas ... In villa Porri Sancti Laurentii"(2) e quelli del 1579: "Nella villa de Porro fu visitata la capella di San Lorenzo"(3). Un altro interessante documento pergamenaceo permette di venire a conoscenza della consistenza del patrimonio posseduto dalla chiesa di S. Lorenzo di quel periodo. Infatti, a seguito di una richiesta del vescovo di Trento Bernardo Cles, i rappresentanti della comunità di Por e il massaro della chiesa di S. Lorenzo fecero nel 1539 un inventario dei beni della chiesa(4). Dopo un elenco dei terreni a disposizione per il mantenimento della stessa, il documento in questione descrive i paramenti sacri e gli oggetti presenti nell'edificio permettendoci così di "entrare" virtualmente in una chiesa di periferia del 1500.
Il 25 settembre 1636 il vicario generale Luca Maccani, per indulto di Urbano VIII, concesse agli abitanti di Por la licenza di tenere nella propria chiesa il SS. Sacramento col patto che, "de consensu parochi", sia nominato un sacerdote a custodirlo e che la comunità si impegni a pagare al parroco di Bono "semel tantum ducatos quindecim monetae plebis Boni"(5).
Nel 1686 gli abitanti di Por fecero richiesta di un sacerdote stabile per celebrare la messa e assistere gli infermi. L'arciprete Giovanni Corradi accolse la preghiera e il 21 ottobre il notaio Giovanni Antonio Campelli da Por redasse i capitoli per il nuovo curato(6). Egli era obbligato "a celebrar o far celebrar la santa messa tutte le domeniche et feste di precetto et di voto nella chiesa di Sant Lorenzo di detto Por", a visitare gli infermi e ad amministrare ad essi i sacramenti, a rendere l'estrema unzione, a tenere ogni domenica la dottrina cristiana e a far scuola ai fanciulli "et per tutte le soprascritte messe, fatiche et funzioni li suddetti magnifici vicini ... si obbligano a darli ducati sessanta ... moneta della Pieve di Bono". Alcuni anni dopo, il 26 luglio 1704, Costantino Caldonazzi, vicario generale di Trento, riformando i vecchi capitoli concesse alla popolazione di Por la licenza di erigere nella chiesa di San Lorenzo il fonte battesimale e al curato la facoltà di seppellire i fanciulli morti: "concedi nedum fontem battesimalem [...] et facultatem sepelliendi infantes de stolla alba"(7). Al curato non era concesso di celebrare matrimoni né di seppellire gli adulti senza la speciale licenza dell'arciprete.
Gli abitanti di Por ottennero inoltre il permesso di avere la prima messa nei giorni festivi. L'atto venne rogato il 23 maggio 1728, in seguito all'assenso avuto dalla Curia e per la licenza furono pagati 180 troni al parroco della pieve di Bono, Leopoldo Giovanni Battista Thun(8).
La curazia continuò la sua attività sempre in dipendenza dalla parrocchia di Pieve di Bono. Nel 1986, in seguito alla riorganizzazione delle parrocchie della diocesi di Trento e all'entrata in vigore dell'Istituto per il sostentamento del clero, la cura d'anime di Por fu soppressa. Attualmente vi opera un sacerdote in qualità di 'collaboratore parrocchiale'.
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