Amministrazione separata degli usi civici di Biacesa, Biacesa (Molina di Ledro), 1947 marzo 1 - 1957 gennaio 17 ( 1947 marzo 1 - 1957 gennaio 17 )

Amministrazione separata degli usi civici di Biacesa, Biacesa (Molina di Ledro), 1947 marzo 1 - 1957 gennaio 17

Amministrazione separata degli usi civici di Biacesa

ASUC di Biacesa

ente

1947 marzo 1 - 1957 gennaio 17

Gli usi civici sono dei diritti che gruppi di persone esercitano, "uti cives", su terreni e beni, quali pascoli, boschi, malghe, etc., appartenenti al loro comune o frazione. Il diritto consiste nell'uso e nel godimento di tali beni soltanto da parte degli abitanti di un determinato luogo in dipendenza della loro qualità di cittadini. Dal punto di vista tecnico-giuridico sono "beni demaniali", quindi inalienabili e indisponibili (Codice Civile, artt. 822 e sgg.). Una sentenza della Suprema Corte di Cassazione emanata il 5 gennaio 1951 riguardanti i beni d'uso civico stabilisce che "le terre del demanio universale o comunale sono proprietà delle popolazioni, non dell'ente pubblico. Il pascolo e il legnatico integrano l'antichissimo uso delle popolazioni di ritrarre dalle terre le utilità essenziali per la vita, e debbono annoverarsi fra le forme sopravviventi del primitivo collettivismo agrario, che hanno permesso per secoli alle popolazioni di partecipare al godimento in natura di terre, di pascoli e di boschi. Gli usi civici trovano il loro fondamento nell'antico dominio delle popolazioni che, per soddisfare i bisogni essenziali della vita, usavano le terre in certi modi determinati. Tali usi hanno continuato ad sussistere anche dopo l'emanazione delle leggi sull'abolizione della feudalità".
All'inizio dell'Ottocento sia il governo bavarese che il Regno napoleonico mentennero distinti i beni collettivi delle frazioni o di altri nuclei aggregati dai beni che costituiscono i demani e i patrimoni dei comuni e ne regolarono il funzionamento.
Alla legislazione austriaca era invece sconosciuto il concetto di uso civico come semplice diritto d'uso di un bene a favore dei cittadini di un comune o di una frazione. Gli usi civici erano considerati dalla legge austriaca come "servitù prediali".
La patente imperiale del 5 luglio 1853, n. 130 dettava le norme per regolare e reluire vari diritti sulla legna, sui pascoli e sui prodotti forestali; la legge provinciale del 9 gennaio 1866, n.1 per la Contea principesca del Tirolo, emanò il regolamento comunale ed elettorale per i comuni ed era riconosciuta l'esistenza degli usi civici (vd. § 27,30, 39, 49, 60-70); la legge del 7 giugno 1883, n. 94 conteneva norme per la divisione di beni comuni e la regolazione di diritti comuni di godimento e di amministrazione; la legge provinciale per il Tirolo del 19 giugno 1909, n. 61 provvedeva alla divisione delle porzioni di terreno, anteriormente di proprietà comune.
Gli usi civici sono stati regolamentati con la legge del 16 giugno 1927, n. 1766 (tuttora vigente) che convertiva in legge le modificazioni al R.D. del 22 maggio 1924, n. 751, del R.D. del 28 agosto 1924, n. 1484 e del R.D. del 16 maggio 1926, n. 895, tutti concernenti il riordinamento degli usi civici nel regno. Il R.D. del 26 febbraio 1928, n. 332 approvava il Regolamento per l'esecuzione della legge 1766/1927.
La legge costituzionale del 26 febbraio 1948, n. 5 che sanciva l'autonomia regionale del Trentino-Alto Adige, investiva la regione della potestà legislativa in materia di usi civici.
Le amministrazioni separate in provincia di Trento furono in seguito regolate con D.P.G.P. del 11 novembre 1952, n. 4, intitolato "Regolamento per l'esecuzione della legge provinciale 16 settembre 1952, n.1 sulle amministrazioni separate dei beni frazionali di uso civico".
La gestione ordinaria dei beni collettivi è di norma affidata all'ente-comune, dove non preesistono forme autonome organizzative (associazioni agrarie, università agrarie, ecc.). Il comune gestisce i beni della collettività, comprese le appartenenze sub-comunali (frazionali), fino a quando non viene costituita l'amministrazione separata frazionale (legge n. 1766/1927, art. 26, co. 2). A norma delle leggi speciali in materia, la gestione delle A.S.U.C. è derogata alla disciplina della legge comunale e provinciale (T.U. del 3 marzo 1934, n. 383, art. 84, co. 2). L'amministrazione separata frazionale gestisce i beni con bilanci ed inventari separati, a profitto dei frazionisti, ed è soggetta alla sorveglianza del podestà del comune che ne può rivedere i conti (R.D. n.332/1928, art. 64, co. 3).

Con decreto del prefetto di Trento del 1 marzo 1947, n. 8259/3/III/b viene istituita l'amministrazione separata degli usi civici di Biacesa e viene nominato il commissario per l'amministrazione separata di detti beni.
Nel giugno del 1952 i capifamiglia della frazione di Biacesa invitano il comitato frazionale a proporre alle autorità tutorie lo svolgimento di un regolare referendum tra la popolazione per la separazione dal comune di Molina di Ledro e l'annessione territoriale ed amministrativa a quello di Riva. La consultazione popolare, che avviene dopo circa un anno e precisamente il 23 agosto 1953, determinò parere negativo sul distacco di Biacesa da Molina.
Con decreto n. 16634/ 1-c della Giunta Provinciale dell'17 gennaio 1957, vista la richiesta dei capifamiglia della frazione, in seguito anche alla deliberazione del consiglio comunale di Molina del 28 settembre 1956, n. 15 e in applicazione all'art. 3 della legge del 9 maggio 1956, n. 6, l 'ASUC di Biacesa viene sciolta e l'amministrazione dei beni d'uso civico viene affidata al consiglio comunale di Molina di Ledro. L'organo amministrativo comunale, in base all'art. 2 della sopracitata legge deve amministrare i beni separatamente da qualsiasi altro ente e ad esclusivo profitto dei frazionisti di Biacesa (1).
Le date riportate in intestazione sono quelle istituzionali.

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Biacesa (Molina di Ledro)

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ente pubblico territoriale

La legge del 16 giugno 1927, n. 1766 di conversione del R.D.L. 22 maggio 1924, n. 751, intitolata "Legge di riordinamento degli usi civici nel regno" e il Regolamento di attuazione approvato con il R.D. 26 febbraio 1928, era diretta ad unificare in un testo nazionale le diverse normative preunitarie.
Il R.D. del 30 dicembre 1923, n. 3267 ("legge forestale") regolava le norme e le amministrazioni per i terreni utilizzati a bosco e a pascolo.
La legge comunale e provinciale datata 3 marzo 1934, n. 383 trattava dell'amministrazione separata dei terreni assegnati alle frazioni.
La legge provinciale del 16 settembre 1952, n.1 "Amministrazioni separate dei beni frazionali di uso civico" (B.U. 27 settembre 1952, n.20), regolamenta, nella provincia di Trento, l'art. 43 del R.D. 26 febbraio 1928, riguardante l'amministrazione dei beni comunali di uso civico.
Il D.P.G.P. dell'11 novembre 1952, n. 4 (B.U. 19 dicembre 1952, n. 27) detta infine il Regolamento per la costituzione delle amministrazioni separate di uso civico, per il funzionamento ed attività delle amministrazioni separate e per i rapporti fra le amministrazioni separate e i comuni.

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La legge tuttora vigente (L. n.1766/1927 e il Regolamento esecutivo approvato con R.D. n. 332/1928) è diretta essenzialmente ad inserire beni e diritti delle popolazioni (Proprietà e diritti collettivi), identificati in un regime di gestione programmata a destinazione vincolata e diversificata secondo la vocazione dei beni: gestione a fini produttivi e di conservazione ambientale in base a piani economici di sviluppo per i patrimoni silvo-pastorali (beni di categoria A) e ripartizione in quote da assegnarsi in enfiteusi agli aventi diritto per le terre destinate a coltura (terre di categoria B).
L'art. 11 della legge n. 1766/1927 comprende sia i beni collettivi originari, intendendo per tali sia i beni delle comunità di abitanti organizzate stabilmente in un territorio e le terre acquisite attraverso ogni forma di possesso collettivo, sia i beni assegnati ai comuni, frazioni o associazioni agrarie per effetto delle operazioni di sistemazione delle terre e di liquidazione dei diritti di cui all'art. 1 della stessa legge e normative anteriori. Per risolvere una questione sorta negli ultimi decenni del XIX secolo, circa la natura dei beni della collettività intestati al comune e destinati all'esercizio degli usi, il legislatore del 1927 ha sottoposto allo stesso regime tutti i beni posseduti dai comuni (e frazioni) su cui si esercitavano gli usi, comprendendo così tra le terre collettive anche quelle gravate da usi che fossero comunque nel possesso del comune. Vi erano anche beni non di origine civica ma assimilati ad essi con leggi speciali (p.e. la legge del 1° dicembre 1971, n. 1102 "legge-montagna") oltre alle terre acquistate ai sensi dell'art. 22 della legge n. 1766/1927 per aumentare la massa delle terre da quotizzare (agevolazione per l'acquisto di nuove terre disposte dal D.L.L. del 14 luglio 1918, n. 1142).
Le terre collettive, prima del 1927, erano indicate con termini diversi nelle varie località e regioni: "demani universali" nel sud, "proprietà o domini collettivi" negli ex-Stati pontifici, "terre comuni, comunanze, comunaglie, regole, vicinie" in altre zone d'Italia e nell'arco alpino. Questi beni furono in passato utilizzati dagli utenti per fini esistenziali e a scopo di commercio. L'associazione degli utenti di norma costituì il nucleo su cui si sono formati i comuni moderni, quali enti rappresentativi della comunità e dei suoi diritti. In base a ciò, in giurisprudenza è stato sempre tenuto presente il rapporto "universitas civium" - intesa come comunità di abitanti organizzata in un territorio - ed "ente-comune", quale successore della prima; anche quando la gestione dei beni pubblici è passata al comune, si è mantenuta distinta la gestione degli usi civici.
Il R.D. n. 332/1928 affermava che, dopo l'approvazione del piano di massima per la destinazione delle terre di uso civico, il commissario regionale doveva emanare un decreto nel quale erano indicati gli usi civici accertati sulle terre assegnate alla categoria A; il decreto veniva comunicato al comune o all'associazione agraria a cui appartenevano le terre. I comuni e le associazioni agrarie erano tenuti quindi provvedere alla compilazione dei regolamenti di uso civico (in armonia con i piani economici dei boschi) e dei regolamenti per il godimento dei pascoli montani previsti dalla legge forestale del 30 dicembre 1923, n. 3267 e dal relativo Regolamento (R.D. n. 1126/1926); i regolamenti venivano poi sottoposti all'approvazione dei consigli provinciali dell'economia.
Ancora secondo il Regolamento n. 332/1928, sulle rendite delle terre gravavano delle imposizioni fiscali (oltre alle spese di amministrazione e sorveglianza); era quindi facoltà del comune o dell'associazione agraria imporre agli utenti un corrispettivo per l'esercizio degli usi consentiti. Erbe e legna esuberanti potevano essere vendute a profitto dell'amministrazione del comune o dell'associazione agraria ed era espressamente vietata la divisione del ricavato della vendita fra gli utenti.
Per quanto concerne la provincia di Trento, vige il Regolamento approvato con D.P.G.P. dell'11 novembre 1952, n.4 (B.U. 19 dicembre 1952): l'amministrazione separata della frazione, non appena costituita, deve provvedere alla compilazione di un inventario completo dei beni di uso civico, risultanti dal decreto di assegnazione delle terre, e dei diritti conseguenti all'accertamento eseguito dal commissario regionale per gli usi civici; alla compilazione di un bilancio, riferito all'anno solare, dal quale risultino le entrate ordinarie e straordinarie derivanti dall'amministrazione separata dei beni, le spese e la destinazione del complesso dei proventi della frazione; alla compilazione del Regolamento prescritto all'art. 43 del R.D. n.332/1928; alla definitiva redazione dell'elenco dei cittadini aventi diritto d'uso civico e dei capifamiglia che li rappresentano (l'elenco deve essere costantemente aggiornato mediante coordinamento mensile con l'ufficio anagrafico del comune); all'impianto della contabilità, con allestimento del giornale di cassa, libro mastro, sistema dei mandati e delle reversali, scadenzario delle entrate e delle spese, ruolo di esazione delle entrate; all'assegnazione infine del servizio di tesoreria al tesoriere comunale.

Il decreto di assegnazione di terre e di identificazione degli usi civici, n. di rep. 339 del 16 febbraio 1935 (2) emanato dal commissario per la liquidazione degli usi civici per le provincie di Trento e Bolzano elenca una serie di diritti di uso civico a favore degli abitanti la frazione di Biacesa: diritto di pascolo (casalingo, mediante alpeggio, di capre), diritto di legnatico, diritto di raccolta strame e foglie secche, diritto di escavazione di sassi e sabbia.
L'amministrazione dell'A.S.U.C. di Biacesa si occupava della gestione delle risorse patrimoniali della frazione raccogliendo entrate dall'affittanza della malga Giumela, dall'affittanza dei boschi, dalla vendita di legname da opera o da ardere e da contravvenzioni forestali; dalla concessione di spine d'acqua, da depositi cauzionali e per spese contrattuali, dall'affittanza del diritto di pesca nelle acque del torrente Ponale per il tratto di territorio di competenza. Con tali introiti venivano così coperte le spese ordinarie e straordinarie della frazione che comprendevano: imposte e sovraimposte, manutenzioni di edifici (malga Giumela, edificio scolastico) e boschi, pagamenti di assicurazioni contro gli incendi, stipendi del messo frazionale e della bidella, contributi per le assicurazioni sociali all'I.N.P.S. e all'I.N.A.I.L., canone per servizio idrico, spese postali e di cancelleria, contributo alle spese generali del comune di Molina di Ledro, spese per l'illuminazione pubblica, le strade e l'acquedotto potabile, spese per la redazione di progetti per lavori pubblici, spese scolastiche e di culto (contributi per il restauro della chiesa e salario del sacrestano-regolatore dell'orologio).
Oltre alle competenze sopra esposte l'ASUC di Biacesa si occupò in particolar modo di opere di pubblica utilità per la frazione, tra queste si segnala: l'ampliamento del cimitero, il potenziamento dell'acquedotto potabile e la realizzazione di quello in località Mas, la sistemazione ed asfaltatura delle strade, l'istallazione di un posto telefonico pubblico, la salvaguardia del patrimonio silvo-pastorale e il suo miglioramento, il restauro dell'edificio comunale, l'approntamento di un adeguato servizio antincendi; tali lavori vennero realizzati con contributi regionali e statali.
Tra le iniziative: l' assegnazione gratuita di parti di bosco per i lavoratori disoccupati della frazione, prima occupati nell'industria della fabbricazione di chiodi per scarponi da montagna.

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Amministrazione

Nel sistema della legge n. 1766/1927 alle operazioni di sistemazione dei beni e diritti collettivi provvedevano organi speciali di giurisdizione ordinaria succeduti agli organi preunitari (art. 34): i Commissari regionali per gli usi civici. Essi svolgevano in prevalenza funzioni amministrative, ma quando nel corso delle operazioni sorgevano contestazioni su diritti dovevano risolverle in via incidentale come giudici sospendendo nel frattempo il procedimento. La loro nomina avveniva con decreto reale su proposta del Ministero per l'Economia Nazionale con consenso del Ministro per la Giustizia e Affari di Culto, ed erano scelti fra i magistrati di grado non inferiore a quello di consigliere di corte d'appello; prendevano poi il nome di Commissari per la liquidazione degli usi civici. In seguito ad una sentenza della Corte Costituzionale del 1989 la nomina dei commissari viene rimessa al Consiglio Superiore della Magistratura.
Dai Commissari dipendevano uno o più assessori da scegliersi fra i magistrati di grado non superiore a quello di consigliere di appello, ovvero tra i funzionari di Stato. Essi venivano nominati con decreto del Ministro per l'Economia Nazionale, previo consenso del ministro dal quale dipendevano. Compito degli assessori era coadiuvare il commissario in tutte le sue operazioni: il commissario cioè poteva affidare loro tutti gli atti di istruzione e delegarli a trattare e ricevere le conciliazioni.
Per l'istruttoria e per le operazioni di loro competenza, i Commissari potevano servirsi di speciali incaricati. Ma gli atti di assessori e incaricati non erano validi senza l'approvazione del commissario.
I Commissari, sempre assistiti da un segretario con funzioni di cancelliere, procedevano, su istanza degli interessati oppure d'ufficio, all'accertamento, alla valutazione ed alla liquidazione dei diritti degli usi civici, allo scioglimento delle promiscuità ed alla rivendicazione e ripartizione delle terre. Si formavano così dei piani di massima per la destinazione dei fondi pervenuti al comune o all'associazione agraria e di quelli già in precedenza da loro posseduti. Seguiva dunque una ripartizione in quote: un delegato tecnico o un perito nominato dal commissario doveva formulare un piano di ripartizione in unità fondiarie delle terre destinate alla coltura agraria, che conteneva anche l'indicazione delle migliorie che i concessionari erano tenuti ad eseguire e dei canoni da pagare. In seguito il commissario formulava un bando col quale tutti i capi di famiglia (che avevano diritto a concorrere) erano invitati a fare domanda per l'assegnazione delle quote. Le domande erano esaminate da una commissione presieduta dal podestà del comune o della frazione interessata e composta da sei membri scelti fra i cittadini del comune o della frazione e dal pretore del mandamento. Se il numero degli ammessi al bando superava la quota delle terre disponibili, la commissione sceglieva un numero di concorrenti pari a quello delle quote, preferendo i meno abbienti. I concorrenti che si ritenevano lesi dalle deliberazioni della commissione potevano fare ricorso al commissario regionale.
I Commissari decidevano tutte le controversie circa l'esistenza, la natura e l'estensione dei diritti sopra citati; curavano la completa esecuzione delle proprie decisioni e di quelle anteriori non ancora eseguite. In Trentino i Commissari assumevano le funzioni delle commissioni e dei commissari già istituiti nelle nuove province per effetto della legge dell'ex impero austro-ungarico del 7 giugno 1883, n. 94, e delle leggi ed ordinanze provinciali per le operazioni agrarie sulla divisione, sul regolamento e sull'affrancazione dei relativi diritti di godimento.
Le decisioni dei commissari erano impugnabili solo con reclamo presso la Corte d'Appello avente giurisdizione nei territori dove erano situati i terreni della controversia.
Con la L.P. datata 16 settembre 1952, n.1, venivano regolate nella provincia di Trento le amministrazioni separate dei beni frazionali di uso civico. All'amministrazione provvede direttamente il consiglio comunale a cui spetta la deliberazione del regolamento previsto dall'art.43 del R.D. n. 332/1928 e la disciplina delle altre norme in esso contenute. I proventi dei beni di uso civico e la loro destinazione devono essere posti in evidenza in apposito allegato al bilancio ed al conto comunale (art.1). I beni di uso civico di originaria appartenenza alle frazioni e quelle che vi passano dopo le affrancazioni, sono amministrate separatamente, a profitto dei frazionisti, per mezzo di un comitato di tre membri per le frazioni con popolazione fino a 200.000 abitanti, e di cinque per quelle con popolazione superiore. Il comitato dura in carica per un quadriennio ed è riconfermabile. A differenza delle leggi n. 1766/1927 e 284/1944 il sindaco del comune e l'assessore anziano o delegato non possono far parte di alcun comitato di amministrazione. Tuttavia se la maggioranza dei capifamiglia di frazione lo richiede, l'amministrazione può essere affidata al consiglio comunale. Alla nomina del comitato si provvede con una consultazione alla quale possono partecipare tutti i capifamiglia titolari del diritto d'uso civico sui beni frazionali. La proclamazione degli eletti avviene con decreto del Presidente della Giunta provinciale. Se per due volte alla consultazione non interviene la maggioranza degli elettori, l'amministrazione sarà affidata al consiglio comunale.
Il comitato di amministrazione separata può servirsi del personale addetto all'ufficio comunale; le deliberazioni sono prese a maggioranza di voti secondo i dettami della legge provinciale e comunale e saranno pubblicate e sottoposte al controllo della Giunta provinciale nei modi stabiliti per le deliberazioni comunali. Le sedute del comitato sono pubbliche e il numero dei votanti non può essere inferiore a tre. La frazione con amministrazione separata concorre, soddisfatti i diritti della popolazione, nel sopportare le spese generali del comune assegnando un contributo annuo calcolato in base alle proprie rendite e necessità ordinarie. L'ammontare del contributo è concordato col sindaco, salvo rettifica del consiglio comunale; non raggiungendosi un accordo, la vertenza è rimessa alla Giunta provinciale che decide definitivamente.
Il D.P.G.P. dell'11 novembre 1952, n. 4 è la delibera del Regolamento per l'esecuzione della legge provinciale n.1/1952 concernente le amministrazioni separate dei beni frazionali di uso civico: il cap. 1 prevede la possibilità di costituire amministrazioni separate tramite dichiarazione di almeno un quarto di capifamiglia residenti nella frazione (le firme devono essere autenticate dal sindaco); l'autorizzazione alla gestione separata spetta alla Giunta provinciale, che provvede ad autorizzare anche la consultazione popolare per la nomina del comitato. Quest'ultimo è formato da tre o cinque membri e, mediante votazione segreta, elegge il presidente; all'elezione assiste il segretario comunale che redige il verbale, firmato da tutti gli intervenuti, da trasmettere alla Giunta provinciale. Inoltre per il normale servizio di segreteria, l'amministrazione separata, salvo casi speciali, nei quali si rende opportuna l'assunzione di personale proprio, deve richiedere l'opera del segretario o di altro dipendente comunale. Il presidente dell'amministrazione separata deve presentare al sindaco, entro il 1°ottobre di ogni anno, il bilancio - documentato e deliberato dal comitato di amministrazione - per l'esercizio successivo. Il comitato amministrativo deve nominare un collegio di revisori, composto di tre membri scelti tra i frazionisti, che nell'arco di un mese dall'incarico deve esaminare il conto e redigere un'apposita relazione.
Secondo l'art. 31 del D.P.G.P. n. 4/1952, nei comuni in cui non esistono frazioni, ed in quelli che, nelle stesse condizioni, verranno ricostituiti in avvenire, cessa l'amministrazione separata dei beni di uso civico con l'insediamento del consiglio comunale. Quindi, entro un mese dalle elezioni amministrative, il comitato di amministrazione procede alla chiusura della contabilità. Il presidente consegna quindi al sindaco gli elenchi ed i registri dell'amministrazione separata, nonché tutti gli atti, i contratti ed il carteggio della frazione, ed ordina al tesoriere di versare alla cassa del comune il fondo eventualmente esistente a favore della frazione. Al sindaco verranno consegnati gli elenchi dei residui attivi e passivi esistenti alla data di cessazione del comitato, affinché l'ufficio comunale ne curi la riscossione o il pagamento.

L'amministrazione separata usi civici di Biacesa ricalca nella sua struttura organizzativa gli elementi sopradescritti.
Con decreto della Prefettura di Trento del 1 marzo 1947 di istituzione dell'Amministrazione separata usi civici di Biacesa viene nominato anche il primo commissario nella persona di Vittorio Grazioli. Con circolare prefettizia n. 200041/III/b del 27 giugno 1947 vengono indette per il 23 novembre le elezioni del comitato d'amministrazione, in sostituzione del commissario; viene eletto in qualità di presidente nuovamente Vittorio Grazioli. In seguito alle sue dimissioni, con decreto della giunta provinciale amministrativa del 12 novembre 1948 n. 35314/III/b, su proposta dei 59 capifamiglia della frazione, viene nominato presidente Bruno Maffei che coprirà tale carica fino alle nuove elezioni del 28 aprile 1953. Dopo questa data risulta eletto presidente Gilberto Maroni che espleterà il suo mandato fino allo scioglimento dell'amministrazione.
Nel primo anno di attività riveste l'incarico di segretario frazionale Gaetano Marchi, segretario comunale di Molina di Ledro. Con deliberazione del 25 febbraio1948, n. 2 il comitato, considerata la grande mole di lavoro del segretario comunale di Molina di Ledro (gestione del comune e delle quattro amministrazioni frazionali), delibera l'affidamento dei servizi amministrativi - contabili al maestro Italo Baldessari, mentre il segretario comunale mantiene funzioni direttive e di controllo. Dall'aprile 1954 riprende l'incarico, fino allo scioglimento dell'ente, il segretario comunale Lino Piva.
L'amministrazione si serviva di un messo frazionale, che, oltre alle normali funzioni, aveva mansioni di stradino (pulizia delle principali vie del paese e delle fontane) di guardia (sorveglianza del patrimonio frazionale, denuncia delle infrazione, tutela della proprietà privata, salvaguardia delle norme igieniche e sanitarie), inoltre si occupava del controllo dell'orologio del campanile della chiesa e svolgeva il servizio di sagrestano (pulizia della chiesa e del cimitero). L'incarico di messo frazionale viene svolto da Olindo Longo dal gennaio 1948 fino al dicembre 1953.
Le riunioni del comitato si tenevano nella sede municipale di Molina di Ledro; alcune nella "Sala lettura" di Biacesa.

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In forza della L. n. 1766/1927: Il ministro per l'economia nazionale determinerà la circoscrizione e la sede di ciascun commissariato ed ha la suprema direzione per l'esecuzione della legge. Inoltre il R.D. n. 332/1928 (art. 67) recita che quando si dovrà procedere all'affrancazione di usi civici su terre private, allo scioglimento delle promiscuità, o alla reintegra di terre comuni o demani comunali, il ministero per l'economia nazionale stabilirà con suo decreto a quale dei commissari debba essere affidata l'esecuzione delle operazioni e la decisione di tutte le controversie dipendenti da esse.
Secondo i dettami del R.D.L. n.751/1924 e della L. n. 1766/1927, contro le decisioni dei commissari delle questioni concernenti l'esistenza, l'estensione dei diritti sugli usi civici e la rivendicazione delle terre è ammesso il reclamo alle corti d'appello, avente giurisdizione nei territori ove siano situati i terreni in controversia, o la loro maggior parte (art. 32).
La L. del 10 luglio 1930, n.1078 "Definizione delle controversie in materia di usi civici" modifica l'art. 32 della legge n. 1766/1927 indicando che i reclami contro le decisioni dei commissari sono deferiti all'esclusiva competenza della corte d'appello di Roma (art.3). La notificazione della sentenza è fatta dalla cancelleria, d'ufficio, mediante invio del dispositivo alle parti tramite posta. Il ricorso alla cassazione deve essere proposto entro 45 giorni e quando la sentenza sia cassata, la causa è rinviata alla stessa corte d'appello di Roma, la quale deve conformarsi alla decisione della cassazione sul punto di diritto sul quale questa ha pronunciato (artt. 7 e 8). Inoltre per la trattazione delle cause d'appello, è istituita temporaneamente presso la corte d'appello di Roma una sezione speciale. Il ministro per l'agricoltura e le foreste può promuovere avanti ai commissari regionali, alla sezione speciale della corte d'appello ed alla corte di cassazione ogni azione e ricorso a difesa dei diritti delle popolazioni anche in contraddizione col comune o con l'associazione agraria (artt. 9 e 10).
Il D.P.G.P. n. 4/1952, cap.III, riguardante i "rapporti fra le amministrazioni separate ed i comuni", stabilisce che, nonostante l'amministrazione separata dei beni frazionali di uso civico, il comune rimane integro nella sua unità politica, amministrativa e territoriale (art.24). Il sindaco esercita anche nella frazione i poteri stabiliti dalle leggi, estendendo le sue attività ed autorità a tutto il territorio comunale. Egli infatti vigila su tutti i servizi e sulla gestione di tutti i beni patrimoniali esistenti nelle frazioni e può sempre esaminare l'andamento dell'amministrazione separata e la contabilità riferendo poi alla Giunta provinciale. L'amministrazione separata resta soggetta alla sorveglianza del consiglio comunale. Il sindaco poi convoca, entro il settembre di ogni anno, il presidente dei comitati frazionali per trattare della somma da richiedere ad ognuno.
Il D.P.R. datato 17 luglio 1952, n. 1064 dettava le norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di usi civici: a decorrere dal primo settembre 1952, le potestà amministrative esercitate dal Ministero dell'Agricoltura e foreste sono trasferite alle Giunte provinciali di Trento e Bolzano. In attesa di leggi provinciali, il commissariato per la liquidazione degli usi civici di Trento continuava ad esercitare le funzioni amministrative attribuite dallo Stato. Le Giunte provinciali esercitano (art. 48, n.5 dello Statuto) le attribuzioni di vigilanza e tutela già spettanti alle Giunte provinciali amministrative e ai prefetti anche sulle amministrazioni separate dei beni di uso civico frazionali e sulle associazioni agrarie, contemplate dalla legge n. 1766/1927. In particolare spetta alle Giunte provinciali, esaminate le domande e gli allegati, autorizzare la gestione separata degli usi civici e la consultazione popolare per la nomina dei comitati; nominare le tre o cinque persone che comporranno il comitato; sostituire i membri del comitato in caso di rinuncia dei medesimi o di nomina contemporanea nel comitato di due fratelli, ecc. Inoltre presso la Giunta provinciale è tenuto, affidato ad uno speciale incaricato, un registro delle amministrazioni separate dei beni frazionali d'uso civico, con l'indicazione della loro data di nomina e di scadenza. Un mese prima dello scadere del quadriennio, il Presidente della Giunta provinciale o l'assessore delegato predispone che venga ordinata la consultazione popolare per la rinnovazione di ciascun comitato.

L'Amministrazione separata degli usi civici di Biacesa mantenne rapporti con le autorità politico amministrative provinciali e statali superiori sopracitate; circa le varie autorità locali, risultano rapporti diretti con il comune di Molina di Ledro, con i comuni limitrofi, con le altre amministrazioni separate della valle e i censiti di Biacesa.
Altre relazioni significative con Ufficio del registro di Riva, Ufficio distrettuale forestale di Riva, Ufficio forestale di Tiarno, Genio civile di Rovereto, Istituto nazionale della previdenza sociale e Istituto nazionale infortuni sul lavoro di Trento.
In ambito locale con la Società cooperativa Broccami di Molina di Ledro, Consorzio elettrico ledrense di Molina di Ledro, Consorzio boschivo di Biacesa e con il Caseificio turnario di Biacesa.

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1. ACMdL, 1 "Comune di Molina di Ledro", 1.2 "Comune di Molina di Ledro (ordinamento italiano)", 1.2.9 "Carteggio ed atti per oggetto", n. 2 "Carteggio ed atti relativi alla ricostituzione dei comuni aggregati e all'istituzione delle Amministrazioni separate usi civici", 1946 - 1953;
2. Ibidem

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La scheda è stata compilata secondo le norme di "Sistema informativo degli archivi storici del Trentino. Manuale-guida per l'inserimento dei dati", Trento, 2006

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ACMdL, A4 Amministrazione separata degli usi civici (ASUC) di Biacesa, 1947 - 1956;
ACMdL, 1.2 Comune di Molina di Ledro (ordinamento italiano), 1.2.9 Carteggio ed atti per oggetto

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Legge 16 marzo 1931, n. 377, "Norme per la coordinazione della legge sugli usi civici con quelle sulla bonifica integrale"

Decreto legislativo luogotenenziale 19 ottobre 1944, n. 284, "Accelerazione della procedura di ripartizione delle terre di uso collettivo fra i contadini"

Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1951, n. 574, "Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige"

Regio decreto legge 22 maggio 1924, n. 751, "Riordinamento degli usi civici nel regno"

Legge 16 giugno 1927, n. 1766, "Conversione in legge con modificazioni del R.D. 22 maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento degli usi civici del regno, del R.D. 28 agosto 1924, n. 1484, e del R.D. 16 maggio 1926, n. 895 sulla stessa materia"

Regio decreto 26 febbraio 1928, n. 332, "Approvazione del regolamento per la esecuzione della legge 16 giugno 1927, n. 1766, sul riordinamento degli usi civici del regno".

Legge 10 luglio 1930, n. 1078, "Definizione delle controversie in materia di usi civici"

L.P. 9 maggio 1956, n. 6, Modifiche alla legge provinciale 16 settembre 1952, n. 1 sulle Amministrazioni separate dei beni frazionali di uso civico

Legge provinciale 16 settembre 1952, n. 1, Amministrazioni separate dei beni frazionali di uso civico

Denominazione Estremi cronologici
Comune di Ledro
Denominazione Estremi cronologici
Legge 16 marzo 1931, n. 377, "Norme per la coordinazione della legge sugli usi civici con quelle sulla bonifica integrale" 1931 marzo 16
Decreto legislativo luogotenenziale 19 ottobre 1944, n. 284, "Accelerazione della procedura di ripartizione delle terre di uso collettivo fra i contadini" 1944 ottobre 19
Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1951, n. 574, "Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige" 1951 giugno 30
Regio decreto legge 22 maggio 1924, n. 751, "Riordinamento degli usi civici nel regno" 1924 maggio 22
Legge 16 giugno 1927, n. 1766, "Conversione in legge con modificazioni del R.D. 22 maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento degli usi civici del regno, del R.D. 28 agosto 1924, n. 1484, e del R.D. 16 maggio 1926, n. 895 sulla stessa materia" 1927 giugno 16
Regio decreto 26 febbraio 1928, n. 332, "Approvazione del regolamento per la esecuzione della legge 16 giugno 1927, n. 1766, sul riordinamento degli usi civici del regno". 1928 febbraio 26
Legge 10 luglio 1930, n. 1078, "Definizione delle controversie in materia di usi civici" 1930 luglio 10
L.P. 9 maggio 1956, n. 6, Modifiche alla legge provinciale 16 settembre 1952, n. 1 sulle Amministrazioni separate dei beni frazionali di uso civico 1956 maggio 09
Legge provinciale 16 settembre 1952, n. 1, Amministrazioni separate dei beni frazionali di uso civico 1952 settembre 16
Denominazione Estremi cronologici
Amministrazione separata degli usi civici (ASUC) di Biacesa
Denominazione Estremi cronologici
Comune di Molina di Ledro