Il paese di Corné, (altri nomi con cui è noto: Corneto, Cornedo, Cornetum Cornedum), è una frazione del comune di Brentonico, è situato sulle pendici settentrionali del Montebaldo e giace verso il fondo della conca di Brentonico, sulla destra della Sorna; è circondato da altri villaggi sparsi più in alto (Saccone, Prada, Fontechel, Vigo, Fontana, Cazzano, Crusano, ecc...).
Corné costituisce una delle dieci Regole dell'estesa comunità di Brentonico, consta di parecchi gruppi di case sparpagliate su un suolo vasto e accidentato. Aldo Gorfer ci dice di questo paese: "Corné è nome di plaga non di paese. E' infatti composto da una dozzina di casali (contrade) sparsi in sponda destra della bassa Valle della Sorna, sulle spianate delle due rive del suo affluente, il torrente Lodròn." (1)
Secondo la ricostruzione storico - archeologica di Padre Ilario Dossi Capuccino (2), non si può con certezza asserire quale sia stato e in quale epoca sia giunto il popolo che per primo mise piede nella conca di Brentonico e in Corné in particolare. In ogni caso i reperti litici rinvenuti a Terragno, a Cazzano, presso il Castello di Dossomaggiore e in altri siti limitrofi, provano che l'uomo era giunto in quelle zone fin da tempi immemorabili.
Sempre secondo la ricostruzione di Padre Dossi(3), il popolo che lasciò più chiara memoria della sua venuta e dimora in questi luoghi, furono i Celti o Galli Cenomanni, i quali emigrarono dalla Francia in Italia circa 5 o 6 secoli prima di Cristo, e si insediarono, fra gli altri centri dell'alta Italia in cui si stabilirono, in questa estrema parte settentrionale del Montebaldo, dando origine al paese di Brentonico, il cui nome, pare, derivi dalla tribù che vi si stabilì per prima (4).
Il paese di Corné, quindi, è certamente anteriore alla dominazione romana, è di origine assai remota e forse è il più antico di tutta la valle , pensa Padre Dossi(5). Quando poi i Romani, forse oltre duecento anni prima di Cristo, estesero il loro dominio anche nel Trentino, la conca di Brentonico fu uno dei primi territori a riconoscere il potere, ad abbracciare e a professare le leggi dei nuovi padroni.
Con l'arrivo della dominazione romana, anche nella valle della Sorna, sorsero nuovi insediamenti e si ingrandirono quelli che già esistevano. Dell'arrivo dei Romani in questa valle e dell'influsso socio - culturale da loro esercitato sono testimonianza sia i nomi di località e di persona, sia le monete romane del I sec. d. C. scoperte a Brentonico, e a Corné nella località "ai Pizzi", sia, infine, certi costumi e giochi ancora in uso, che, si pensa, siano di origine romana.(6)
Sotto l'organizzazione politico - amministrativa romana e dopo la cessazione di essa, il villaggio di Corné seguì, di lì in avanti, le stesse sorti di tutta la conca di Brentonico, che nei primi cinque secoli dell'era cristiana, fu aggregata, ci spiega Padre Dossi(7), alla podesteria di Verona. Dal V sec. in poi, sul piano ecclesiastico, continuò a far parte della diocesi veronese; nel diritto amministrativo, riferisce ancora Padre Dossi(8), passò alle dipendenze del Ducato e poi del Contado, e infine Principato di Trento. Corné, dunque, come altri paesi del brentonicano, sul piano amministrativo era soggetto a Trento, ma ecclesiasticamente dipendeva dalla diocesi di Verona. Verso la fine del XVIII sec. Giuseppe II, per i suoi scopi politici, aveva stabilito che i limiti ecclesiastici tra il suo impero e la Repubblica di Venezia, coincidessero con i confini politici. Nel 1783 si era rivolto al papa perché questo suo volere fosse esaudito. Si aprirono così le trattative con i vescovi interessati e la Santa Sede. Il vescovo di Verona in data 4 dicembre 1784 cedeva provvisoriamente a quello di Trento il goveno spirituale di alcune parrocchie del brentonicano tra cui anche Corné e Prada. Con la bolla del 23 agosto 1785, papa Pio VI condiscendendo alle sollecitazioni del potente sovrano, staccò le suddette chiese dalla diocesi veronese e le aggregò in perpetuo a quella di Trento. La consegna ufficiale avvenne nel 1786.(9)
Non rimane alcuna memoria di Corné prima del XIII sec., la quale ci fornisca notizie circa la vita quotidiana e amministrativa degli abitanti. Nulla sappiamo, fa notare Padre Dossi(10), delle circostanze nelle quali il paese si costituì formalmente in Vicinia o Regola della comunità di Brentonico (11). In un documento del 1392, spiega Padre Dossi(12), il paese di Corné è detto: "Cornetum vicus Brentonici". Nel 1440 il Patriarca di Aquileia, amministratore della Chiesa di Trento, concede a Francesco Castelbarco l'investitura della decima "ville de Cornedo". A detta di Padre Dossi(13), la prima volta, in cui venga ricordato il nome di Corné in pubblici documenti, è in un atto del 1285, nel quale viene nominato un Ognibene 'de Guaina de Cornedo'.
Per quanto attiene la conversione al Cristianesimo, spiega Padre Dossi(14), si possono inizialmente avanzare alcune congetture: molto probabilmente gli abitanti della conca di Brentonico sentirono parlare per la prima volta della nuova religione dalle milizie romane; forse qualche sacerdote della diocesi di Verona giunse in queste zone, mandatovi per incarico vescovile a fare opera di poselitismo.
Si può tuttavia affermare, con un buon margine di certezza, che gli abitanti della conca di Brentonico abbiano abbracciato il cristianesimo durante l'ultimo decennio del IV sec., per opera di S. Vigilio, vescovo di Trento, cioè fra il 390 e il 400.
Infatti S. Vigilio, dopo aver convertito una gran parte dell'odierno Trentino, per incarico dei vescovi di Verona e Brescia, uscì dalla propria diocesi e si diede all'evangelizzazione delle terre del Veronese e del Bresciano, che, specialmente nelle campagne, erano ancora in gran parte pagane. Lì fondò più di trenta comunità cristiane.
In quel tempo, i paesi della conca di Brentonico dipendevano dalla città di Verona, sul piano ecclesiastico; essendo però essi molto vicini al vescovado di Trento, Vigilio, per salvaguardare la propria diocesi provvide alla conversione di Brentonico, Avio, Arco, Riva, delle valli del Sarca e del Chiese, prima ancora di quella dell'Anaunia.
In base a ciò Padre Dossi (15) conclude che la conversione di Brentonico e la relativa irtituzione e formazione di questa comunità cristiana, potrebbe essere stata una, e forse la prima delle molte che Vigilio fondò entro i confini della diocesi veronese. Si può ipotizzare quindi che il Vescovo di Verona, non potendo i fedeli per la troppa distanza recarsi alla sede vescovile per soddisfare ai loro doveri religiosi, abbia mandato, di tanto in tanto, un suo sacerdote, con l'incarico di continuare l'apostolato civile e religioso iniziato da Vigilio.
In tal modo si sarebbe formata la prima cura d'anime di Brentonico. Lì ben presto sarebbe sorto un altare, una cappella, una chiesa, che divenne matrice, col titolo di parrocchia, collegiata e arcipretura. Di essa facevano uso per l'esercizio del culto non solo i fedeli locali, ma anche gli abitanti dei paesi più lontani della valle della Sorna. Una simile situazione si sarebbe protratta per qualche secolo. Col passare del tempo, però, e con l'aumento demografico, nelle frazioni lontane dal centro, si sentì la necessità di avere anche in queste, per l'esercizio del culto, delle cappelle o piccole chiese. Con le offerte spontanee delle famiglie componenti i villaggi minori, sorsero in ognuno di essi, in epoche diverse, le chiese filiali o cappelle.
Ad esse, spiega Padre Dossi (16), non presiedeva da principio un sacerdote stabile per la cura d'anime, ma vi si recava in certe solennità dell'anno, per celebrarvi la messa e amministrarvi i sacramenti.
In questo modo avrebbe avuto origine la cura d'anime nei vari paesi componenti la vasta comunità di Brentonico, finché, per desiderio dei fedeli che chiedevano maggiore comunità e assestenza continua, i singoli sacerdoti fissarono stabilmente la loro dimora presso le singole chiese, vivendo delle elemosine e dei legati di queste piccole circoscrizioni ecclesiastiche, chiamate dapprima cappellanie e poi curazie e parrocchie.
Queste primitive offerte in seguito si accrebbero con altre donazioni fatte "inter vivos" o per disposizioni testamentarie dei fedeli, formando quei fondi ecclesiastici che vennero a costituire il così detto beneficio, dal quale il curatore d'anime traeva il proprio sostentamento e sopperiva alle spese per l'ufficiatura e manutenzione dei luoghi sacri.
A tal proposito, ad eccezione di queste notizie generali, non si ha nessuna notizia certa della chiesa e cura di Corné prima del secolo XV.
L'erezione della cura d'anime in Corné seguì un percorso piuttosto anomalo. Con decreto vescovile del 27 maggio 1622 il paese di Prada venne a costituire con Saccone, una cura d'anime a sé, col titolo di rettoria, che, secondo Padre Dossi (17) è un' istituzione tale e quale alla parrocchia. Secondo me, invece, il termine rettoria, come dimostrano anche i documenti rinvenuti nel presente archivio (18), sembrerebbe avere un significato più specifico di cura d'anime nella quale il parroco, chiamato rettore, viene nominato dalla comunità regolanare anziché dall'autorità vescovile, che ha in ogni caso diritto di proposta, controllo e approvazione nelle investiture rettorali.
L'avvenimento causò una grave divergenza tra l'arciprete di Brentonico, Don Antonio Avancini, e la Regola insieme al rispettivo rettore di Prada, Don Sebastiano Giacomolli, a causa, secondo Padre Dossi(19), dello stipendio fissato nel decreto di fondazione per il nuovo curatore d'anime. Per mettere fine al contenzioso, il 9 maggio 1623 le due parti stabilirono di comune accordo di rimettere la questione all'autorità vescovile di Verona, aggiungendo espressamente la condizione che fosse aggregato alla rettoria di Prada anche il paese di Corné.
Per conoscerne il parere, il vescovo, interpellò espressamente la popolazione di Corné, che riunì subito la pubblica Regola.
Gli abitanti di Corné rifiutarono categoricamente il proprio assenso all'unione con Prada e sollevarono contro di essa un'energica protesta. Inoltre decisero di chiedere alla Curia di Verona che anche il loro paese fosse smembrato da Brentonico ed eretto a cura d'anime indipendente, come era stato fatto l'anno prima per Prada.
Furono nominati due procuratori, cui venne affidato l'incarico di andare a Verona per perorare la loro causa. Il vescovo, per appianare definitivamente la contesa, fissò un'udienza comune delle parti. Vi parteciparono solo l'arciprete di Brentonico e i due delegati di Corné. Il vicario generale, Daniele Lisca, esaudì la domanda degli abitanti di Corné, e nominò ed eresse il paese al grado di rettoria il 29 luglio 1623. In questo modo Corné fu smembrato dalla Pieve di Brentonico e venne a costituire una vera stazione indipendente di cura d'anime, legata all'arcipretura soltanto da vincoli gerarchici. Come dimostrano i documenti contenuti nel presente archivio (20), nel 1799 la Regola di Corné rinunciò al proprio diritto di nomina dei futuri parroci del paese a favore del Principe Vescovo di Trento, in modo tale però che il diritto in questione rimanesse da esercitarsi alternativamente dal Principe Vescovo e dal parroco di Brentonico, senza che il vescovo assumesse alcun onere di patronato il quale rimaneva a carico della comunità regolanare. Prima di questa data e anche successivamente alla formale rinuncia al diritto di nomina, per cui apparentemente la Pieve di Brentonico assumeva un maggior controllo sulla rettoria, i vincoli tra Corné e la medesima Pieve rimasero di tipo essenzialmente gerarchico.
Per quanto attiene lo stipendio del nuovo rettore, ancora prima che Corné fosse istiuita a rettoria, fu istituito il fondo necessario. I fratelli Pietro e Antonio fu Stefano Dossi (21), il 12 luglio 1623, donarono alla rettoria alcuni appezzamenti di terra allo scopo dichiarato di ottenere un curatore d'anime nel paese (22). Tra le condizioni poste per questo legato vi era anche quella che il diritto di presentazione al beneficio fosse riservato alla regola di Corné e all'arciprete di Brentonico alternativamente. Inoltre, se vi fossero stati sacerdoti idonei nella famiglia Dossi, dovevano essere preferiti su qualunque altro. La Regola doveva essere garante dell'adempimento di queste condizioni, accettandole tuttavia senza riserve e promettendone l'osservanza. Questo cospicuo legato formò la base del beneficio parrocchiale.
Con l'istituzione della rettoria, alla Regola fu imposto di costruire il battistero, di fornire un tabernacolo da mettere sull'altar maggiore, di tenere chiuso con muri il cimitero e di ergere sull'entrata del medesimo un cancello di ferro, di fabbricare entro tre anni la canonica e di provvedere alla sua manutenzione, procurando, nel frattempo, un'abitazione decente al rettore. Non è dato sapere in quale anno sia sorta effettivamente la canonica, né chi fosse stato il costruttore. In ogni caso, ci riferisce Padre Dossi (23), è sicuro che essa esisteva ed era già abitata nel 1633, come risulta dagli atti di resa di conto, da parte del rettore all'arciprete, di questa annata.
I legami con l'arcipretura di Brentonico furono ridotti di molto: in forza del decreto di fondazione della rettoria (24), il rettore, con un membro di ogni famiglia doveva recarsi nella chiesa pievanale nella chiesa di S. Pietro; se impedito, doveva offrire, a spese comuni dei contravventori, una candela di una libbra almeno all'altare della chiesa pievanale. Il curato inoltre doveva assistere l'arciprete nella consacrazione del fonte battesimale il sabato santo, doveva prendere dalla pieve gli olii santi, pagando ad essa dodici soldi veronesi per il cattedrattico (25), doveva infine adempiere agli oneri delle messe legatarie.
La rettoria di Corné fu elevata a parrocchia il 17 maggio 1910 (26).
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