Anticamente la chiesa battesimale di Castelfondo si trovava presso il castello ed era dedicata a Santa Maria, detta anche Santa Maria "del dosso". In seguito al danneggiamento del castello all'inizio del XV secolo, la sede pievana venne trasferita nella frazione di Melango (antica denominazione di Castelfondo) nella chiesa di San Nicolò. La nuova sede era anche più vicina ai villaggi di Raina e Dovena che costituivano la comunità di Castelfondo (1).
Nel 1421 gli abitanti di Melango ottennero il permesso di ampliare la cappella di San Nicolò; i lavori si protrassero fino circa al 1430, quando fu consacrata.
All'inizio del XVI secolo si decise di riedificarla, utilizzando per il pagamento dell'opera parte dell'eredità del parroco Martino Doll da Strasburgo che, con testamento del 16 maggio 1507, aveva lasciato i suoi beni alla chiesa (2). I lavori vennero affidati al maestro muratore Pietro Carlon originario dalla Valle d'Intelvi (3) che si assunse anche l'impegno della costruzione della parte principale del campanile, opera portata a termine nel 1551 da Giovanni fu Domenico Varenino, altro mastro muratore comasco (4). In occasione della visita pastorale del 1537, i visitatori segnalarono che i lavori erano per gran parte ultimati, mancavano ancora alcune parti che sarebbero state eseguite con il contributo del dinasta Bernardino Thun (5).
Nella visita successiva del 1579 si segnalò la presenza all'interno della chiesa di tre altari: il maggiore dedicato a San Nicolò e i due laterati dedicati alla Madonna e a Santa Caterina, quest'ultimo consacrato nel 1517 e presso il quale era fondato un beneficio (6).
Un ulteriore intervento, questa volta di ampliamento, si ebbe nel 1873 con l'allungamento della navata di due arcate.
Il patrono della chiesa era il Comune che concorreva alle spese per il restauro, per la manutenzione straordinaria e per l'assicurazione. Infatti, anticamente, esisteva uno stretto legame tra la chiesa e la comunità: erano gli uomini di Castelfondo che si impegnavano per la manutenzione esterna e per quella degli arredi sacri. Il legame tra la comunità e la chiesa si esplicava anche nell'amministrazione dei suoi beni: essa era infatti affidata a dei sindaci, chiamati anche fabbricieri a seconda del periodo storico, eletti dalla comunità e approvati dal sacerdote. Gli incaricati presentavano le rese di conto del loro operato annuale, per riceverne l'approvazione, al parroco e ai rappresentanti della comunità, detti "regolani" (7).
All'inizio dell'Ottocento la chiesa aveva come dotazione dei capitali, degli appezzamenti di terreno e il diritto alla riscossione delle decime (8).
L'inventario redatto nel 1894 descrive il patrimonio della chiesa che consisteva in capitali investiti presso privati, in sette campi e prati, oltre agli arredi, ai paramenti sacri e ai mobili (9). Le spese fisse annuali consistevano nel pagamento delle messe legatarie, del salario al sacrestano, al coro e agli amministratori, delle imposte.
Nel 1929, in seguito a Concordato, l'amministrazione della chiesa passò nelle mani esclusive del parroco.
In applicazione della legge n. 222 del 20 maggio 1985 e in seguito ai DD.MM. del 21 marzo 1986 e 30 dicembre 1986 (pubblicato quest'ultimo sulla Gazzetta ufficiale il 24.01.1987), a decorrere dal 24 gennaio 1987 l'ente Chiesa di San Nicolò in Castelfondo è stato soppresso e i suoi beni (con tutte le relative pertinenze, accessioni, comproprietà, diritti, servitù e ipoteche) sono stati assegnati all'ente Parrocchia di San Nicolò con sede in Castelfondo.
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