Il territorio entro il quale si erano sviluppati gli ambiti comunitativi era politicamente e amministrativamente complesso e disomogeneo:
- spiritualmente non tutto l'odierno Trentino apparteneva alla diocesi tridentina (ne erano escluse la Val di Fassa, la Valsugana e altre località minori situate nella parte sudorientale della regione), che si estendeva invece su una parte dell'odierno Sudtirolo-Alto Adige;
- politicamente alcune zone del territorio trentino a partire dal XIII secolo passarono al conte del Tirolo e poi di casa d'Austria (in Val d'Adige a nord di Trento, in Val di Non, in Val di Cembra, in Val di Fiemme, in alta Valsugana, in Vallagarina, verso il lago di Garda), altre non appartennero mai al vescovo di Trento (il Primiero, la bassa Valsugana e la Val di Fassa).
Amministrativamente il territorio trentino era governato:
- in parte direttamente dal principe vescovo (in particolare le valli Giudicarie e la gran parte delle valli di Non e Sole);
- per un'altra parte da famiglie nobili vassalle dello stesso;
- la pretura di Trento (vescovile) dal magistrato consolare;
- una parte da famiglie nobili vassalle del conte del Tirolo;
- la pretura di Rovereto (tirolese) da provveditori;
- la val di Fassa dal principe vescovo di Bressanone.
L'organizzazione dei territori vescovili (suddivisi in gastaldie, scarie e deganie, sotto la supervisione di un vicedomino) quale si presentava nei primi secoli di vita del potere temporale tridentino, con gli inizi dell'età moderna si assestò su forme amministrative rimaste in vita sostanzialmente fino alla fine dell'antico regime.
Le figure più diffuse sul territorio (oltre ad assessori, commissari, massari), dotate di competenze amministrative e giudiziarie erano:
- i vicari (giudici in prima istanza);
- i capitani (a volte detti luogotenenti - giudici in seconda istanza).
Le unità amministrative distribuite sul territorio erano le giudicature (o giurisdizioni), rette appunto da capitani, vicari o altri ufficiali .
Le giudicature che il principe territoriale (il vescovo o il conte del Tirolo) concedeva in amministrazione a terzi erano dette giurisdizioni patrimoniali:
- la pretura di Rovereto (di dipendenza tirolese);
- le giurisdizioni infeudate alla nobiltà, dette più precisamente giurisdizioni dinastiali, poiché un dinasta deteneva una serie ampia di prerogative, tra cui la potestà giudiziaria nei suoi primi livelli.
Il diritto di regolanato maggiore, in origine detenuto dal vescovo e poi spesso ceduto alla nobiltà, permetteva a coloro che ne erano investiti un controllo diretto anche nella sfera economica delle comunità (presiedendo le riunioni di regola ed esercitando in appello la potestà giudiziaria rispetto alle sentenze pronunciate dai regolani delle ville).
Gerarchia politica nel principato:
- principe vescovo: la massima autorità (anche nella materia spirituale nell'ambito però della diocesi);
- capitolo della cattedrale: diritto al governo in periodo di sede vacante e diritto di elezione del vescovo;
- consiglio aulico:
- come organo politico costituito da membri laici (giurisperiti) e da canonici, presieduto dal vescovo, con la partecipazione del capitano tirolese della città di Trento;
- come massimo tribunale del principato costituito solo da membri laici (tribunale di terza istanza dopo le sentenze dei fori locali / di seconda per le cause di valore molto elevato, che in ultima istanza giungevano ai tribunali dell'impero di Spira e Wetzlar.
Nei luoghi del principato dipendenti direttamente dal vescovo vi erano organi propri, preposti all'amministrazione economica, politica e giudiziaria del proprio ambito territoriale. Altrettanto in quelli dipendenti dalla contea del Tirolo.
Le cause provenienti dalle zone del territorio trentino di pertinenza tirolese, dopo i pronunciamenti da parte dei fori locali, passavano al Tribunale d'Appello di Innsbruck.
Fonti statutarie:
- Landesordnung: fonte preminente per il Tirolo (in uso solo per pochi territori trentini annessi alla contea, in altri rimane lo Statuto di Trento, in altri ancora statuti propri);
- Statuto di Trento: fonte preminente nel principato vescovile;
- statuti locali (di valle, dinastiali, di città e borgate ecc.): vigenza limitata e purché non in contrasto con lo Statuto di Trento;
- carte di regola: normativa per l'organizzazione economica e civile delle comunità di villaggio.
L'amministrazione ecclesiastica si intersecava con quella politica, cellule fondamentali dell'organizzazione diocesana erano le pievi, nate ancor prima dell'anno Mille, le quali influirono poi sull'articolazione politica del territorio.
Lungo tutto l'antico regime nei territori asburgici fu assai forte il potere dei ceti o stati, gli Stände, cioè le componenti sociali del paese dotate di rilevanza politica, con le quali il principe territoriale condivideva la gestione del territorio. La dieta tirolese, il Landtag, una sorta di antico parlamento, era l'organo entro il quale periodicamente si riuniva la rappresentanza dei quattro ceti della contea (nobiltà, clero, città, contadini) per prendere decisioni soprattutto in merito alla materia fiscale. La dieta era dotata della facoltà di accogliere o meno le richieste fiscali inoltrate dal principe e dal diritto di organizzare all'interno della contea il prelievo. Le giurisdizioni del territorio (e quindi indirettamente le comunità rurali che vi facevano parte) partecipavano alla dieta all'interno della componente contadina. Con questo sistema furono rappresentate alle diete tirolesi anche alcune giurisdizioni appartenenti alla contea del Tirolo situate in territorio trentino.
Il principato vescovile di Trento e quello di Bressanone presenziavano alle diete tirolesi in qualità di membri aggiunti, al solo scopo di versare i contributi loro spettanti per la difesa comune del territorio, onere cui furono tenuti stabilmente a partire dal 1511. Le giurisdizioni trentine vescovili e le comunità che vi facevano parte non avevano alcuna relazione con la dieta tirolese, essendo il territorio del principato rappresentato solo dal vescovo e dal capitolo. Verso la fine del Settecento, con le riforme attuate nella stagione dell'assolutismo illuminato, i ceti della contea furono gradualmente esautorati di molte prerogative.
Nell'età riformista anche gli ambiti di autogoverno delle comunità furono maggiormente sottoposti agli uffici dello stato e regole iniziarono a essere subordinate agli organismi politici insediati sul territorio.
Negli anni dal 1796 al 1801 sul territorio trentino si succedettero governi francesi e amministrazione austriaca, la quale aveva posto il principato vescovile sotto sequestro. Dopo la secolarizzazione dello stesso nel 1803 e la sua annessione alla Contea del Tirolo, l'intera regione nel 1805 passò al Regno di Baviera. La parte italiana del Tirolo, all'inizio diviso ancora nei due circoli di Trento e Rovereto, nel 1808 venne riunita nel Circolo all'Adige, con capoluogo Trento.
Il territorio fu diviso in giudizi distrettuali, con compiti di controllo anche sui giudizi patrimoniali e dinastiali loro annessi (cui rimase solo la giurisdizione in materia civile).
La rivolta di Andreas Hofer del 1809 pose fine alla permanenza bavarese nel territorio trentino, il quale, con l'aggiunta della zona di Bolzano e privo del Primiero, nel 1810, dopo la sconfitta degli insorti, fu aggregato al Regno italico.
Politicamente appartenente al Principato vescovile di Trento, ecclesiasticamente legata alla diocesi di Verona (fino al 1785, successivamente a quella di Trento), la comunità di Avio era inclusa nella giurisdizione di Ala.
Più precisamente, in ambito ecclesiastico Avio fu "ab origine" parte della diocesi veronese, fino all'epoca di Giuseppe II, che premette affinchè vi fosse concidenza tra dominio politico e dominio ecclesiastico; infatti, non gradendo ingerenze ecclesiastiche da parte di vescovi esterni al suo dominio territoriale, con l'avvallo della Repubblica di Venezia, fece sì che, con Decreto concistoriale del 23 agosto 1785, Avio venisse separata da Verona divenendo parte della diocesi di Trento.
Al principio del XII secolo Avio era sede dell'omonima pieve, dipendente dalla diocesi di Verona; il pievano di Avio è citato in un documento del 1203 (4), ma già nel 1145 è attestata l'esistenza dell'antica pieve, sul sito dell'attuale camposanto dove ora c'è la chiesa dell'Immacolata (5). Fino al 1830 i pievani di Avio ricoprivano anche il ruolo di vicari (decani) foranei, la cui giurisdizione si spingeva oltre i confini del Principato tridentino.
L'esistenza della chiesa parrocchiale di Avio intitolata a Santa Maria è attestata in data 7 luglio 1410 (6).
L'estensione del Giudizio corrispondeva a quella della pieve. Secondo il registro delle decime del 1535 (in Archivio di Stato di Trento, Archivio del Principato vescovile, Sezione latina, capsa 33, n. 11, f. 8v), i paesi che vi erano compresi erano Pilcante, Vò, Sabbionara, Vigo (Avio), Stroppea, Borghetto.
Di estrema importanza furono i rapporti della Comunità di Avio con la famiglia dei Castelbarco, dinasti di Avio per diversi secoli, legati al castello di Sabbionara fino a tempi recentissimi.
Di un certo rilievo, seppure per un arco di tempo assai più ridotto, furono i rapporti con un'altra importante famiglia, quella dei Madruzzo.
In ambito giudiziario operava il vicario di Avio, giudice con podestà in sede criminale (solo per un certo periodo) ed in sede civile in prima istanza. Ebbe inoltre sede ad Avio un capitano, con competenze penali sia in ambito locale sia per il Vicariato di Ala (fino a che la sede non venne trasferita a Brentonico, anch'esso parte dei Quattro Vicariati).
Il Vicariato di Avio fu soppresso nel 1810 ed incorporato nella Giudicatura di Ala.
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