L'ASILO NEL PERIODO AUSTRIACO
Prima della promulgazione dell'ordinanza del 22 giugno 1872 del Ministero del culto ed istruzione, "con cui vengono emanate disposizioni in riguardo a giardini infantili ed istituti affini", la scuola materna trentina era indirizzata più verso l'assistenza e la semplice custodia dei bambini, che non a finalità propriamente didattiche ed educative. La legge-quadro del 1869 sull'istruzione nelle scuole popolari, non prendeva, infatti, nemmeno in considerazione l'istruzione e tantomeno l'istituzione di asili infantili per bambini prima dei sei anni, lasciando alle famiglie e alle associazioni assistenziali l'onere di curarsi dei bambini più piccoli. (1)
Fino al 1872 le scuole materne erano quindi organizzate secondo i principi aportiani dell''asilo di carità', (2) che sorgevano in seguito a lasciti o a donazioni, con lo specifico mandato di sostenere l'educazione dei bambini delle famiglie meno abbienti. In questi 'asili di carità' o 'sale di custodia', si insegnavano principalmente l'educazione cristiana, la 'correttezza morale' e la pulizia nella persona.
È in questo contesto che anche a Rovereto, la Congregazione di carità, già nel 1840 si rese interprete dell'esigenza urgente di istituire nella città un asilo per bambini e grazie alle donazioni e ai lasciti di alcuni privati, si riuscì, nel 1845, a raggiungere una cifra consistente, tanto da poter pensare all'apertura al pubblico di un asilo d'infanzia nei locali a piano terra della Casa Trenner, in Vicolo Malcanton.
Presto i locali dell'asilo si rivelarono insufficienti rispetto alle crescenti esigente della classe lavorativa, in special modo delle madri che lavoravano nell'industria manifatturiera del tempo; inoltre anche l'orfanotrofio femminile di Rovereto necessitava di una migliore e più salubre collocazione.
Si cercò allora il sostegno del comune, dei privati e soprattutto dei Padri Rosminiani, affinché mettessero a disposizione un idoneo terreno per costruirvi un nuovo edificio. Solo nel 1872, con la donazione di una proprietà già appartenuta ad Antonio Rosmini, da parte di don Francesco Paoli alla Congregazione di carità, si prospettò una soluzione. Secondo l'atto di compravendita del 21 maggio 1872, si cedette gratuitamente un'area su cui doveva sorgere l'asilo, un orto di 228 pertiche quadrate. (3)
Intanto in ambito tedesco cominciarono a diffondersi anche gli asili ispirati al filosofo e pedagogista Friedrich Froebel, per il quale il mezzo fondamentale di educazione ed istruzione del bambino era il gioco. Con l'uso di materiali idonei, i cosiddetti 'doni' froebeliani, il bambino poteva crescere e maturare in un ambiente a lui consono, mentre veniva pienamente riconosciuta la valenza educativa dell'attività ludica. (4)
Nel 1872, con l'ordinanza del 22 giugno, vennero quindi promulgate le prime indicazioni per l'educazione dei fanciulli; si distinsero tre tipi di istituzione:
- il 'giardino infantile' (Kindergarten), che 'doveva completare l'educazione domestica dei bambini non ancora in età per frequentare la scuola e che doveva prepararli all'istruzione popolare mediante esercizi fisici e mentali, ed educando in modo adatto lo spirito' (§ 1);
- l''asilo infantile' (Kinderbewahranstalt) per l'educazione dei bambini delle classi operaie e che aveva il compito di 'avezzarli alla pulizia, all'ordine e alla moralità, e di ispirare loro amore al lavoro' (§26);
- infine il 'presepe' (Krippe), per bambini fino ai tre anni con lo scopo di prestare 'per viste umanitarie, quella cura che non possono avere per loro i genitori' (§ 27).
Nella zona di Rovereto faceva parte del primo tipo di istituzione il 'Giardino infantile' del Comune di Sacco, nato nel 1873 e gestito direttamente dal comune, mentre del secondo tipo di istituzione faceva parte la maggioranza degli 'Asili infantili', compreso l'Asilo Rosmini, considerato 'pia fondazione cittadina autonoma', anche se il patrimonio era gestito dalla Congregazione di carità di Rovereto.
Sia per i 'giardini infantili' che per gli 'asili infantili', valevano le stesse disposizioni sulla formazione delle maestre, sulla sorveglianza e sul modello pedagogico, quello froebeliano, a cui far riferimento, ma, soprattutto, era assolutamente escluso ogni tipo di istruzione scolastica. Si riconosce così all'infanzia una sua propria esistenza, con esigenze e caratteristiche peculiari, del tutto diverse e staccate da quelle tipiche dell'età scolare.
Gli obiettivi di questa legge, anche se un primo passo, rimanevano però minimi, o comunque non così articolati se paragonati alla legge-quadro del 1869 sulle scuole popolari.
In ambito italiano le cose non andavano meglio: la legge Casati del 1859 non contemplava nulla riguardo all'educazione infantile e gli 'asili d'infanzia' erano mere associazioni di beneficenza ed assistenza, fino ed oltre la promulgazione della legge sulle istituzioni pubbliche di beneficenza del 1890. (5)
È con queste premesse che nel 1872 a Rovereto, lungo il 'nuovo stradone', quello che sarà poi il Corso Rosmini, iniziarono i lavori per la costruzione dell''Asilo Antonio Rosmini, così intitolato per espresso volere del donatore del terreno. Il progetto fu redatto dall'ing. Giuseppe Didioni di Milano e i lavori vennero seguiti dal geometra Gio.Batta Costa di Rovereto.
Per costruire e completare l'edificio ci vollero due anni di lavoro, anche se fu inaugurato il 29 settembre 1873.
Per sostenere l'accoglienza, l'istruzione e la sorveglianza degli alunni dell'asilo, la Congregazione di carità chiese alla Congregazione delle Suore di Carità, che già operavano a Rovereto nell'ospedale civico, l'assegnazione di due suore. (6)
Fin dall'inizio della propria attività, l'asilo accolse un gran numero di bambini: già nell'anno scolastico 1873/1874 si contavano più di 300 iscrizioni e fu necessario chiedere l'assegnazione di altre tre suore e tre assistenti.
Nel 1874, al secondo e al terzo piano dell'edificio, venne temporaneamente collocata la Scuola Magistrale maschile, in attesa che terminassero i lavori del nuovo edificio scolastico sul Corso Rosmini; la scuola rimase in affitto nei locali dell'Asilo fino al 1° ottobre 1879.
Dall'inizio del suo operato, l'Asilo Antonio Rosmini fu gestito dalla Congregazione di carità, fino al 1884, quando fu dichiarato autonomo e ufficialmente 'consegnato' ad una commissione formalmente eletta; la Congregazione manteneva però la gestione di tutta la parte contabile. Non è chiaro se in questa occasione venisse redatto ed approvato uno statuto, probabilmente rimase una bozza o non ebbe alcuna applicazione.
Solo nel 1894 fu elaborato uno 'statuto organico' legalmente riconosciuto dal Consiglio scolastico provinciale dell'amministrazione austro-ungarica. (7)
Nel 1886 Clotilde Balista, figlia del defunto Antonio Balista, lasciò all'Asilo un capitale di 25.000 fiorini, con le condizioni che nella sede dell'Asilo venisse ospitato l'orfanotrofio femminile e che la statua di Antonio Rosmini venisse collocata nel piccolo giardino di fronte alla sua casa natale.
Fu quindi il turno dell'Orfanotrofio femminile di essere trasferito nei piani superiori dell'Asilo, nell'8 novembre 1886.
Anch'esso fu gestito dalle Suore di Carità, in base ad una apposita convenzione e dietro il pagamento di un affitto. La convenzione prevedeva come condizione la costruzione di una cappella al II piano dell'edificio, che fu benedetta dal Decano di San Marco e dove si celebravano tre messe a settimana.
A causa della guerra, l'orfanotrofio fu sfollato nel 1915 e riaperto nel 1920 sempre nella sede dell'Asilo, dove rimase fino al 1931, quando fu trasferito nel palazzo ex-pellagrosario in Viale dei Colli.
Nel 1905 la signoraTeresa Muraro lasciò in eredità all'Asilo una somma di circa 20.000 fiorini, con la condizione che servisse alla creazione di una 'cura climatica alpina per i bambini bisognosi di salute', in località Moietto; la Congregazione creò un apposito fondo e, ad iniziare dal 1906, i bambini dell'asilo poterono trascorrere il periodo estivo nei locali della canonica del Moietto. In seguito poterono usufruire del servizio l'Asilo Vannetti, attivo a Rovereto dal 1910 e poi, dal 1920, anche l'asilo di Sacco.
Alla fine del 1914 l'asilo aveva 220 bambini. Allo scoppio della Grande Guerra l'asilo, come quasi tutte le istituzioni cittadine, fu costretto a chiudere; l'edificio fu sacrificato alle necessità militari per l'acquartieramento di truppe e come ricovero sanitario. Riaprirà solo cinque anni più tardi, il 27 maggio 1919, con "lo sgombro dell'asilo dal militare". Vi vennero accolti un centinaio di bambini. (8)
Con l'annessione delle Nuove Province all'Italia, l'Asilo continuò la sua vocazione di ente caritativo: accanto a chi pagava la tassa intera d'iscrizione, vi erano riduzioni ed esenzioni complete.
Neppure con l'adeguamento alla legislazione italiana, l'asilo infantile perse la sua connotazione principale di 'asilo di carità', anzi, lo status di asilo infantile rientrò definitivamente nell'ambito delle istituzioni di assistenza e beneficenza, soggiacendo in tutto e per tutto alla legge sulle opere assistenziali del 17 luglio 1890 e ai suoi regolamenti d'esecuzione. (9)
L'ASILO NEL PERIODO ITALIANO
Nel 1914 il ministro Luigi Credano emanò le "Istruzioni, programmi e orari per gli asili infantili e i giardini d'infanzia", curate da una commissione incaricata di studiare i vari modelli pedagogici e far poi valere quello ufficiale. (10)
Al modello educativo di Froebel si aggiunsero intanto quelli delle sorelle Rosa e Carolina Agazzi e di Maria Montessori (11). In particolare il modello proposto dalle sorelle Agazzi, che tendeva a ricreare nell'asilo un ambiente il più possibile familiare, riproponendo la figura della maestra simile a quella della madre e in cui tutte le attività educative dovevano essere presentate in forma di gioco, fu pienamente 'sposato' da moltissimi asili italiani, nonostante ufficialmente lo Stato adottasse infine le linee direttive del metodo froebeliano. Anche l'Asilo Antonio Rosmini di Rovereto adottò il metodo agazziano.
Nel 1923 a Rovereto fu istituita una delle sole sei scuole statali italiane per la specifica formazione delle maestre d'asilo: la Scuola di metodo per l'educazione materna, poi chiamata Scuola magistrale, lasciando però spazio anche alle Scuole magistrali pareggiate e all'iniziativa privata, prevalentemente ecclesiastica e religiosa.
Sempre nel 1923, nell'ambito della cosiddetta "riforma Gentile" l'asilo diventa ufficialmente 'scuola materna' e l'educazione infantile diventa istruzione preparatoria, primo grado dell'ordine scolastico elementare; per la prima volta si tenta di dare una disciplina amministrativa e didattica organica degli asili d'infanzia.
L'Asilo dovette dotarsi di un nuovo statuto, approvato nel 1928 (12); in quell'anno i bimbi iscritti erano circa 170; l'amministrazione fu affidata ad un 'Consiglio direttivo' e non più alla Congregazione di carità e fu prevista la convocazione di un'Assemblea generale dei soci ordinari. Sempre nel 1928 la Congregazione cedette all'Asilo anche l'amministrazione della contabilità generale, delle proprietà e delle fondazioni.
Inoltre si dovettero apportare alcuni cambiamenti anche nei rapporti con le suore che lavoravano e vivevano nell'Asilo: se il vitto per le quattro suore e per le due inservienti veniva fornito dalla Congregazione di carità dietro pagamento da parte dell'Asilo di una diaria fissa di 4.50 lire l'una, a partire dal 1931 doveva essere l'Asilo a pagare direttamente alle suore una diaria fissa di 5 lire l'una, ma in compenso fu abolito lo stipendio pagato fino ad allora dall'Asilo; l'accordo con le Suore di Carità fu prorogato senza una definita scadenza, anche se non fu mai ufficialmente ratificato. (13)
A partire dal 1936 l'Asilo Antonio Rosmini è ufficialmente Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza (IPAB) (14), in analogia con tutti gli enti simili che avevano tra i loro fini quello della beneficenza e di conseguenza si dovette adottare un nuovo statuto, approvato nel 1940 (15), che prevedeva specificatamente l'accoglienza dei bambini 'poveri' e solo dopo, con disponibilità di posti, anche bambini non poveri, dietro pagamento di una retta. Per ovviare al deficit amministrativo degli ultimi anni si attivò il comitato femminile che faceva capo a 'mamma Filzi' e ad Antonietta Giacomelli (16), che nell'ottobre del 1937 organizzò un festa di beneficenza, raccogliendo una somma di "alcune centinaia di lire" e che permise al bilancio di ottenere un leggero avanzo di cassa.
Dal 1931, traslocato l'orfanotrofio femminile, il secondo piano dell'Asilo fu trasformato nel "Pensionato femminile Margherita Rosmini", dotato di un proprio regolamento e che non fu chiuso neppure durante gli anni difficili della seconda guerra mondiale; anzi, quando nel 1944 l'asilo venne chiuso e il piano terra venne occupato dalla posta germanica, l'amministrazione negò l'ospitalità ad alcuni funzionari germanici proprio per l'incompatibilità con il pensionato femminile.
Sempre nel 1944 il piano terra dell'Asilo fu adibito a magazzino delle scorte agrarie per conto della Sepral, con pagamento di un affitto e, per breve periodo, si dette anche la disponibilità di un'aula per l'ora di educazione fisica delle scuole medie.
L'Asilo fu riaperto nell'anno scolastico 1944/1945, se pur con attività ridotta ma continuando a garantire la refezione scolastica.
Il pensionato continuò a funzionare fino al giugno del 1945, mentre ad Antonietta Giacomelli fu permesso di rimanere, quale unica pensionante e a cura di una suora, a tempo indefinito.
Alla fine della guerra, durante i primi anni della ricostruzione, l'Asilo ebbe ancora un ruolo importante nel sostenere i bambini, specie delle famiglie meno abbienti; funzionava infatti come Centro assistito degli aiuti internazionali per quello che riguardava la refezione scolastica; gli aiuti venivano assegnati in base a delle convenzioni e prelevati direttamente dall'Asilo; a questi aiuti si sommavano poi anche quelli forniti dalle tessere annonarie e dalle risorse dell'Asilo stesso.
Durante tutti gli anni cinquanta le scuole materne italiane persero il loro carattere preparatorio pre-elementare e riacquistarono la funzione integrativa alla famiglia.
Il metodo d'insegnamento agazziano si era ormai diffuso, anche se ufficialmente non si indicò nessun particolare metodo didattico. In questo vuoto legislativo, nel 1950 fu creata in Trentino la Federazione provinciale delle scuole materne, a cui l'Asilo si associò nel 1956.
Fu solo nel 1968 che si decise di ordinare in modo organico le funzioni della scuola materna, con l'emanazione della legge 18 marzo, n. 444, che istituì la scuola materna pubblica, gratuita e non più assistenziale, ma propriamente educativa. (17)
Con l'emanazione delle Norme di attuazione dello Statuto speciale del 1976 si definirono i criteri di attuazione per esercitare la competenza primaria della Provincia autonoma di Trento in materia di scuole materne e si arrivò così alla promulgazione della fondamentale L.P. 21 marzo 1977, n. 13 (18). Con questa legge nacquero le scuole d'infanzia provinciali e le scuole equiparate. L'Asilo Antonio Rosmini divenne scuola equiparata per l'infanzia.
Dalla L. 13/1977 in poi si cominciò gradualmente ad abbandonare il metodo educativo agazziano per seguire le più moderne direttive fornite dal Comitato tecnico provinciale per la scuola dell'infanzia, articolate e strutturate all'interno di un articolato 'progetto pedagogico'.
Ulteriori orientamenti dell'attività educativa furono dati dalla successiva L.P. 15 novembre 1988, n. 34 e in seguito dal D.P.G.P 15 marzo 1995, n. 5-19/Leg. (19)
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