Con la circolare n. 4393 del 18 agosto 1811 il vice-prefetto di Rovereto comunicava al podestà di Ala, signor Antonio Pizzini, l'ordinanza relativa all'attivazione di fabbricerie solamente presso le chiese parrocchiali, sottomettendo a questi organi l'amministrazione di tutte le chiese curate, che venivano considerate sussidiarie delle parrocchiali. Il podestà di Ala, in esecuzione all'ordinanza, inviò il 21 agosto una lettera ai fabbricieri "della chiesa parrocchiale di Ala e circondario" con la quale intimava "li così detti massari delle chiese curaziali tanto di Seravalle che di Ronchi e del Vo', non che della confraternita del Santissimo di Seravalle, onde debbano loro presentare gli atti, registri e casse e debbano, cessando in loro, riconoscerne formalmente l'amministrazione delle sudette chiese"(1). Qualche giorno prima il podestà aveva comunicato la nomina prefettizia dei cinque fabbricieri(2) cui era seguito l'atto di installazione della Fabbriceria con la consegna dei capitoli(3).
Il primo settembre 1811, in un locale scolastico, si tenne la prima riunione della neocostituita Fabbriceria(4): i cinque membri eletti assegnarono la carica di presidente (o primo fabbriciere)(5) al signor Mauro Gresti e quella di tesoriere(6) al signor Prospero Pizzini(7). In quell'occasione i fabbricieri deliberarono di comunicare "a tutti gli amministratori de' beni delle chiese e confraternite del SS. Sacramento, cioè a quelli della parrochia di Ala, S. Valentino, S. Pietro, Seravalle, Santa Margherita, Vo' Casaro e Ronchi, che dal primo settembre debbano riconoscere li signori fabbricieri, cessando affatto la di loro amministrazione". Nella seconda riunione, tenuta il 3 settembre, i fabbricieri deliberarono di invitare tutti gli ex amministratori a presentare le rese di conto alla fabbriceria e inoltre di portare anche "atti, registri, casse". L'invito fu naturalmente accolto e la Fabbriceria ebbe così modo di riscontrare l'esattezza dei conti dei vecchi massari e di approvarli.
Nella seduta del 12 ottobre i fabbricieri passarono alle nomine di "tutti i sagristi delle chiese e confraternite soggette a questa Fabbriceria, come pure l'inservienti"(8). Le istruzioni ministeriali prevedevano però il diritto del podestà sull'elezione dei sacrestani delle chiese di S. Giovanni Battista e di S. Giovanni Nepomuceno e il diritto del parroco di Ala e dei curati di Serravalle, Ronchi e Vò' di approvare l'elezione dei propri sacrestani. Il podestà approvò le nomine della Fabbriceria come pure i sacerdoti, che giudicarono i sacrestani eletti "persone probe, oneste e capaci".
La Fabbriceria, che si riuniva in un locale provvisorio annesso alla chiesa di S. Giovanni Battista, ottenne per ordine prefettizio(9) la concessione di "ridurre due luoghi ad uso della sua propria cancelleria nel fu Oratorio della soppressa confraternita della Dottrina Cristiana"(10); la riunione del 17 maggio 1812 si tenne "nel luogo della sua Cancelleria"(11).
Gli argomenti trattati nelle sedute riguardavano esclusivamente gli aspetti relativi all'amministrazione delle chiese soggette alla Fabbriceria e ogni questione veniva posta a "ballotazione". Durante le riunioni si rendevano note inoltre le comunicazioni e le decisioni delle autorità superiori.
Il controllo esclusivo della Fabbriceria di Ala sul patrimonio ecclesiastico della parrocchia e la sua ingerenza in altre questioni non era stato accettato serenamente dal parroco e dai suoi sacerdoti che non avevano mancato di lamentare alle autorità ecclesiastiche gli "abusi" di questa. Nella lettera inviata il 13 luglio 1812(12) il parroco Andrea Pecoretti lamentava: "1. Nella chiesa di S. Giovanni, dove aveano già occupati due sufficienti locali, fecero i fabbricieri una capriciosa e dispendiosa fabbrica di altri due ... e con tale occupazione impediscono al parroco di poter distribuire le classi della Dottrina Cristiana ... 2. Spogliarono quasi del tutto il Santuario di S. Valentino ... 3. Proibirono le limosine per le S. Anime del Purgatorio ... 4. Amministrano arbitrariamente tutte le limosine della parrochiale e figliali senza dare al parroco la dovuta chiave delle cassette(13) ... 5. Ricusarono di far celebrare sotto ingiusti pretesti molte messe legatarie ... 6. Pretendendo che la Fabbriceria sia un tribunale non vogliono in conto alcuno dipendere dal parroco, con cui quindi non mostrano confidenza alcuna, né mai parlano(14) ... pretendendo da esso libbri e documenti ad essi in niun conto aspettanti. 7. Finalmente per colmo di audacia ... fecero chiudere e consegnarsi le chiavi del campanile ... e de' sacri arredi contro l'evidente diritto del parroco e del clero". Il parroco chiedeva, in chiusura di lettera, l'intercessione del vescovo per licenziare il capo fabbriciere e univa una lettera di lamentele anche di altri sacerdoti della parrocchia che denunciavano che "il primo membro di questa fabbriceria tratta i sacerdoti con maniere meno che nobili". Fu risposto al parroco che il vescovo avrebbe trattato la questione per via privata, non potendo intervenire ufficialmente e che comunque restava a lui e al suo clero la facoltà di rivolgersi al podestà.
L'istituto della fabbriceria, così intesa, cessò con l'annessione del Trentino all'Austria(15). Il nuovo governo passò le competenze relative all'amministrazione dei beni delle chiese ai Comuni. La nomina dei "sindaci", le persone a cui veniva affidata l'immediata amministrazione delle chiese, spettava al capo comune e doveva essere confermata dal pastore locale. Rispetto al vecchio sistema della fabbriceria del cessato governo napoleonico, il nuovo sistema coinvolgeva direttamente il parroco nella direzione e vigilanza dell'amministrazione degli enti ecclesiastici, affiancato nella funzione di controllo dal giudice distrettuale. La circolare governativa del 13 ottobre 1821(16), concernente l'amministrazione e il rendiconto dei beni delle chiese, determinava la durata dell'ufficio del sindaco in tre anni con la possibilità di riconferma; tale carica veniva contemplata come un "ufficio d'onore" e in quanto tale prestato a titolo gratuito. L'importanza dell'ufficio era sottolineata anche dal giuramento, assunto a protocollo, che i nuovi amministratori dovevano prestare all'atto del loro insediamento. Ad essi venivano poi consegnati l'ultimo rendiconto e l'inventario della chiesa, che venivano sottoscritti per presa visione. I sindaci si occupavano immediatamente dell'amministrazione dell'entrata e dell'uscita della chiesa e non potevano affrontare alcuna spesa senza l'approvazione del parroco e della superiore autorità civile; essi rendevano conto della loro amministrazione alla fine di ogni anno(17).
La vigilanza del curatore d'anime negli affari concernenti l'amministrazione della chiesa rimase comunque la costante che determinò ogni rinnovamento nel campo dell'amministrazione ecclesiastica. Le norme introdotte nel 1865(18) per l'amministrazione del patrimonio di chiese, benefici e fondazioni ecclesiastiche riportano in primo piano la figura del curatore d'anime in quanto amministratore principale del patrimonio, al quale però vengono affiancati "due così detti fabbricieri" in rappresentanza della comunità ecclesiastica, riconosciuta anch'essa responsabile del patrimonio della propria chiesa. Questi fabbricieri venivano proposti direttamente dal curato e immessi nel loro ufficio dal decano distrettuale. Il curatore d'anime diventa da questo momento il primo organo ecclesiastico dell'amministrazione ed a lui compete la principale direzione; i fabbricieri avevano lo scopo di coadiuvare il curato esclusivamente nell'amministrazione della sostanza della chiesa e non avevano alcuna ingerenza in rapporto al servizio divino della cura d'anime o ai diritti e doveri che riguardano il curatore d'anime.
Il termine "fabbriciere" assume quindi una valenza diversa rispetto all'epoca in cui esso significava precise ed esclusive funzioni amministrative. Negli anni che seguiranno le novità più rilevanti si riscontreranno infatti nella terminologia con la quale vengono indicati gli uffici e le persone preposte all'amministrazione.
Ad Ala permane la compresenza dei termini "fabbriciere" e "amministratore", di "Fabbriceria" e di "Amministrazione ecclesiastica". Quest'ultima denominazione si conferma dal 1914, come appare visibile dalla corrispondenza e dai resoconti, che da questo momento comprenderanno oltre la chiesa parrocchiale e le sue filiali, tutti i benefici, legati e fondazioni della parrocchia.
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