Ugo Cerletti nacque a Conegliano Veneto (Treviso) in 26 settembre 1877 da famiglia lombarda originaria della Val Chiavenna. La madre era Margherita Pizzala e suo padre l'ing. Giovanni Battista, illustre agronomo che fondò la prima scuola italiana di enologia a Conegliano.
Studiò fin da bambino a Roma; dopo gli studi liceali si iscrisse alla facoltà di medicina, prima a Torino e poi a Roma, dove si laureò nel 1901. Fu assistente e poi aiuto della Clinica universitaria fino al 1915, pubblicando molte ricerche di anatomia, fisiologia e patologia clinica del sistema nervoso. Nei suoi viaggi all'estero conobbe Franz Nissl e Emil Kraepelin, neuropatologi a livello internazionale. I suoi studi medici si indirizzarono verso la degenerazione patologica delle strutture cerebrali.
In seguito all'arruolamento volontario (1) avvenuto il 24 maggio 1915, Ugo Cerletti fu inviato in zona di guerra il 7 giugno 1915 con la carica di capitano medico di complemento. L'8 agosto fu inserito nelle centurie del 5° alpini della Valtellina, nel gruppo Ortles – Cevedale, dove ebbe modo di inventare la tuta mimetica da neve e dove rimase fino al giugno del 1916, quando fu comandato alla Direzione sanità del 1° corpo d'armata. Promosso a maggiore medico di complemento fu destinato ad Auronzo di Cadore e da qui, il 4 agosto 1916, all'Ospedaletto da campo n. 42 (2). In questo periodo di tempo, esaminando le granate del fronte, meditò ad un loro diverso utilizzo ed ebbe l'idea di creare una spoletta per granata a scoppio differito, cioè con esplosione ritardata rispetto all'impatto con il terreno. Svolse alcune esperienze in tal senso e dopo aver contattato il Comando del genio della prima armata, a capo del generale Mario Maurizio Moris, nell'ottobre del 1916 iniziarono i primi esperimenti con un grossolano apparecchio di piombo con corrosione a diaframma metallico eseguito sui suoi disegni e per ordine dello stesso Moris. Furono realizzate prove di corrosione in vitro su vari metalli (zinco e ferro con acido solforico, rame con acido nitrico, alluminio e acciaio con acido cloridrico, mercurio cloro e alluminio, corrosione diretta di alluminio con mercurio) e già nel novembre 1916, Ugo Cerletti prese il brevetto generico per i proiettili a scoppio differito e quello specifico per le spolette ad azione differita, basate sull'impiego di una spoletta con un percussore trattenuto da un arresto che poteva essere disciolto, in un tempo più o meno lungo, da un liquido corrosivo o solvente (nitrocellulosa, acetilcellulosa, celluloide), che ne avrebbe causato la detonazione solo dopo che il percussore fosse stato rilasciato (3). L' Autofficina Auronzo costruì su disegno di Cerletti un esemplare con ritegno del percussore a stelo amovibile. Nel mese successivo continuarono le prove in vitro e in particolare Cerletti studiò, la costruzione dei ritegni del percussore con diverse sostanze organiche resistenti e solubili (impasti del legno, sostanza cornea, celluloide, destrina, celloidina) per evitare lo sviluppo di gas.
Le prove si interrompono il 5 gennaio 1917 per il passaggio di Cerletti dall'ospedale 42 alla direzione dell'ospedale 43 (4).
Poco dopo fu chiamato a Roma, presso l'Ispettorato generale delle costruzioni di artiglieria per esporre la sua invenzione a una commissione di generali e colonnelli, che gli misero a disposizione un'officina e un tecnico, per presentare un modello completo della spoletta da utilizzare per le prove al poligono. Ugo Cerletti venne quindi inviato al Laboratorio chimico di esplosivi, in via Treviso a Roma, accompagnato dal fisico universitario tenente Alfonso Bartolini, con il quale eseguì numerosi esperimenti anche sulle parti componenti le spolette (dischetti, sostanze corrosive, ecc.) Nel febbraio 1917 iniziarono le prime esperienze al poligono di tiro del Nettuno che proseguirono fino al settembre anche in seguito alle continue richieste (prove su spolette in ottone, in acciaio, calibro granate, ecc.) e rallentamenti che subì il Cerletti da parte dei superiori. Sempre in questo periodo il Cerletti ideò e brevettò quello che lui chiamò “legno fuso omogeneo”: invece di utilizzare il legno naturale si poteva sfruttare la resistenza della nitroacetilcellulosa secca e compressa, ottenuta dalla cellulosa del legno e ridotta in una massa omogenea, plastica e leggera.
Concluse tutte le prove al poligono, il Ministero delle armi e munizioni diede incarico all'Ufficio tecnico di iniziare la costruzione della spoletta, ma l'incontro tra Cerletti e il tenente colonnello Guerritore, capo dell'Ufficio, non andò a buon fine (e lo stesso Cerletti ne riporta una relazione a riguardo (5)) per un'errata impostazione data alle spolette, che rispetto a quelle fatte sviluppare dall'Ispettorato erano cambiate e non più in dotazione. Fu necessario ridisegnare e studiare tutte le modifiche dei singoli pezzi per poterli applicare al nuovo munizionamento.
Nel gennaio del 1918 iniziano i primi contatti con Nicola Romeo, imprenditore di Milano, già fornitore di granate all'esercito, per la costruzione di 500.000 spolette nell'arco di sei mesi. Durante l'apprestamento delle macchine per la lavorazione, Cerletti si recò in Francia, per mettere a punto la spoletta del calibro 75 mm. (mod. 68 spoletta Cerletti), di interesse del Ministero francese e gli adattamenti per le bombe di aerei francesi, già studiati precedentemente alla Furbara per le bombe dell'aeronautica italiana.
Nel luglio 1918 la paternità dello studio della spoletta con l'uso della nitrocellulosa come ritegno solubile del percussore, fu contestata dall'Ispettorato e dal generale Vitelli, contro il quale il Cerletti produsse numerose deposizioni scritte di ufficiali e generali attestanti che l'utilizzo della nitrocellulosa era già stato da lui ideato e testato in zona di guerra, prima di essere richiamato a Roma (6); con l'intervento dell'on. Nava, il Ministero dichiarò l'invenzione di esclusiva proprietà di Ugo Cerletti.
Nell'agosto del 1918, dopo aver cambiato la ditta costruttrice, la produzione riprese e all'inizio della battaglia di Vittorio Veneto (24 ottobre – 4 novembre 1918), il Cerletti aveva a disposizione circa 40.000 proiettili di medio e grosso calibro, che vennero mandati al fronte soltanto quattro giorni prima della battaglia del Piave. Non vi fu tempo di farne la distribuzione e di dare le istruzioni alle batterie; dopo la battaglia del Piave sopravvenne l'armistizio e i proiettili non furono più utilizzati (7). L’utilizzo dei brevetti di Ugo Cerletti da parte dello Stato e il compenso all’inventore, fu un problema che venne affrontato dal 1918. Nell’agosto del 1918 iniziarono infatti le trattative per l'uso dei brevetti da parte dell'amministrazione italiana tramite l’on. Antonio Scialoja. Quest'intesa prevedeva che il Cerletti cedesse i suoi brevetti italiani per la fornitura delle artiglierie a stabilimenti dello stato o a stabilimenti privati in Italia, ricevendone in cambio dei compensi e sciogliendo il primo impegno intercorso con la ditta N. Romeo. Successivamente si predisposero accordi con la ditta Borletti di Milano, con l’Officina di costruzioni d’artiglieria di Torino e nuovamente con la ditta N. Romeo, senza nessuna intesa circa i compensi da attribuire all’inventore. Inoltre in seguito all’armistizio, tutti i contratti furono rescissi e Ugo Cerletti non ottenne nessun compenso. Nel dopoguerra richiese una liquidazione, con cessione dei brevetti all’Italia, equo compenso e rifusione spese che fu stimata dall’amministrazione dello stato in 50.000 lire e che rifiutò per incongruenza. Nel 1922 il Ministero gli offrì 1.500 lire per i brevetti e la rifusione di una minima parte delle spese, ma Cerletti, sentendosi sempre più negata l’importanza della sua scoperta, scrisse a Mussolini e al generale Diaz al fine di giungere a una soluzione equa. Nel 1927, dopo lunghe trattative, Ugo Cerletti ottenne una liquidazione di 110.000 lire (lorde) per cedere l’uso dei brevetti, mettendo a disposizione tutti i disegni e i chiarimenti necessari agli stabilimenti militari e privati.
Per quanto riguarda la diffusione dell’invenzione all’estero, Cerletti, convinto della necessità di informare gli alleati della nuova scoperta, si trovò di fronte a continue opposizioni, che contraddicevano le situazione a cui dovette far fronte per salvaguardare la paternità della sua opera. Dovette inizialmente affrontare la pubblicazione da parte dell’Ufficio brevetti della sua invenzione, prima ancora che gli fosse rilasciato il brevetto definitivo e si adoperò quindi affinché lo stesso ufficio non rendesse più pubblico l’incartamento e i disegni. Successivamente fuoriuscirono informazioni sulle reazioni chimiche e funzionamento della spoletta (in seguito alla presentazione fatta al campo di Furbara, in cui lo stesso Cerletti fu invitato dal suo superiore ad esporre la sua invenzione agli ufficiali alleati), tanto che l’inglese Mc Alpine propose una spoletta che si basava sullo stesso principio chimico – meccanico.
Infine, messa a punto la spoletta, solo nel novembre del 1917, l’on. Bignami comunicò sommariamente al Comitato interalleato per le invenzioni la scoperta italiana, della quale furono subito richiesti la descrizione e i disegni (consegnati però solo dopo cinque mesi).
Nel frattempo, visto che il brevetto era stato rilasciato e prima che scadesse il diritto, Cerletti chiese di poter prendere i brevetti esteri, mantenendo le garanzie di riservatezza, ma il permesso gli fu negato. Quando l’autorizzazione giunse era ormai troppo tardi e non c’era più possibilità di far valere i suoi diritti rispetto alla spoletta inglese Mc Alpine, a quella tedesca Lgz.z ed altre straniere, situazione che causò al Cerletti un’elevata perdita economica (8).
Nel 1945 Ugo Cerletti ripresentò domanda di brevetto d’invenzione per la spoletta a scoppio differito, visto che erano passati 15 anni e il vecchio brevetto era ormai scaduto.
Dopo la parentesi della Prima guerra mondiale, tornò all’attività di medico e docente universitario: nel 1922 si recò a Milano, dove assunse la direzione dell'Istituto neurobiologico di ricerca di Affori, annesso al manicomio di Mombello; nel 1925 fu chiamato alla cattedra di clinica delle malattie nervose e mentali dell'Università di Bari e nel 1928 subentrò a Enrico Morselli come direttore della Cattedra di neuropsichiatria all'Università di Genova.
Sposò Antonietta Marzolo (7 aprile 1926) ed ebbe due figli: Paolo, nato nel 1929 e Margherita, nata nel 1932.
Nuovamente a Roma nel 1935, presso la clinica psichiatrica universitaria introdusse i nuovi ritrovati per la cura della schizofrenia: lo shock insulinico e lo shock cardiazolico (di Manfred Joshua Sakel e di Joseph Ladislas von Meduna), lavorando contemporaneamente insieme a Bini (costruttore della macchina) alla messa a punto dell'elettroshock, cercando il modo di rendere innocuo per l'uomo il passaggio della corrente elettrica necessaria a provocare le convulsioni. Cerletti credeva che lo stress causato dalle convulsioni dell’elettricità, provocasse il rilascio da parte del corpo umano nel sangue di sostanze chiamate “vitalizzanti", che chiamò acroagonine, e tentò di produrle artificialmente inducendo scosse elettriche ad animali con un apparecchio messo a punto dal suo collaboratore Lucio Bini. Iniziarono i primi esperimenti sui maiali e nel marzo 1938 vi fu il primo esperimento di elettroshock su un uomo, uno schizofrenico in stato inviato dal commissariato di Roma alla clinica psichiatrica universitaria. I resoconti del suo lavoro furono presentati prima all’Accademia medica romana e poi al comitato medico del Consiglio Nazionale delle Ricerche, dal quale ottenne l’assegnazione di fondi per l’acquisto e la messa in opera della macchina (9).
Nel 1946 divenne Presidente della Società italiana di psichiatria e nel novembre dello stesso anno fu eletto consigliere comunale a Roma. Nel 1950 il College de Sorbonne dell'Univeristà di Parigi gli conferì la Laurea honoris causa e nel decennio fu candidato al premio Nobel.
Rimasto particolarmente colpito dalle sue vicissitudini relative al brevetto della spoletta, scarsamente riconosciuto, già nelle lettera inviata all’amico Koblinsky nel 1926 (10), Ugo Cerletti aveva promesso di dare scandalo, narrando a giornali e media la situazione nella quale si era venuto a trovare, di geniale inventore, amante della patria ma ostacolato dalle più alte cariche gerarchiche, che nemmeno gli riconoscevano gli sforzi fatti. L’idea di una pubblicazione relativa alla sua vicenda era quindi maturata in tempi remoti e portata avanti fino agli anni Sessanta, quando offrì ad amici e colleghi la lettura del suo romanzo “La mia spoletta” per averne un ritorno d’interesse (11). Non vi fu però tempo per procedere alla correzione e riscrittura del libro a causa della sua morte. Dell’edizione postuma si occupò invece la figlia Margherita che seguì la correzione e la stampa con il titolo “Scoppio differito” edito nel 1977 e successivamente riprodotto nell’anno 2006 all’interno del libro a cura di Bruno Marcuzzo titolato “Scoppio programmato”.
Morì a Roma il 25 luglio 1963 e fu sepolto nel cimitero di Chiavenna.
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