In seguito alla sottoscrizione dell'accordo stipulato il 29 luglio 1709 tra il conte Carlo Ferdinando Lodron, arciprete di Villa Lagarina, e la comunità di Pedersano, insieme a don Domenico Grandi da Persone, cappellano della chiesa di Pedersano, il canonico e vicario generale Costantino Caldonazzi eresse con decreto del 17 agosto 1709 la curazia di Pedersano, confermando l'elezione di don Domenico Grandi a curato di Pedersano.
In base al capitolo quinto dell'accordo, la nomina, o l'eventuale rimozione, del curato spettava alla comunità stessa che doveva scegliere persona idonea e gradita dall'arciprete di Villa, il quale aveva il compito di immetterlo in possesso della cura d'anime (1).
Risale invece al 26 agosto 1709 l'atto con cui la comunità di Pedersano istituì uno "stipendio o sia salario" a favore di don Domenico Grandi, appena eletto curato di Pedersano. Riuniti in pubblica regola, i capifamiglia si obbligarono a garantire annualmente al curato don Grandi e ai suoi successori uno stipendio di 50 ragnesi, con la fornitura di legna, la somministrazione di ostie e del pranzo per il padre predicatore (2).
Nel 1765 la comunità stabilì attraverso un "instrumento di convenzione" (3), rogato dal notaio Giuseppe Chiusole, di obbligarsi a versare annualmente al curato pro tempore di Pedersano, oltre all'onorario, un certo quantitativo di frumento e di uva o, in alternativa, del corrispettivo in denaro, e di impegnarsi, attraverso i massari, nella raccolta della questua di vino, gallette e fascine, riconosciuta anch'essa al curato. La convenzione venne riconfermata con atto del notaio Cristoforo Benvenuti il 25 settembre 1775 (4) e richiamata nell'atto di immmissione in possesso della curazia di don Carlo Antonio Zambotti del 28 settembre 1778 (5).
I capitoli del 1709 che regolarono per oltre un secolo i rapporti fra curato e comunità di Pedersano, vennero sostituiti nel 1836, in occasione della nomina di don Andrea Dusini, con nuovi capitoli, in base ai quali nei giorni festivi il curato doveva celebrare la messa ad un orario favorevole per i fedeli ed insegnare la dottrina cristiana; doveva inoltre cantare il vespro, amministrare i sacramenti, celebrare le funzioni votive e fare le processioni, leggere la Via Crucis nei venerdì di Quaresima e nelle solennità previste e celebrare due messe legatarie il 24 agosto e il 25 novembre, secondo le disposizioni della fondatrice Caterina Todeschi; il curato era inoltre tenuto a benedire le case il sabato santo, assistere alle messe nella chiesa matrice nelle solennità del Corpus Domini, dell'Assunzione e del sabato santo, offrire il pranzo al parroco di Villa nei giorno della festa del titolare di San Lazzaro, e ai membri del coro una volta l'anno. Al curato spettava il diritto di stola bianca e di stola nera, la questua delle fascine e dell'uva, mentre il suo compenso corrisposto dal comune ammontava a 200 fiorini annui, integrati con 25 fiorini annui, a titolo di congrua, a carico della chiesa (6).
Il curato godeva inoltre l'usufrutto di un appezzamento di terra (orto) sito in località Ortolina, lasciato al curato di Pedersano da Caterina del fu Bartolomeo Todeschi, con testamento del 28 maggio 1783, con l'obbligo della celebrazione di due messe annue (24 agosto e 25 novembre) (7).
Con testamento del 21 luglio 1836, don Domenico Grandi aveva inoltre lasciato alla curazia 500 fiorini, con l'obbligo della recita del Rosario due-tre volte alla settimana. Il legato "del Rosario", grazie al quale il curato riceveva 17 fiorini annui, fu eretto con documento dell'8 giugno 1838 (8).
Al curato pro tempore spettava inoltre la somma di 4 fiorini annui per la lettura della Via Crucis il giorno 25 marzo, secondo il legato della "Via Crucis" fondato dalla baronessa Eleonora Fedrigazzi e soddisfatto dai suoi eredi, i baroni Francesco e Sigismondo Moll di Villa Lagarina (9).
La canonica era di proprietà del Comune di Pedersano che ebbe diritto di nomina del proprio curato fino al 1919, quando i capifamiglia decisero di rinunciarvi per trasferirlo in perpetuo all'Ordinariato, in occasione dell'elevazione della curazia a parrocchia.
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