Il beneficio della cura d'anime di Cimone esiste "ab immemorabili": non si conoscono le date della sua fondazione, ma già dal 1537 risulta presente un sacerdote per le comunità di Cimone e Aldeno (1).
Il primo curato di San Giorgio di cui si ha sicura attestazione fu Giovanni Spina da Volano, eletto dalle comunità consorziate di Aldeno e Cimone nell'ottobre del 1580 (2). Il curato abitava nella casa canonica vicina alla chiesa e godeva di un reddito consistente in circa 25 ragnesi provenienti dagli incerti di stola e in 30 stari di cereali quale provento del "maso di San Giorgio" adiacente alla chiesa (3); il Comune, patrono del beneficio, era proprietario del maso e della canonica e provvedeva alle loro manutenzioni.
Don Giovanni Zorzi fu l'ultimo curato delle comunità di Cimone e Aldeno: il beneficio della curazia di San Giorgio gli fu conferito nel 1702; il suo reddito annuale, formato in parte da denaro e in parte dai proventi del maso (frumento, segale, vino), era gravato dalla celebrazione di alcune messe, dalla corresponsione del vitto ai predicatori quaresimali e dei pasti ai cantori nei giorni festivi (4). In occasione della visita pastorale del 1708 il curato sottolineò la necessità di far eseguire dalla comunità alcuni lavori di riparazione nella canonica "specialmente la stuffa che minaccia rovina [...] e il tetto pure col resto della casa è in pessimo stato" (5).
Nel novembre del 1719 i due paesi si separarono ecclesiasticamente andando a formare ognuno la rispettiva curazia. Il vescovo Giovanni Michele Spaur aveva concesso lo smembramento della cura d'anime di Aldeno dalla matrice Cimone vincolandolo alla formazione, per ogni comunità, di una dote per il congruo mantenimento del rispettivo curato: Cimone mantenne il maso con le sue entrate e i legati e le messe legatarie fondati nella chiesa di San Giorgio.
Secondo la transazione che le due comunità avevano stipulato il 25 settembre 1719 (6), Aldeno era tenuta anche a corrispondere alla comunità di Cimone, una tantum, un capitale di 300 ragnesi a titolo di contributo per il mantenimento del curato.
La comunità di Cimone nominò nel 1720 come proprio curato don Francesco Inzigneri; l'elezione del curato spettava alla comunità convocata in pubblica regola e i votanti dovevano essere più dei due terzi dei componenti della comunità stessa.
Il comune, patrono del beneficio, contribuiva al mantenimento del curato con le entrate derivanti dal maso di San Giorgio, maso di cui il curato pro tempore risultava usufruttuario e che come tale agiva anche nella stipulazione dei contratti di locazione insieme ai rappresentanti comunali: insieme "danno, concedono e locano ... un maso consistente in terreno arativo, vitato e morrato, con boschiva cedua, pascolivo e grezzivo tutto in un corpo ... con entrovi una casa di abitazione ... In questo corpo trovasi unito il vecchio cimitero nonché la vecchia chiesa di San Giorgio i quali non sono compresi in questa condotta e rimangono di proprietà di questo Comune. Questo maso che è sito entro il circondario di Cimone è nominato a San Giorgio" (7).
Il Comune metteva inoltre a disposizione del curato la casa canonica provvista di tutto l'occorrente, compreso un piccolo orto, e provvedeva alle spese per la sua manutenzione.
Nel 1895 don Francesco Baffetti, ricevendo in consegna i beni della curazia, dichiarò: "Casa canonicale in ottimo stato ... (segue elenco dei mobili); maso beneficiale a San Giorgio affittato a Piffer Paolo per fiorini annui 251 con casa ..." (8).
Don Giacomo Baffetti, subentrato allo zio nella cura d'anime nel 1910, nel suo atto di consegna ebbe a dichiarare: "Casa canonicale in ottimo stato ... (segue elenco dei mobili); Maso beneficiale a San Giorgio con casa crollata e presentemente disabitata; il maso pure lascia da desiderare nella coltura; il maso da 23 anni circa nella coltura è piuttosto manchevole" (9).
Durante la prima guerra mondiale il beneficio di San Giorgio subì importanti danni e nel gennaio 1920, sulla richiesta per ottenere i risarcimenti di guerra, don Baffetti scrisse che nella sua veste di curator d'anime del comune di Cimone egli godeva, a titolo di completamento di congrua, di un beneficio situato nella località detta "S. Giorgio" e che tale beneficio consisteva "d'una parte boschiva e di un'altra arativa nel mezzo della quale esisteva una casa rustica per il colono, che doveva coltivare e sorvegliare detto beneficio. Allo scoppio della guerra coll'Italia la parte boschiva fu letteralmente tagliata, quella arativa fu assai danneggiata per costruzioni di trincee e reticolati, e purtroppo anche la casa colonica fu abbattuta" (10) .
Dal 1916 fino a tutto il 1926 il beneficio comportò solo spese e gli indennizzi ottenuti per la ricostruzione della casa colonica si rivelarono insufficienti; il beneficio venne comunque gradatamente messo a coltura, con impianti di gelsi e di alberi da frutto.
Nel 1932 il parroco Giacomo Baffetti fece eseguire una stima del beneficio parrocchiale di Cimone: i periti esposero la stima dei fondi arativi, dei boschi, dei pascoli e della casa con le relative pertinenze per una somma complessiva di Lire 71.492,30. Sullo stato patrimoniale del beneficio si legge inoltre che non vi sono beni mobili e che tra i diritti utili rientravano l'usufrutto della canonica, le quote corrisposte dal Comune per il quaresimalista, per il completamento di congrua e per il mantenimento del cooperatore; tra gli oneri vi erano il pranzo ai cantori e a circa 12 persone nel giorno del titolare, il mantenimento del cooperatore e del quaresimalista, spese di matricole e di imposte (11).
Nel 1940 la rendita della proprietà agricola del beneficio era costituita solo da fieno e patate.
Al parroco spettava l'usufrutto della casa canonica (12) e la legna per il suo fabbisogno annuo. Fin dal suo arrivo, nel 1955, il parroco don Emilio Ceolan cominciò a lamentare la mancata consegna della quantità di legna spettante, legna che a suo dire, gli veniva portata dal mezzadro del maso di San Giorgio in ritardo e sempre verde.
Il consiglio comunale di Cimone, con sua deliberazione n. 31 in data 10 luglio 1955, decise di chiedere l'autorizzazione per la locazione quinquennale del maso "San Giorgio" di proprietà del beneficio parrocchiale di Cimone e di conseguenza la concessione al parroco di un adeguato contributo. Parroco e Curia vescovile aderirono alla proposta e dietro i consigli della Giunta provinciale venne trovata l'adeguata soluzione: il Comune prendeva in affitto il maso e il parroco lasciava facoltà al Comune di subaffittare. I locatari, intenzionati a rinnovare la locazione in subaffitto con il Comune, si obbligarono di fornire al parroco la legna da ardere in quantità sufficiente al fabbisogno annuo della canonica come lo era stato nel passato. Il Comune si assunse l'impegno di versare al parroco pro tempore, quale titolare del beneficio parrocchiale, un contributo annuo di L. 50.000 assumendosi inoltre l'obbligo di coltivare o far coltivare il terreno e di apportarne migliorie; ogni innovazione era comunque subordinata alla preventiva autorizzazione del parroco (13).
In applicazione della legge n. 222 del 20 maggio 1985 e in seguito ai DD.MM. del 21 marzo 1986 e 30 dicembre 1986 (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 24.01.1987), a decorrere dal 24 gennaio 1987 l'ente "Beneficio parrocchiale di San Rocco" ha perso la personalità giuridica civile.
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