Situato nella zona nord-orientale del Trentino, ai confini con la provincia di Belluno, il Primiero è una piccola valle alpina solcata dal torrente Cismon, delimitata a nord-est dal gruppo dolomitico delle Pale di S. Martino, a sud-est e a sud dalla catena delle vette feltrine, a ovest dalla catena del Lagorai. Confina a nord con le valli di Fassa e Fiemme, raggiungibile attraverso il passo Rolle, a est con l'Agordino, attraverso il passo Cereda, a ovest con la conca del Tesino, attraverso il passo Brocon, a sud l'accesso al Feltrino e alla pianura veneta è garantito dalla gola dello Schener. La sua particolare conformazione orografica ha comportato nel corso dei secoli lo sviluppo dei rapporti del Primiero con Feltre e con il Veneto da un lato, con il Tirolo dall'altro, contesa da ambo le parti per le sue ricchezze (boschi e miniere) e per il controllo dei suoi valichi (1).
Infatti per quanto riguarda la giurisdizione ecclesiastica, fino al 1786, anno in cui l'imperatore Giuseppe II ordinò il passaggio alla diocesi di Trento, il Primiero era sottomesso al vescovo di Feltre che estendeva "in spiritualibus" la sua giurisdizione anche in Valsugana fino alle porte di Trento.
Il dominio politico, invece, dopo un periodo sotto l'Austria passò definitivamente ai baroni di Welsperg, originari dall'omonimo castello presso Monguelfo in val Pusteria, che nel 1401 vennero infeudati della giurisdizione e governarono il Primiero fino alla metà dello scorso secolo. Essi riuscirono a trasformarlo in una ricca signoria ereditaria controllando le attività mercantili, il commercio del legname, il nodo dei dazi, le cacce, le pesche, i pascoli e l'attività mineraria. L'interesse dei Welsperg per le risorse forestali della valle era fortemente intrecciato con la scoperta dei giacimenti minerari di ferro, argento, piombo e rame il cui sfruttamento era iniziato proprio con la nuova dominazione.
L'attività mineraria era destinata anche a modificare sensibilmente l'assetto economico e demografico di Primiero: da una parte furono incrementati i rapporti commerciali con la Repubblica veneta, dall'altra l'afflusso di numerosi minatori e mercanti tirolesi portò alla fondazione di un nuovo villaggio, Fiera, destinato a divenire nel corso del XVI secolo il centro più importante della valle. Con la scoperta delle miniere cambiò anche la situazione della popolazione poiché numerosi furono i minatori tedeschi che accorsero in valle, soprattutto i "canopi di Schwaz", ricercati e competenti, che ottennero le concessioni per lo sfruttamento delle risorse minerarie. Ad essi va attribuita l'infiltrazione di termini linguistici tedeschi nel dialetto locale e i numerosi cognomi nordici delle famiglie (2).
Con l'occupazione francese e i governi provvisori la giurisdizione seguì due criteri accentratori differenti. Il Governo Bavaro la aggregò al Giudizio Distrettuale di Cavalese (1807), il Governo italico invece al Dipartimento della Piave viceprefettura di Feltre. Ritornato il Trentino all'Austria, Vienna ricostituì il Giudizio patrimoniale di Primiero del conte Welsperg. In seguito divenne, nel 1918, sede di Capitanato distrettuale.
Dal punto di vista dell'organizzazione ecclesiastica, a partire dal IX secolo l'Italia centro-settentrionale veniva caratterizzandosi per la diffusione del sistema pievano, ossia la suddivisione delle diocesi in territori minori, dipendenti da una chiesa di diritto vescovile, alla quale tutti i fedeli aggregati a un territorio erano obbligati a fare riferimento per ricevere i sacramenti e partecipare alle celebrazioni religiose (matrimoni, sepolture, raccolta delle decime, celebrazioni liturgiche solenni, processioni, rogazioni). Eventuali chiese di diritto privato, che si trovavano entro i confini della pieve, dovevano a loro volta fare riferimento alla chiesa pievana di diritto vescovile; quest'ultima aveva un suo proprio clero (vi erano anche pievi collegiate, ossia rette da gruppi di religiosi) presieduto da un "archipresbiter" (arciprete, pievano) che aveva la facoltà di mandare nelle cappelle "esposte" un sacerdote per garantire, anche nei territori più lontani dalla chiesa principale, almeno qualche servizio fondamentale della cura pastorale (per esempio la predicazione, benedizioni, celebrazione di liturgie in occasioni particolari).
Nel termine medievale "plebs", poi "pieve", si fondevano quindi tre elementi: una realtà di fedeli, un edificio sacro e un territorio sul quale il pievano esercitava il potere spirituale. La Valsugana aveva seguito questa trasformazione e riorganizzazione ecclesiastica e non vi sono motivi di dubitare che questo processo abbia interessato anche il Primiero, dipendente come la Valsugana dalla diocesi di Feltre (3).
Non ci sono informazioni certe sulle origini della chiesa di Fiera, perché i relativi documenti conservati nell'archivio vescovile di Feltre sono andati perduti causa un incendio (4).
La prima documentazione che attesta l'uso del termine "plebs" riferito a quella che poi sarebbe diventata Fiera risale al 1206; la chiesa, posta al centro della valle, era ben disposta nella geografia delle altre realtà insediative, poco distante dalla via che da Feltre, attraverso il Primiero e toccandone i paesi principali, portava all'ospedale dei Santi Martino e Giuliano a Castrozza e quindi verso la val di Fiemme. La chiesa dedicata a Santa Maria sorgeva quindi al centro di un insediamento che per due secoli venne definito semplicemente "Plebs" o "Villa plebis"; il nome di Fiera sarebbe stato utilizzato solo a partire dalla seconda metà del Quattrocento quando la "Plebs" cominciò ad essere indicata come il luogo del Primiero dove si teneva il mercato annuale di San Michele (29 settembre) e quello di fine marzo (5).
Per quanto riguarda il territorio sottoposto alla pieve di Fiera, già all'inizio del Trecento i centri abitati del Primiero dimostrano di avere delle proprie chiese, che ancora dipendenti dalla matrice di Santa Maria Assunta, cercavano tuttavia di guadagnare una propria autonomia, piena o parziale, nella celebrazione dei sacramenti, nella scelta dei sacerdoti e nella gestione dei propri beni.
La rubrica LII degli statuti della comunità di Primiero del 1367, il cui nucleo principale può esser fatto risalire all'inizio del Trecento, proibisce infatti di portare armi nelle festività religiose dedicate a san Bartolomeo, san Pietro, san Giorgio, san Marco e san Lucano, ossia nelle feste di quei santi ai quali sono dedicate le chiese del territorio di Primiero: san Bartolomeo patrono di Canal San Bovo, san Pietro (con san Paolo) patrono della chiesa di Imer, san Giorgio patrono della chiesa di Mezzano e san Lucano tra i protettori di Siror (6). Questo progressivo distacco, che aveva avuto esiti favorevoli nella gran parte delle chiese minori nel corso del Medioevo, nella valle del Primiero sarebbe tuttavia arrivato molto tardi, poiché la chiesa di Santa Maria della pieve di Fiera era riuscita a mantenere il suo ruolo centrale nell'organizzazione e nel controllo delle cappelle sorte sul territorio. Solo nel corso dell'età moderna queste chiese ottennero il titolo curaziale, un proprio sacerdote e la possibilità di celebrare i sacramenti e solo in età contemporanea ottennero il titolo parrocchiale e si svincolarono completamente dalla chiesa matrice di Fiera (7).
Nel 1460 circa, quando la vecchia chiesa parrocchiale, situata nel villaggio di Pieve, per la "moltiplicazione del popolo era diventata troppo angusta e per la sua antichità abbisognava di essere rifatta" (8), per interessamento dei canopi si iniziò la costruzione della nuova chiesa parrocchiale che accanto al palazzo del magistrato minerario andò formando un nuovo centro vicino alla Pieve antica. La chiesa parrocchiale fu dedicata a Santa Maria con il titolo principale dell'Assunzione di Maria Vergine.
Il 17 maggio 1642 il vescovo di Feltre Zerbino Lugo, durante una visita pastorale nella canonica di Primiero, elevava la chiesa parrocchiale ad arcipretura.
Nel 1661 l'arcipretura fu assunta da don Nicolò Inama di Fondo che la resse per 23 anni. Sotto i suoi auspici sorse in Fiera la nuova Chiesa dell'Aiuto col titolo della Madonna della Consolazione.
L'avvenimento epocale nella storia della chiesa fu il passaggio dalla dipendenza dalla diocesi di Feltre alla diocesi di Trento, che si inserì nella politica dell'assolutismo illuminato del governo austriaco.
All'interno del disegno dell'imperatore Giuseppe II di sottomettere la Chiesa allo Stato, un territorio soggetto al suo dominio che fosse, dal punto di vista ecclesiastico, dipendente da un vescovo di uno stato diverso, non era accettabile. Così il 6 dicembre 1783 l'imperatore mandò un decreto al vescovo di Trento che ingiungeva di estendere la giurisdizione spirituale sopra "quella piccola parte del vescovado di Feltre" in modo da far coincidere il confine politico con quello ecclesiastico. Le difficoltà opposte dal vescovo di Feltre erano in massima parte di natura economica: egli non voleva perdere i suoi diritti sui feudi e sugli affitti delle malghe. Il problema fu risolto con un compenso annuo.
Il 23 agosto 1785 la congregazione concistoriale emanava il decreto di incorporazione al vescovado trentino dei paesi indicati "Primier con Canal S. Bovo" che venne approvato dal governo il 12 marzo 1786. Pochi giorni dopo, il 18 marzo, il vescovo di Trento pubblicava una pastorale in merito, la quale doveva servire come documento di attuale possesso per i parroci e per i curati. In tal modo, dopo tanti secoli, la diocesi estendeva i suoi limiti alla zona del Cismon, staccata così definitivamente dai contatti con le terre venete (9).
La parrocchia di Fiera è sede di decanato del Primiero con Transaqua, Tonadico, Siror, Sagron Mis, Mezzano, Imer e San Martino di Castrozza e con il sottodecanto del Vanoi.
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