La legge 17 luglio 1890, n. 6972 sulle istituzioni pubbliche di beneficenza istituiva in ogni comune "una congregazione di carità con le attribuzioni che le sono assegnate dalla presente legge. Alla congregazione di carità saranno devoluti i beni destinati ai poveri giusta l'art. 832 del codice civile" (art. 3). Le istituzioni pubbliche di beneficenza individuate dall'art. 1 ("opere pie ed ogni altro ente morale che abbia in tutto od in parte per fine: a) di prestare assistenza ai poveri, tanto in istato di sanità quanto di malattia; b) di procurarne l'educazione, l'istruzione, l'avviamento a qualche professione, arte o mestiere, od in qualsiasi altro modo il miglioramento morale ed economico"), secondo l'art. 4, "sono amministrate dalla congregazione di carità o dai corpi morali, consigli, direzioni od altre amministrazioni speciali istituite dalle tavole di fondazione o dagli statuti regolarmente approvati".
Secondo l'art. 4 "Le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza sono amministrate dalla congregazione di carità o dai corpi morali, consigli, direzioni ed altre amministrazioni speciali istituite dalle tavole di fondazione o dagli statuti regolarmente approvati".
La Congregazione doveva curare gli interessi dei poveri del Comune ed assumerne rappresentanza legale (art. 7), promuovendo anche "i provvedimenti amministrativi e giudiziari di assistenza e di tutela degli orfani e minorenni abbandonati, dei ciechi e dei sordo-muti poveri, assumendone provvisoriamente la cura nei casi di urgenza" (art. 8).
Relativamente all'amministrazione, "Le somme eccedenti i bisogni ordinari debbono essere depositate ad interesse presso le casse di risparmio postali, ovvero presso altro istituto di credito o risparmio, designato dalla rappresentanza dell'istituto di beneficenza coll'approvazione della giunta provinciale amministrativa" (art. 23).
Gli articoli successivi si occupavano della messa a frutto dei beni: "I beni immobili delle istituzioni pubbliche di beneficenza devono di regola essere dati in affitto colle forme fissate dal regolamento. Pei beni rustici devesi aver riguardo, secondo la natura della coltivazione, alle consuetudini locali" (art. 27). "Le somme da investirsi debbono essere impiegate in titoli del debito pubblico dello Stato, o in altri titoli emessi o garantiti dallo Stato. Ove i titoli non siano nominativi debbono essere depositati, se e come verrà determinato caso per caso dalla giunta provinciale amministrativa. Le somme suddette possono tuttavia, con l'autorizzazione della giunta amministrativa, essere impiegate nel miglioramento del patrimonio esistente, nei casi nei quali sia evidente la maggiore utilità di tale impiego" (art. 28).
Nella Congregazione erano concentrate anche le istituzioni elemosiniere, nonché "i fondi delle altre istituzioni che siano destinati ad elemosina, fatta eccezione per quelli che servano ad integrare o completare altra forma di beneficenza esercitata da istituzione non sottoposta a concentramento" (art. 54). In tale occasione "si procederà alla revisione degli statuti e dei regolamenti delle istituzioni elemosiniere, nell'intento di coordinare l'erogazione delle rendite destinate ad elemosine" (art. 55). Erano inoltre concentrate nelle Congregazioni di carità: "a) le istituzioni pubbliche di beneficenza esistenti nel comune che non abbiano una rendita netta superiore a 5000 lire [20.000 lire secondo la modifica del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 2841, art. 28]; b) le istituzioni pubbliche di beneficenza di qualunque specie a beneficio degli abitanti di uno o più comuni che, insieme riuniti, abbiano meno di 10 mila abitanti; c) le istituzioni pubbliche di beneficenza esistenti nel comune, delle quali sia venuta a mancare e quelle per le quali non si possano costituire l'amministrazione e la rappresentanza per difetto di disposizioni nell'atto di fondazione" (art. 56). Potevano anche essere concentrate nella Congregazione altre istituzioni di beneficenza esistenti nel Comune (art. 57), mentre a norma dell'art. 59 non erano soggetti al concentramento gli istituti per i bambini ed i brefotrofi, gli asili e istituti per l'infanzia, gli ospedali e manicomi fondati a beneficio di uno o più comuni con non meno di 5000 abitanti, gli istituti per l'istruzione ed educazione femminile, quelli di ricovero per vedove, nubili ed inabili, i riformatori e le case di correzione, gli istituti di beneficenza mantenuti con volontarie sottoscrizioni. "Tuttavia gli istituti che al giorno della pubblicazione della presente legge sono amministrati dalla congregazione di carità, continueranno ad essere amministrati dalla congregazione stessa" (art. 59).
Potevano essere escluse dal concentramento "quelle istituzioni, anche elemosiniere, le quali, avuto riguardo alla rilevanza del loro patrimonio, all'indole loro o alle speciali condizioni nelle quali esercitano la beneficenza, richiedano una separata amministrazione", fermo rimanendo, per le istituzioni elemosiniere, l'obbligo di revisione di statuti e regolamenti (art. 60).
L'art. 99 del regolamento amministrativo approvato con regio decreto 5 febbraio 1891, n. 99 chiariva che "Le proposte per provocare i provvedimenti di riforma indicati dalla legge debbono avere per iscopo: 1. l'economia o riduzione di spese d'amministrazione e di personale; 2. la maggiore e più efficace vigilanza e tutela da parte delle competenti autorità; 3. il più proficuo e sicuro adempimento del fine di ciascuna istituzione, tenuto conto dei mezzi di cui può disporre; 4. il coordinamento più razionale delle varie forme di beneficenza fra loro e col fine generale e collettivo della beneficenza; e la trasformazione delle istituzioni aventi scopi molteplici a quelli fra essi che presentano maggiore utilità, in proporzione dei mezzi di cui può disporre".
Il regio decreto 22 aprile 1923, n. 982 all'art. 6 affermava, ricordando che "I fondi di beneficenza, attualmente amministrati dai Comuni e dagli altri Enti sopraindicati, saranno concentrati nella Congregazione di carità":
"Tutti gli Istituti di beneficenza attualmente amministrati dai Comuni, dalle Provincie o da altri Enti od organi pubblici, dovranno, entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto, essere affidati, previa, ove occorra, l'erezione in Ente morale, a speciali Amministrazioni autonome, quando non ricorrano gli estremi previsti dalla legge 17 luglio 1890, n. 6972, per il concentramento nella Congregazione di carità o per il raggruppamento sotto unica Amministrazione. I fondi di beneficenza, attualmente amministrati dai Comuni e dagli altri Enti sopraindicati, saranno concentrati nella Congregazione di carità".
Il regio decreto 30 dicembre 1923, n. 2841, rifomante la legge 17 luglio 1890, n. 6972, all'art. 31 riportava (sostituendo l'art. 62 di quella legge):
"Le riforme degli statuti organici e delle amministrazioni, le fusioni e le mutazioni del fine delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza sono proposte dall'amministrazione interessata, o dalla congregazione di carità, o dal consiglio comunale", ed il provvedimento adottato con decreto reale sentito il parere della Giunta provinciale amministrativa.
La legge 17 giugno 1926, n. 1187, all'art. 6, così sostituiva gli artt. 56 e 57 della legge 17 luglio 1890, n. 6972:
"Nell'intento di rendere più semplice e più economica l'amministrazione, di facilitarne il controllo e di procurare che riescano più efficaci la assistenza e la beneficenza, può essere concentrata nelle Congregazioni di carità qualsiasi istituzione di assistenza e di beneficenza esistente nel Comune, e particolarmente le istituzioni che non abbiano una rendita netta superiore a 20,000 lire o che siano a beneficio degli abitanti di uno o più Comuni, i quali, riuniti insieme, abbiano meno di 10,000 abitanti, e quelle di cui sia venuta a mancare o per le quali non si possono costituire l'Amministrazione e la rappresentanza per difetto di disposizioni nell'atto di fondazione.
Se trattasi di istituzione a beneficio degli abitanti di più Comuni, il concentramento ha luogo nella Congregazione di carità del Comune nel quale l'istituzione ha la sua sede principale.
Il concentramento è promosso dal Prefetto o dal Sottoprefetto o dagli Enti interessati previo parere conforme della Giunta provinciale amministrativa e udito l'ordinario diocesano qualora lo richiedano le tavole di fondazione o il carattere pio della istituzione".
Tra le fondazioni che vennero in questo periodo concentrate nella Congregazione di carità di Trento vi è la fondazione Barone Giovanni Cresseri (1884, ma attiva dal 1904) e Conte Pietro Consolati (1905), costituita da sovvenzioni per giovani artigiani e da un finanziamento per l'invio di bambini poveri scrofolosi alle cure marine: passò alla Congregazione nel 1925.
Si ricorda poi che la Congregazione di carità di Trento si trovò ad amministrare, in seguito all'accorpamento al Comune di Trento degli ex Comuni di Cadine, Cognola, Gardolo, Mattarello, Meano, Povo, Ravina, Romagnano, Sardagna e Villazzano (regio decreto 16 settembre 1926, n. 1789) e Sopramonte (regio decreto 4 novembre 1926, n. 1858), le fondazioni fino a quel momento amministrate da quelle Congregazioni di carità.
Lo statuto organico della Congregazione di carità di Trento del 1930, oltre a riportare (art. 1) le leggi che disciplinavano l'ente (legge 17 luglio 1890, n. 6972, legge 18 luglio 1904, n. 390, rispettivi regolamenti, regio decreto 4 febbraio 1923 n. 214, regio decreto 30 dicembre 1923, n. 2841, legge 17 giugno 1926, n. 1187 e legge 4 marzo 1928, n. 413), recitava all'art. 2:
"La Congregazione di carità:
1) cura gli interessi dei poveri, e ne assume la rappresentanza legale così davanti all'Autorità amministrativa come davanti all'Autorità giudiziaria;
2) amministra gli istituti ed i beni che le sono affidati per erogarne le rendite secondo le norme stabilite dalla legge, dagli statuti, dalle tavole di fondazione, e dalla volontà degli oblatori;
3) promuove i provvedimenti amministrativi e giudiziari di assistenza e di tutela degli orfani e minorenni abbandonati, dei ciechi e dei sordomuti poveri, assumendone provvisoriamente la cura in casi di urgenza".
La Congregazione di carità, secondo l'art. 3, provvedeva al conseguimento dei suoi fini:
"1) con le rendite del patrimonio che possiede in proprio, il quale, giusta l'ultimo inventario, ascende al netto a £ 507.353.90 provenienti da lasciti e oblazioni senza scopo determinato;
2) con le somme assegnate da Enti pubblici e con le rendite dei beni donati o lasciati genericamente ai poveri, quando non venga determinato l'uso o l'istituto di beneficenza a cui favore l'elargizione sia fatta, o quando la persona incaricata di determinarli non possa o non voglia accettare o disimpegnare l'incarico;
provvede poi al conseguimento del fine di ciascuna delle opere pie poste alla sua dipendenza con i redditi derivanti dal patrimonio di ciascuna di esse, il cui ammontare è determinato nei rispettivi inventari".
All'art. 4 venivano indicate le istituzioni di beneficenza dirette ed amministrate dalla Congregazione di carità di Trento.
L'art. 19 stabiliva i modi d'impiego delle somme da investire:
"1) nell'affrancazione di prestazioni perpetue redimibili, legalmente accertate;
2) in titoli del debito pubblico dello Stato o in altri titoli emessi e garantiti dallo Stato;
3) in cartelle emesse da Istituti italiani di credito fondiario in conformità all'art. 17 della legge 22 dicembre 1905 n. 592;
4) nel miglioramento del patrimonio esistente, previa l'autorizzazione tutoria;
5) in mutui per la costruzione e l'acquisto di case popolari, ai sensi dell'art. 1 del testo unico delle leggi per le case popolari e l'industria edilizia approvato con R. D. L. 30 novembre 1919 n. 2318".
Un'appendice di 5 articoli (A-D) riportava le "Norme da osservarsi per la erogazione della beneficenza dotalizia".
Espandi il testo
Comprimi il testo