Gli uomini e la magnifica comunità di Pieve Tesino, avendo inteso da diversi predicatori e specie da P. Mora genovese dell'ordine di S. Francesco de Paola, dimorante in Venezia, che quell'anno aveva fatto il quaresimale a Pieve, quanto spiaccia a Dio il ballare e l'andare in maschera, uso già allora molto in voga in quel paese, con detrimento delle anime e causando risse, inimicizie, odi e spesso la morte, "statuiscono, regulano, espressamente comandano e proibiscono": 1° che nessuno, uomo o donna, terriero o forestiero, non ardisca in Pieve ballare e metter la maschera, né in privato, neppure in occasione di nozze; né andare in giro la notte per la villa danzando con sanatori e gridando e facendo "maitinate," pena un fiorino da troni quattro per ciascuno, di un terzo va a beneficio della Confraternita del SS. Sacramento, un terzo alla Scuola del Rosario istituita presso la chiesa parrocchiale, e l'altro terzo alla fabbriceria della chiesa dei SS. Fabiano e Sebastiano in Pieve; 2° la stessa pena colpirà i sanatori, come pure 3° chi inciterà o presterà modo di ballare ecc. e 4° che risulterà dalla testimonianza anche di un solo testimonio degno di fede avere ballato o essere andato in maschera; 5° durante gli uffici divini o le processioni è proibito a' bettolieri ospitar chisisia, eccetto i forestieri, sotto la stessa pena da pagarsi tanto dall'oste che contravviene a tal divieto, quanto dalle persone da lui ospitate; 6° ogni contravventore sia obbligato a pagar subito; e il padre sia punito per il figlio, salve s'intende le ragioni della Superiorità