Al METS tempo di premiazioni
Venerdì 12 dicembre conferito il Premio “I racconti della montagna. Per un nuovo umanesimo dello spazio alpino”
Il Premio, giunto alla seconda edizione, si propone di valorizzare racconti brevi che esplorano l’ambiente alpino nelle sue dimensioni sociali, naturali e culturali, offrendo nuovi sguardi sul territorio e sulle comunità montane.
Quest’anno il primo premio è andato a Viviana Brugnara con L’ombra che resta, un racconto intenso e maturo che intreccia dimensione umana e collettiva, dove la montagna è personaggio vivo, custode di valori antichi e di un equilibrio che parla al presente, ricordandoci che responsabilità e coraggio possono ancora aprire strade nuove per il futuro. Unanime la scelta della Giuria, composta da Luciano Azzolini, Leonardo Bizzaro, Matteo Melchiorre, Sara Segantin e Daniele Zovi.
Secondo premio a Gabriele Bordogna con L’ultima: un racconto lucido ed essenziale che, attraverso l’attesa immobile di uno skilift obsoleto e un’ultima discesa al tramonto, racconta con forza discreta la fine di un’epoca e il cambiamento che stiamo vivendo.
Terzo premio a Luigi Patuzzi con Niente che non si possa risolvere: un racconto sull’immigrazione e le contraddizioni della montagna contemporanea, tra problemi ereditati dalla città, entusiasmo che resiste e un futuro sospeso, con l’ombra delle Olimpiadi a spegnere l’ottimismo.
Il 29 novembre si è invece svola la cerimonia di premiazione della prima edizione del “Premio Giuseppe Šebesta per il cinema antropologico”, bandito dal Museo etnografico trentino San Michele con l’obiettivo di stimolare dibattiti e riflessioni sui grandi temi del presente attraverso lo strumento dell’antropologia visuale.
Dei quasi 1900 film iscritti al concorso la Giuria, formata da Martina Parenti, Massimo d’Anolfi, Ivelise Perniola, Patrizia Quattrocchi e Luca Ferrario, dopo un’attenta e approfondita analisi ha decretato i seguenti vincitori:
per la categoria cortometraggi Between salt and sky di Felipe Rosa, un film che, attraverso una fotografia curata e una narrazione fluida, ci immerge nelle sfide di una comunità indigena che cerca di mantenere la propria identità in un mondo in rapida trasformazione, sollevando questioni cruciali sul futuro delle culture tradizionali e sul costo umano del progresso; per la categoria medio e lungometraggi Nel tempo di Cesare di Angelo Loy, un lavoro che quasi miracolosamente trasforma una ricerca accademica in un oggetto filmico sorprendente. Un’opera a più tappe temporali che riesce a riflettere sulla vitalità e sulla fine di un mondo, sugli spazi ai margini della città e sul fiume che inesorabilmente tutto trasforma.
Un film autentico, trasparente, che mostra cose vere con immagini nuove. Gioia, dolore, ironia, morte disegnano più percorsi esistenziali, sempre osservati con sguardo dolcissimo da un autore che ama e ci fa amare tutti i suoi protagonisti.
16/12/2025