Il mostro della laguna nera
Uomo/animale: incontri tra generi
Cinema
Stati Uniti, 1954
Titolo originale: Creature from the Black Lagoon
Genere: Fantastico
Durata: 79'
Regia: Jack Arnold
Cast: Richard Carlson, Julie Adams, Richard Denning, Antonio Moreno, Whitner Bissell, Nestor Paiva, Ricou Browning
Dell'evoluzione dall'anfibio all'uomo c'è chi si è perso qualche passaggio. Ma ogni ibrida Bestia è destinata a conoscere una sua Bella.
Una spedizione risale il Rio delle Amazzoni alla ricerca di un misterioso essere anfibio, di cui sono stati scoperti i resti fossili. Dopo alcuni giorni di ricerche, la spedizione si sposta in una laguna,dove trova un esemplare vivo della creatura. Catturato, l'Uomo Pesce fugge e semina morte e terrore.
UNA CREATURA DI PASSAGGIO
di Vivian Sobchack
Nello stesso periodo in cui vengono realizzati film che celebrano l'Uomo, le sue attività e il concetto generale della sua potenzialità illimitata (gli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta), alcuni registi con molta immaginazione o pochi mezzi economici iniziavano a sgretolarci il terreno sotto ai piedi; nei loro film l'unione prima armoniosa tra l'Uomo e i paesaggi del nostro pianeta si conclude con un divorzio. Cercando località poco costose per ambientarvi i loro film e abbastanza "neutre" da potervi inserire elementi straordinari e fantastici in quello che era, dopotutto, un mondo reale e familiare, registi come Jack Arnold scoprirono il deserto e la spiaggia. Accade che gli elementi straordinari e fantastici - i mostri, i mutanti, gli invasori alieni - passano di fatto in secondo piano quanto a capacità di suscitare soggezione e stupore, a favore dell'impressionante forza visiva dei luoghi stessi. Ciò che suscita lo stupore tremendo e il pessimismo espresso da questi film non è tanto il formicone o il ragno gigantesco, né la Creatura, né l'invasore alieno. Piuttosto, è proprio la superficie terrestre a suscitare sgomento e terrore. Lo spettatore è costretto a riconoscere, seppur inconsciamente, la pochezza e la precarietà della stabilità dell'Uomo, la sua vulnerabilità al vuoto che c'è "qui" come "là fuori", il suo isolamento totale, la caducità del suo corpo e delle sue attività, la spaventosa mancanza di interesse negli occhi di quella che pensava fosse Madre Natura.
In contrapposizione agli altri mondi immaginari creati nei set cinematografici o ai mondi reali urbani talmente pieni dei frutti del nostro progresso da sembrare a misura d'Uomo, il deserto, la spiaggia, la palude esistono come luoghi dove nascono o si nascondono le cose che minacciano di distruggerci, e diventano quindi zone ostili di una Terra un tempo materna nei confronti dell'Uomo. Partendo da premesse opposte a quelle dei film che riducono ottimisticamente le immensità e le incertezze dello spazio alla prospettiva vista da un'automobile intergalattica, i film che ci mostrano l'"alterità" del mondo in cui viviamo realmente espandono i limiti definiti e certi di una macchina che corre su un'autostrada, serpeggiando attraverso il deserto o un lungo tratto solitario di strada costiera, in un viaggio attraverso un vuoto infinito e ostile. Quando la Terra che ci ha nutrito ci minaccia, siamo davvero perduti nello spazio.
Film come Il mostro della laguna nera ci dicono che la Terra non è parte di noi, non ci riconosce nemmeno. Ci portano lontano dalle nostre strutture più grandi, le città e i grattacieli che solitamente spezzano il vuoto inquietante dell'orizzonte. La nostra civiltà e il suo apparato tecnologico sono rappresentati al massimo da un paese di provincia sull'orlo di un abisso. Guardando questi film con i loro numerosi campi lunghi dove le figure umane si muovono simili a insetti, e la presenza insistente di un paesaggio insondabile, siamo costretti ad assumere una visione pessimistica del valore del progresso tecnologico e della capacità dell'Uomo di essere padrone del proprio destino. Ci vediamo - normali, umani, spaventosamente mortali - stagliarci contro un paesaggio impassibile e disadorno che rifiuta ogni forma di gentilezza antropomorfica che noi cerchiamo di attribuirgli.
Ne Il mostro della laguna nera la cinepresa trasforma la bellezza idilliaca della superficie dell'acqua in una palude primigenia, dove il mostro si muove con eleganza, nuotando con grazia e forza, a suo agio in un ambiente in cui l'Uomo diventa assurdamente goffo con indosso le pinne e la maschera a ossigeno. La profondità della laguna getta l'Uomo - e lo spettatore nella consapevolezza del proprio isolamento, del fatto di non avere una dimora. Questa sensazione che l'Uomo non abbia dimora, che non sia altro che una creatura di passaggio sul pianeta, viene portata sullo schermo in molti dei film dove i personaggi sembrano non avere nemmeno la forza di stabilirsi definitivamente su un terreno ostile. Ne Il mostro della laguna nera i personaggi vivono su una barca che galleggia fragile sulla superficie di un mondo sconosciuto.
(tratto da: Vivian Sobchack, Spazio e tempo nel cinema di fantascienza. Filosofia di un genere hollywoodiano, Bologna, Bonomia University Press, 2002)
JACK ARNOLD
Jack Arnold (1916-1992) è il più famoso tra i maestri-artigiani della fantascienza americana degli anni Cinquanta. All'interno del genere, ha realizzato Destinazione Terra (1953), Tarantola (1955), Radiazione BX Distruzione Uomo (1957). Ha anche dato un seguito al successo de Il mostro della laguna nera con La vendetta del mostro (1955), con cui completa il ricalco della storia di King Kong. Al di fuori del genere fantascientifico, va ricordata la sua commedia satirica Il ruggito del topo (1959).