Al MUSE nasce il Giardino dell’Uva

Il vigneto sostenibile realizzato all'interno degli Orti della biodiversità del Museo

MUSE - Museo delle Scienze e Cantina Endrizzi presentano il "Giardino dell'Uva", il vigneto sostenibile realizzato all'interno degli Orti della biodiversità del Museo.
L'inaugurazione è stata accompagnata da una tavola rotonda con esperti del settore sugli scenari di viticoltura sostenibile in Trentino tra presente e futuro. Al convegno, moderato da Aurora Endrici, comunicatrice e Donna del Vino, hanno preso parola Michele Lanzinger, direttore del MUSE, Paolo Endrici, titolare Endrizzi, cantina promotrice del progetto Rocciamadre e Giardino dell'Uva, Attilio Scienza, professore presso Università di Milano ed esperto di viticoltura sostenibile e Marco Stefanini, coordinatore del progetto viti resistenti della Fondazione Edmund Mach.
"Trentino, sostenibilità, viticoltura, resistenza e futuro sono cinque termini vincenti in sé ma non sono sempre collegati in modo ideale. Il nostro lavoro è quello di collegarli. Lo facciamo oggi al MUSE, lo faremo domani nelle nostre aziende perché avere dei vitigni resistenti, cioè meno bisognosi di trattamenti, ci porterà a una natura più pulita, a un Trentino sempre più bello e vivibile", sottolinea Paolo Endrici, titolare della Cantina Endrizzi.
"Cinque parole che richiamano alle nozioni di luogo, paesaggio, geografie: un insieme costituto dalla natura, che il MUSE oggi interpreta con questo nuovo progetto, ma anche dalle trasformazioni date dall'uomo nel tempo e nella proiezione verso il futuro. Un'agricoltura sostenibile è il modo migliore per pensare al nostro paesaggio di oggi e di domani", rimarca il concetto Michele Lanzinger, direttore del MUSE.
"Parto dal futuro. Un futuro senza chimica è un futuro dove noi siamo resilienti nei confronti del cambio climatico. Il nostro compito è quello di togliere l'essere umano dal centro del mondo e tornare agli aspetti più intimi e particolari della natura. Sostenibilità vuol dire prolungare la nostra presenza su questa Terra", riflette il professore Attilio Scienza.
"Nel Trentino c'è futuro per la viticoltura perché è un ambiente molto differenziato, per terreni, climi, varietà anche resistenti che si possono coltivare. Queste caratteristiche garantiscono la sostenibilità a questa coltivazione", aggiunge Marco Stefanini, coordinatore del progetto viti resistenti della Fondazione Edmund Mach.
Il Giardino dell’Uva
La viticoltura trentina ha origini antiche. Alcuni ritrovamenti archeologici, infatti, confermano la coltivazione della vite a partire dal IV secolo a.C. Sin dal periodo dell’occupazione romana le popolazioni locali apprendono nuove tecniche di coltivazione e di preparazione del vino mentre è il V secolo il momento in cui inizia la crescita inarrestabile della viticoltura. La massima espansione delle aree coltivate a vigneto si riscontra infine attorno al 1930, con circa 26.000 ettari in coltivazione, oggi stabilizzati attorno a 10.000 ettari.
Nel vigneto dimostrativo del MUSE si possono osservare le più tipiche forme di allevamento della vite: dalla più popolare pergola trentina alla spalliera, dal palo singolo tipico della Valsugana, fino all’antichissima vite maritata a un albero, per finire con il più moderno guyot meccanizzabile. I vitigni presenti sono stati selezionati tra quelli antichi e moderni coltivati in Trentino, integrati da alcune varietà resistenti alle più comuni patologie della vite.

Cosa si intende per vitigni resistenti?
I vitigni resistenti rappresentano un’alternativa alla viticoltura tradizionale e sono costituiti da piante di vite ibride, ottenute quindi con la fecondazione di specie diverse, particolarmente resistenti alle principali malattie fungine. La loro coltivazione riduce l’impatto ambientale rispetto alle varietà non resistenti, la cui coltivazione richiede diversi trattamenti durante l’anno.
La storia dei vitigni resistenti ha in realtà origine nel 1870, quando in Europa dilagò la filossera, un afide giunto dall’America tramite i commerci che iniziò a danneggiare le radici della vite europea provocandone la morte. Fu in quegli anni che si effettuarono i primi incroci e - in particolare tra il 1920 e il 1935 - si scoprì che alcuni ibridi di vite avevano elevata resistenza a fitopatologie gravi come lo oidio, la peronospora e la botrite, oltre che anche alle criticità climatiche.
In Trentino sono cinque i vitigni resistenti maggiormente coltivati: Bronner, Johanniter, Muscaris, Solaris e Souvignier gris e sono sempre più numerose le cantine che ne hanno intrapreso la coltivazione e la vinificazione.

Sei filari “resistenti” nel giardino del MUSE
In collaborazione con lo staff tecnico della Cantina Endrizzi, il vigneto del MUSE si arricchisce di piante di vite resistente, per presentare ai visitatori il futuro del panorama viticolo in Trentino in un’ottica di sostenibilità ambientale.
Sei le varietà “resistenti” coltivate all’interno degli orti della biodiversità del museo:

Johanniter B.
Incrocio nato in Germania nel 1968, regala un vino che al palato ha sentori di mela cotogna, pera e mandarino, piacevolmente piccante. È ideale come base per lo spumante. Nella forma del suo grappolo somiglia molto al vitigno Müller Thurgau.
Souvignier gris
Vitigno dal potenziale eccellente, è stato ottenuto in Germania nel 1983 presso l'Istituto di Ricerca di Friburgo che ricorda il Gewürztraminer nel corredo aromatico. Il vino sprigiona aromi tipici della varietà, è leggermente fruttato, minerale, con una buona struttura.

Charvir
Incrocio particolarmente indicato per la produzione di vino base spumante con buone note fruttate, sapido e con struttura. L’iniziale Char riprende il termine Chardonnay, mentre “vir” (verde in latino) si riferisce al colore della bacca, dai riflessi verdi. È un’uva che richiama lo Chardonnay nei suoi profumi di mela Golden e fiori bianchi.

Pinot Regina
Varietà di uva resistente creato nel 2004 dalla University of Horticulture and Food Industry in Ungheria, ha i caratteri eleganti del famoso vitigno borgognone Pinot Nero, che ricorda anche nelle tipiche note di piccoli frutti al naso, ideale come base spumante per via della sua ottima acidità e per la vinificazione in rosso.

Nermantis
Varietà di uva resistente Nermantis che deriva dall’unione delle parole “nera” e “manto” e descrive il colore scuro dell’acino dell’uva di questo vitigno resistente a molte malattie fungine tipiche dei vigneti dell’arco alpino e ricorda molto il Lagrein nei suoi profumi speziati, di piccoli frutti e nel colore intenso.

Pergola Termantis
Coltivato nella classica pergola trentina, l’uva resistente Termantis è un vitigno “temerario” che non teme nulla grazie alla sua resistenza e produttività e ricorda il Teroldego Rotaliano negli aromi di viola e frutti rossi.

La collaborazione con la Cantina Endrizzi
La Cantina Endrizzi è una realtà storica della Piana Rotaliana dal 1885, una famiglia di produttori giunta oggi alla quinta generazione, tra i fondatori dell’attuale Istituto Trentodoc, da sempre legati alla valorizzazione del Teroldego Rotaliano.
Il rapporto di stretta collaborazione con Endrizzi di San Michele all’Adige nasce già agli esordi del museo nel 2013 con l’installazione permanente “Rocciamadre” al piano + 2 del MUSE, area tematica dedicata alla geologia dell’arco alpino.
All’epoca Endrizzi scelse di scavare le rocce dei principali terreni sui quali prosperano i vitigni autoctoni della cantina, esponendoli nel museo e creando contestualmente la linea vini MUSE, con i principali vitigni autoctoni della provincia di Trento: Müller Thurgau “Vulcaniti di Cembra”, Gewürtztraminer “Dolomia del Serla”, Lagrein “Breccia di Masetto” e Teroldego “Alluvioni del Noce”.
Il supporto tecnico di Endrizzi continua oggi nella rivisitazione del vigneto nel giardino del MUSE, dove, in aggiunta a svariate varietà biodiverse curate dal museo, sono stati piantati vitigni resistenti che richiamano molto – per colore, gusto e profumo – i vitigni autoctoni al centro del progetto Rocciamadre, ma resistenti a maltempo e attacchi fungini senza alcun intervento umano, secondo la tendenza che sta caratterizzando il panorama viticolo mondiale.
Scheda di approfondimento

Paolo Endrici, la viticoltura del futuro corre sul filo della sostenibilità

La cantina Endrizzi di San Michele all’Adige è gestita da Paolo e Christine Endrici e dai figli Lisa Maria e Daniele che rappresentano la quinta generazione di una delle più storiche famiglie del vino trentino.
***
La nostra collaborazione con MUSE risale ai suoi esordi: nel 2013 insieme alla nostra consulente alla comunicazione Aurora Endrici che ci segue tutt’ora nello sviluppo delle idee, abbiamo lanciato una proposta al direttore Michele Lanzinger, il quale la colse con entusiasmo. Oggi la nostra installazione denominata “Rocciamadre” si trova al piano 2 del Museo nell’area dedicata alla geologia e racconta le principali rocce alla base del gusto dei principali vitigni autoctoni del Trentino.
Quest’anno abbiamo deciso di intensificare il nostro sostegno al Muse proponendo la realizzazione di una seconda installazione, piena di “vita e viti” potremmo dire. Il futuro della viticoltura nel mondo corre velocemente verso concetti di sostenibilità e salubrità dell’ambiente. Insieme ai nostri tecnici Tiziana Piffer, Thomas Battisti e Sonni Pellegrini abbiamo disegnato il nuovo vigneto nel cuore dell’orto botanico del museo, mettendo a dimora le barbatelle dei principali vitigni resistenti studiati e realizzati negli anni.
Nei filari del Masetto non abbiamo attualmente viti resistenti e ci piace considerare il “Giardino dell’Uva” non solo come un luogo di comunicazione aperto al pubblico, ma anche un personale stimolo, un “banco di studio” verso un futuro di novità nei nostri vigneti che siamo aperti ad introdurre se le normative e gli studi lo renderanno possibile.
Noi vediamo in questi vitigni il vero futuro della viticultura.
L’agricoltura biologica richiede più trattamenti rispetto a quella tradizionale, i vitigni resistenti molti meno (al massimo 2/3 all’anno).

Miglioriamo di molto la vita del contadino, dell’ambiente e di chi vive vicino ai campi. Il prodotto è in sé più integro e sano. Abbiamo ancora due problemi: riuscire a far sì che il vino dei vitigni resistenti sia altrettanto buono di quello tradizionale e qui ormai ci siamo molto vicini. Mentre il secondo problema è di ordine giuridico visto che al momento non è concesso tagliare i vini tradizionali con quelli provenienti vitigni resistenti.

Come operatore del settore e come presidente dell’associazione Vitivinicoli del Trentino, auspico caldamente che si possa proseguire rapidamente su questa strada.

Scheda di approfondimento
FEM, più sostenibilità nei vigneti trentini
Nermantis, Termantis, Valnosia e Charvir, le quattro varietà risultato del programma di miglioramento genetico della Fondazione Edmund Mach, unitamente alle cultivar provenienti da altri progetti di Breeding europeo come Solaris, Souvignier Gris e Pinot Regina sono presenti nel territorio trentino in tutte le loro caratteristiche e potenzialità, con un denominatore comune: la tolleranza a oidio e peronospora, le principali patologie della vite.
In base ai risultati, queste varietà si sono dimostrate particolarmente performanti in Trentino oltre a rappresentare un’opportunità per areali viticoli confinanti con aree sensibili, dove le limitazioni ai trattamenti fitosanitari rappresentano un grosso limite e nelle aree dove la meccanizzazione a causa della forte pendenza è impossibile.
I tecnici e i ricercatori della Fondazione Edmund Mach hanno testato per tre anni dal punto di vista agronomico ed enologico oltre 30 varietà di vite resistenti presenti sul mercato. Le hanno attentamente studiate nei campi sperimentali dislocati in Piana Rotaliana, Vallagarina e Valsugana, per capire innanzitutto come si adattano a diverse altitudini e a diverse condizioni climatiche, ma valutandone anche la fenologia, la fertilità, la produttività, la tolleranza alle principali malattie fitosanitarie, il potenziale enologico rispetto a due varietà tradizionali: Chardonnay e Marzemino.

MUSE

28/10/2021