Arte in gioco a Castel Belasi

L'estetica di Kengiro Azuma, Luigi Stoisa, Franco Rasma, Marcovinicio, Paolo Tait, Pietro Weber incontra gli spazi del castello

Quest’anno l’arte contemporanea si mette in gioco a Castel Belasi. Si mettono in gioco sei artisti affermati per accendere gli spazi austeri ed in corso di restauro del castello. La mostra ‘Arte in gioco a Castel Belasi’ è difatti una sfida: conciliare gli arcigni ambienti in cura del maniero, pregni di storie e segnati da cicatrici da poco rimarginate, con le opere di Kengiro Azuma, Luigi Stoisa, Franco Rasma, Marcovinicio e dei trentini Paolo Tait e Pietro Weber.

La loro arte qui si mette in gioco, dicevo. Si mette in gioco attraverso i propri personali racconti, spesso drammatici, a volte sognanti e intimisti, per creare un dialogo intimo con lo spazio circostante. L’esposizione nasce in realtà mesi fa, durante l’inverno, con le visite degli artisti al castello: la natura dei luoghi, le foglie secche degli alberi del bosco vicino, i chiaroscuri dei seminterrati, stimolano un’immaginario negli artisti.

Così Luigi Stoisa decide di lavorare conciliando le impressioni assimilate durante la visita al castello: nei suoi lavori il richiamo al mondo cavalleresco, che ripropone in carboncino direttamente a parete e l’accostamento dei profumi della valle, un’arte sensoriale, a tutto tondo, scaturita da mele e foglie disposte sul pavimento.

Paolo Tait analizza pensoso le caratteristiche dei vari ambienti e opta per esporre i propri lavori nel grande salone del secondo piano: sono disegni su carta, a grafite e tempera, uno smalto su rame. Segni rabbiosi, pieni di pathos, gestuali e a tratti oscuri come oscura è la sala scelta dall’artista. Al centro decide di esporre il proprio tavolo/scultura intitolato ‘Se penso a Masaccio’, quasi oggetto pulsante a metà tra una macchina ed una creatura primigenia, un drago sputafuoco da un immaginario medievale.

Marcovinicio espone i suoi ultimi lavori su carta. Le grandi figure rappresentate a carboncino con tratti rapidi e vibranti, vorticosi e quasi omaggianti certi pastelli boccioniani, sono un inno alla montagna, al mondo contadino, alla bellezza delle cose più semplici e genuine. Marcovinicio ci mette di fronte al mondo che vorremmo, ci porta dentro la natura divenendo un tutto con essa.

Pietro Weber propone la propria arte ceramica sacrale, panteista, primitiva. La cappella del castello è il luogo magico e profondo in cui esporre l’ultima produzione di ‘Altaroli portatili’. Qui Weber crea delle architetture in miniatura, delle quinte teatrali del colore della terra per ospitare la rappresentazione di simboli universali: l’acqua fonte di vita, il volto umano, la Trinità.

Franco Rasma porta al castello la sua pittura onirica, figlia del crepuscolo ed estremamente interiore. Le sue tavole ad olio sono ombre penetrate da una luce surreale, quasi marziana, sono figlie del sogno, sono racconti notturni dell’anima. Nelle opere proposte si ripete il tema della scacchiera, con il gioco della sfida continua tra bianco e nero, tra bene e male, tra anima e corpo, tra ragione e destino.

Kengiro Azuma, oltre a rendere onore alla mostra e ai luoghi con due storiche opere bronzee degli anni Sessanta, frutto della sua ricerca spirituale attorno a un linguaggio ed a una scrittura universali, porta in mostra per la prima volta le sue sculture/giocattolo; una serie di navi militari costruite destrutturando e riassemblando vecchi ferri da stiro è la rappresentazione apparentemente giocosa di eventi drammatici del proprio vissuto, un ricordo della Seconda Guerra mondiale combattuta nella marina giapponese come pilota-kamikaze.

Ma l’arte contemporanea non si mette in gioco solo confrontandosi con gli ambienti del castello ma anche facendosi interprete del gioco stesso nella vicinanza con l’esposizione parallela di giocattoli d’epoca e antichi cavalli a dondolo. I sei artisti invitati hanno, infatti, creato appositamente una propria opera a tema nella quale il gioco è passione, divertimento, svago e insieme rappresentazione per esorcizzare memorie drammatiche.

Marcello Nebl - curatore

15/07/2016