Chiude l'11 "Le scritte dei pastori"

Le scritte dei pastori della Val di Fiemme. Tre secoli di graffitismo rupestre fiemmese in prospettiva etnoarcheologica.

[ Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina]

 

 

Le scritte dei pastori della Val di Fiemme. Tre secoli di graffitismo rupestre fiemmese in prospettiva etnoarcheologica.

 Fino all’11 gennaio presso l’ex “Tabià del Moco” di Ziano di Fiemme è ospitata una nuova tappa della mostra Le scritte dei pastori. Tre secoli di graffitismo rupestre fiemmese in prospettiva etnoacheologica, curata da Marta Bazzanella per il Museo degli usi e costumi della gente trentina. 

È di questi giorni la notizia del ritrovamento, tra la miriade di foto scattate tra il 2007 e il 2012 dai ricercatori del Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina nel gruppo del Latemar-Cornón, di alcune scritte datate al 1558. Da un punto di vista cronologico l'attività scrittoria dei pastori sulle pareti rocciose del Cornón era stata finora documentata a partire dalla seconda metà del ‘600 e continua fino ad oltre la metà del secolo scorso, ovvero fino al tramonto della società tradizionale.

6 anni di ricerche, 2.682 pareti rilevate, circa 30.000 scritte individuate, 5.000 fino ad ora quelle catalogate: questi i numeri della ricerca condotta dal Museo degli usi e costumi della gente trentina sulle montagne della valle di Fiemme. Un’opportunità per il pubblico di avvicinarsi ai risultati di indagini sul campo, rilevamenti e interviste, e di approfondirli sul sito www.scrittedeipastori.it

Migliaia sono, infatti, le scritte che tra la seconda metà del Seicento e la prima del Novecento i pastori hanno impresso sulle pendici del monte Cornón. Autentici documenti “a cielo aperto” che, sui supporti rocciosi calcarei che separano le praterie d'alta quota dalle fasce a pascolo intermedie, narrano storie del passaggio di uomini e greggi. I segni sulla roccia sono stati tracciati con un'ocra rossa, il ból: mescolata con latte di capra o saliva dava origine a una densa poltiglia che veniva stesa con un rametto.

Le scritte si compongono delle iniziali del nome e cognome dell'autore, seguite dall'indicazione dell'anno, spesso completa di mese e giorno, e dal conteggio del bestiame portato al pascolo. Si possono presentare racchiuse da cornici, talvolta accompagnate da immagini e brevi note: simboli religiosi, figure di animali, scene di caccia, ritratti, autoritratti, messaggi di saluto, annotazioni diaristiche. Quasi sempre vi compare anche il “segno di casa”, in passato molto importante perché attestava di chi fosse la proprietà delle pecore e degli attrezzi da lavoro.

La ricerca etnografica condotta dal Museo di San Michele ha portato all'individuazione di due ripari sottoroccia: il riparo del Trato e quello Mandra di Dos Capèl, usati rispettivamente come luogo di sosta temporanea e come ricovero durante la stagione estiva. Attraverso una ricostruzione del riparo del Trato, la mostra permette di ripercorrere gli antichi rituali e di prendere visione dei risultati delle analisi chimico-fisiche sul pigmento che compone le scritte, condotte da Antonio Miotello e Laura Toniutti del Laboratorio idrogeno energia ambiente della facoltà di scienze dell’Università di Trento.

Marta Bazzanella - curatrice mostra

15/12/2014