Fortunatissimo Depero

Lettera a cuore aperto di Fortunato Depero a tutti noi

Gentili Signore & Signori, noi amici e ammiratori, devoti all’arte di Fortunato Depero, attraverso contatti del terzo tipo, extravirali e occulti abbiamo ricevuto da Lui medesimo per voi tutti, amministratori, responsabili di musei e associazioni, appassionati amanti dell’Arte, una lettera scritta a cuore aperto. È Depero che ringrazia e che dall'al di là chiede di tornare ad essere libero, libero di tornare a casa propria, cosciente che un'artista, qualsiasi artista non ha bisogno solo di una casa, ma di "rispetto" e riconoscenza oltre gli anniversari e le mode passeggere.Da umile passacarte mi pregio di essere ambasciatore di gioia e non di pena.

Fortunatissimo Depero
Lettera a cuore aperto

“Oh che bel, che goduria vederve begar tuti per darme en posto al sol, ’n'exhibizion (me par de meritarla) en provincia de Trent, tuta per mi ‘nte la me tera.

Sti dì me sembreva de eser vif, a ‘ncazarme co le me marionete, co la Roseta e co i creditori.

Podo dirve che al Fortunato Depero, ami che ho conquistà el mondo con zerte Mega-Exhibizions en mez ai grandi del penel, a mi a sto punto la me sarìa nada bem anca la Galeria nera del Doss Trent, o anca i capanoni de le oficineDorigoni!

Però ades che ve se’ decisi, dopo tuti sti voltagabana (i m’ha fat girar la testa come ‘na banderola al vent) ve prego: fela senza tanti sgarbi.. pochi scazoti.. struchéve l’ocio e no ciapevela pù co i nossi siori critizi e politizi doc (che a la fin forse i ven fora pù neti da la quarantena), ave’ capì? metéla su bem ‘na bona volta, con en po’ de cor e fantasia.

E ades che ‘sti mal de panza tra voi president, vicepresident e diretor i s’è calmadi, come ‘na tregua armata, podo dirve la mia?

La me opionion sincera l’è, spudada, la vossa: I like con tut me stess el Splash, no.. el Crash o come che ‘l se ciama, sì, el Mart, tant per star da le me part, vizim a casa.

Vizim ai me santi guardiani e scrivani de la Casa del Mago che de pù bravi no no’ ghe n’é, pardon, uno sì ‘l gh’è, el me spasionato scudiero Sancho che ‘l me conosse dentro e fora come le me scarsele (forse ghe sarìa anca en par de emigrati transav-street-pop che i vive dale bande dela 5th Ave.).

Ensoma, ‘na botta de fortuna per mi, e anca per tuti digo, xchè ‘na sinergia sì granda nissun
ha mai avù el fegato del farla. E stago zerto meio a Roveredo che no a vedermela col colendissimo Madruzzo, en quel castelet sfighez, tut em bombo, coi cigni zo bass ‘nte l’aqua, vizim a l’adesot.

E anca no volerìa roterghe i cojoni ai me amizi del pian de soto, quei che parla co le stele, coi alberi e i osei: che po’ a la fin no i vegna su a spacarme l’anima ent’ el giron dei penelari.

Eh sì, cari i me siori, lori i g’ha i contatti online col sioredio, miga robe da rider.

A mi ‘nveze, siori cari, i m’ha scazà per ani co’ sta storia de l’artista futur-fascista: e i me creda, l’è vecie ciacere ma le me pesa ancor chi sul gropon.

Vegno al talian, che i zoveni de ancoi no i me capiss”.

“Lo sapete: per anni annorum nessuno ci degnava. Scomodi a tutti - vi pare che il regime li voleva dei rompicojoni pieni di idee come noi? - nessun critico ha speso una parola per un pezzo, né quelliorganici né quelli disorganici, preferivano altre strade. Siamo stati ingessati e scaraventati incantina, senza banda o intonarumori al seguito. Non vendevamo un centimetro di tela. Te latiravano sul naso, piuttosto! Le gallerie ci sbattevano la porta in faccia. I collezionisti, i direttori di musei (a parte quei pochissimi dal cervello fino) borse ben chiuse, sigillate.

Qualche briciola di commessa dopo un bel po’ di pianti greci. Mangiava soltanto qualche camaleonte, i soliti cambiapelle, baciapile, anche bravi va beh. Ma per me, futurista e fascista-sfascista, nessuno sconto.

Io che sono sempre stato un uomo del fare, del disfare e rifare, dell’inventare!

Dopo l’America, qui a Rovereto mi trovavate regolarmente col culo per terra, la nostra terra. Ne avrei preferita una diversa, a ballare tra un laboratorio e l’altro là dove le cose si muovevano, a inventare la vita, nel giro di Gropius magari insieme a Kandisnky, Itten, Moholy-Nagy, Schlemmer, la Gunta Stölz e cosi via (a proposito ho sbirciato giù la piccola mostra di libri sui 100 anni della Bauhaus alla Tartarotti! Quante idee!). Quelli di Weimar e di Dessau ne hanno fatta di strada con le loro tele, con le marionette, con i mobili, il design, la réclame, con tutto. E quando han fatto le valigie per scamparla dai nazi, quasi tutti in America a insegnare e lavorare.

Io, Fortunato o  Sfortunato piuttosto, sempre qui, a reinventare la mia libertà, a dipingere, paesaggi in velocità, atmosfere artificiali, a costruire mobili, panni, arazzi, giubbotti, a scrivere parolibere selvagge e sfrenate, opere ardite, decenti e indecenti, piene e vuote.

Poi un bel giorno, quando non c’è più niente da grattare nel paiolo dei mercati, et voilà tirano fuori dal cappello del cappellaio matto chi? i futuristi, primi secondi e terzi, purgati da decenni di censura. E per cosa, poi? per far i soldi loro, i mercanti, si capisce. Sì, carissimi presidenti e vicepresidenti, direttori, amministratori e così via, sono stato tirato per i  capelli. In ogni caso viva’ lArte, viva la Fantasia, viva la Bellezza. E voi, miei sodali, buttateci l’occhio per favore sulle mie buone chincaglierie, fate il cane da guardia che non deve mai smettere di abbaiare e di mordere, perché poi, senza catene ... non ce ne sono più tanti in giro, mi pare.

Accogliete la mia stima e la mia riconoscenza. Devotamente”.

Fortunato Depero

1 maggio 2020

Danilo Curti

Danilo Curti-Feininger

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01/05/2020