L'uomo dal fiore in bocca

Al teatro Sociale di Trento da venerdì il capolavoro di Pirandello interpretato da Gabriele Lavia: attenzione il turno del giovedì è spostato al lunedì, invariati gli altri 

L'uomo dal fiore. Guardo il cliente o la cliente che escono dalla bottega con l'involto appeso al dito o in mano o sotto il braccio... Li seguo con gli occhi, finché non li perdo di vista... immaginando... - uh, quante cose immagino! Lei non può farsene un'idea.

Pausa - Poi, cupo, come a se stesso:

Ma mi serve. Mi serve questo.

L'avventore. Le serve? Scusi... che cosa?

L'uomo dal fiore. Attaccarmi così - dico con l'immaginazione - alla vita. Come un rampicante attorno alle sbarre d'una cancellata.

Pausa

Ah, non lasciarla mai posare un momento l'immaginazione: - aderire, aderire con essa, continuamente, alla vita degli altri... - ma non della gente che conosco. No, no. A quella non potrei! Ne provo un fastidio, se sapesse, una nausea. Alla vita degli estranei, intorno ai quali la mia immaginazione può lavorare liberamente, ma non a capriccio, anzi tenendo conto delle minime apparenze scoperte in questo e in quello. E sapesse quanto e come lavora! fino a quanto riesco ad addentrarmi! Vedo la casa di questo e di quello; ci vivo; mi ci sento proprio, fino ad avvertire... sa quel particolare alito che cova in ogni casa? nella sua, nella mia. - Ma nella nostra, noi, non l'avvertiamo più, perché è l'alito stesso della nostra vita, mi spiego? Eh, vedo che lei dice di sì...

L'avventore. Sì, perché... dico, deve essere un bel piacere codesto che lei prova, immaginando tante cose...

L'uomo dal fiore (con fastidio, dopo averci pensato un po'). Piacere? Io?

L'avventore. Già... mi figuro...

L'uomo dal fiore. Mi dica un po'. E` stato mai a consulto da qualche medico bravo?

L'avventore. Io no, perché ? Non sono mica malato!

L'uomo dal fiore. Non s'allarmi! Glielo domando per sapere se ha mai veduto in casa di questi medici bravi la sala dove i clienti stanno ad aspettare il loro turno per essere visitati.

L'avventore. Ah, sì. Mi toccò una volta d accompagnare una mia figliuola che soffriva di nervi.

L'uomo dal fiore. Bene. Non voglio sapere. Dico, quelle sale...

“La morte addosso potrebbe essere il sottotitolo di tutta l’opera letteraria di Pirandello – scrive Gabriele Lavia nelle note di regia dello spettacolo – si sa che fin dalla sua fanciullezza il piccolo Luigi fu come ‘risucchiato’ dall’orrore e dal mistero della morte. L’episodio, famosissimo, del cadavere e dei due amanti, accaduto al giovanissimo Luigi, in quello strano ‘fondaco’ buio, segnò per sempre lo scrittore e la sua opera”.

Da venerdì a lunedì al teatro Sociale di Trento arriva Gabriele Lavia con il suo Uomo dal fiore in bocca, spettacolo che ribadisce l'attenzione che Lavia ha dedicato negli ultimi anni al teatro pirandelliano: Tutto per bene, La trappola, Sei personaggi in cerca d’autore

Il testo è un colloquio fra un uomo che sa di avere solo poco tempo da vivere e un qualsiasi Avventore. Per L'uomo dal fiore in bocca, che sa che la morte è vicina, tutti i particolari e le cose, pur insignificanti agli occhi altrui, assumono un valore e un significato diversi. 

«Un uomo “un po’ strano”, un uomo “pacifico” e una donna come “un’ombra che passa in lontananza” sono i tre protagonisti del capolavoro di Pirandello L’uomo dal fiore in bocca - prosegue Lavia -. Nel 1922 Anton Giulio Bragaglia chiese a Pirandello di scrivergli qualcosa per il “Teatro Sperimentale degli Indipendenti”. Pirandello riprese “integralmente” il testo di una sua novella Caffè Notturno, scritta nel 1918, pubblicata, poi, col titolo La morte addosso nelle Novelle per un anno. Il titolo della novella, trasformata in testo per il teatro, diventò L’uomo dal fiore in bocca, ed è il più breve di tutta l’opera di Pirandello. Forse l’opera più folgorante. Un capolavoro.  Nello spettacolo, il breve “atto unico” è stato interpolato con “pezzi” di novelle che affrontano il tema (fatale per Pirandello) del rapporto tormentato tra marito e moglie che viene visto col distacco di un’ironia che rende i personaggi vicinissimi a noi. Così questa “donna che passa da lontano”, e che forse è il simbolo – lei – di quella “morte” che l’uomo si porta appresso “come un’ombra”, diviene, in questa “drammaturgia”, la protagonista invisibile dei “guai” grandi e piccoli ma pur sempre “inguaribili” dei due protagonisti. Ma può l’uomo rinunciare alla donna, che è la sua malattia mortale?». 


21/02/2017