Le "porte" di Francesco Nardi a Pergine Spettacolo Aperto 2015

"La soglia come tabù, come valico da uno status a un altro": inaugurazione venerdì 3 luglio alle 18 a Pergine Valsugana, Palazzo Hippoliti  

[ Daniela Rosi]

Le Porte di Francesco Nardi sintetizzano i temi dell’ aprire e del chiudere, i due estremi tematici che caratterizzano la quarantesima edizione di Pergine Spettacolo Aperto, il festival dove saranno esposte a palazzo Hippoliti.

La soglia come tabù, come valico da uno status a un altro, simbolo d’ingresso alla vita e di uscita per la morte, ha costituito per l’artista un terreno fertile su cui meditare.

Nel panta rei dell’esistenza, la porta sta, come un eterno presente, a sentinella del nostro passaggio.

Sul campanello della porta di casa sua, Nardi invitava con un linguaggio giocosamente scurrile a non disturbarlo chiedendogli di varcarla… Eppure le sue porte sono ponti, potenziali raccordi, il tentativo di apertura verso gli altri. Non è un caso se molte di queste porte chiudono e aprono oggi altrettante stanze nelle diverse case di chi ha la fortuna di averne una.

L’artista ha dedicato parecchi anni a questa fase espressiva e così la commenta, con lucidissima e spietata analisi sociale (Ridotto al minimo, Grafiche Antiga, 2005, Crocetta del Montello, Treviso:

ne ho fatte più di cinquanta/

Quando raccoglievo le prime porte tutti mi/prendevano per matto/“dipinge le porte di casa sua”/era quello che pensavano/

Non ne ho toccata una di porte di casa mia

Ora persone vengono qui soprattutto donne/non sanno nulla di pop,/non sanno nulla di transavanguardia,/non sanno nulla di arte minimale,/non sanno nulla di arte povera/non sanno nulla di nulla di arte – tutto quello che dicono/è bello e questo no - non mi piace –/

Quando dipingevo le prime porte sono stato/per sei anni senza che nessuno entrasse a/casa mia di questi pseudo amici follinesi/e che ti facevano anche i malocchi gettendoti il sale/davanti casa tua/

pretendono e ti danno in cambio poco o/vestiti e cianfrusaglie vecchie/

Ce ne sono cinquanta porte qui e vogliono/anche una installazione/quella che non c’è più…/ed erano stati qui quando c’era…/e vogliono quella che non sanno “più”/e non hanno “mai saputo”/e vengono qui a mezzanotte con l’amica che/ha visto la porta appesa al ristorante/fatta 10 anni fa/ed hanno il denaro per la Saab, per la Bmw,/la moto ed il Mercedes/strombazzano/e ti sorridono/gli chiedi trecento e dicono che sono/troppi allora penso: chiedo forse troppo? Chiedo 200 e dicono che sono troppi/E te ne danno 150/e c’è anche stato chi non ti da nulla/vestiti vecchi appunto in cambio/e promesse mai mantenute/Non sapevo che gli artisti venissero/trattati così da queste parti/altrimenti non l’avrei nemmeno fatto.

Realizzate perlopiù a partire dagli anni Settanta, rappresentano le soglie di un’esistenza desiderosa di relazioni e di amore, e al tempo stesso una barriera per garantirsi una netta separazione dal resto del consorzio umano. Artista outsider per scelta, Nardi era un’anima complessa, una persona che ha vissuto ritirata ai margini, spesso con grande sofferenza  .

Le porte provenivano dai più diversi luoghi, quasi sempre sopravvissute a demolizioni, diventavano la sua “tela”, dove fissare nomi di donne, immagini, oggetti di uso quotidiano, pensieri, considerazioni, cronache di fatti avvenuti.

I metodi espressivi e il linguaggio qui usato rientrano nella migliore tradizione pop. Se vi si può leggere un filo conduttore, potremmo dire che temi delle porte sono soprattutto una denuncia sociale e un inno all’amore. Si tratta di un accorato appello contro l’inautenticità delle relazioni umani, contro i profittatori che “rapinano” l’artista e al tempo stesso un canto levato ad invocare l’amore, in tutte le sue possibili forme.

 

 

Daniela Rosi - curatrice della mostra, direttrice artistica LAO (www.lao-art.it)

23/06/2015