Lo scultore Andrea Malfatti e il compleanno di Dante

Il gruppo statuario in gesso patinato a finto bronzo raffigurante il Sommo Poeta, opera di Andrea Malfatti, in Sala Manzoni, presso la Biblioteca comunale di Trento.

Andrea Malfatti, Dante Alighieri insegna la lingua italiana a un fanciullo trentino, gesso patinato a finto bronzo, 1891 [ Roberto Pancheri]

In tutta Italia sono in corso le celebrazioni per il 750° anniversario della nascita di Dante Alighieri (1265-2015). Tra le proposte ideate dalla Biblioteca comunale di Trento si segnala un’iniziativa tanto semplice quanto opportuna: l’esposizione in Sala Manzoni di un’opera d’arte da tempo custodita in biblioteca, ma finora poco nota al grande pubblico, a causa della sua collocazione defilata in Sala Ragazzi. Si tratta di un gruppo statuario in gesso patinato a finto bronzo, che reca la firma dello scultore Andrea Malfatti (Mori 1832 - Trento 1917). L’opera, alta circa un metro, mostra il Sommo Poeta nell’atto di istruire un ragazzino vestito da pastore delle Alpi, con un cappello piumato in testa, un corno al fianco, un rustico bastone e i piedi scalzi. Egli ha abbandonato a terra la fionda per poter reggere in mano un libro, sul quale Dante appoggia il proprio indice, mentre col braccio sinistro stringe affettuosamente a sé il giovane discepolo. La scultura è uno dei tre bozzetti presentati da Malfatti nel 1891 al concorso per l’erezione del Monumento a Dante nella piazza omonima di Trento, che fu vinto, com’è noto, dal fiorentino Cesare Zocchi.

La critica d’arte recente ha visto nella scultura il padre della lingua italiana nelle vesti di educatore, che illustra a un ragazzo la Divina Commedia. Tenendo conto degli orientamenti politici di Malfatti, di cui sono ben noti gli ideali irredentisti, si può tuttavia credere che il soggetto dell’opera fosse più precisamente connotato, e che il messaggio ad esso sotteso non sfuggisse all’occhio dei contemporanei, in un clima avvelenato dai tentativi di germanizzazione delle valli trentine promossi dalle associazioni pangermaniste. In altre parole, Dante è qui raffigurato mentre insegna la lingua italiana; e il suo insegnamento non è rivolto a un fanciullo qualsiasi, ma a un pastorello delle montagne trentine, bisognoso di essere istruito nella propria lingua madre, a dispetto della sua appartenenza a una provincia dell’Impero austro-ungarico.

A suffragio di tale interpretazione va ricordato che già in passato l’artista di Mori aveva lavorato sul tema di Dante e con i medesimi intenti: nel 1865, infatti, aveva scolpito un busto colossale del poeta in marmo di Carrara “di prima qualità”, anch’esso attualmente esposto nella Biblioteca comunale di Trento. L’opera era stata eseguita su commissione dell’amministrazione comunale, che celebrò in tal modo il sesto centenario dantesco, non potendo presenziare in forma ufficiale alle onoranze solenni che si svolsero il 14 maggio di quell’anno a Firenze.

Roberto Pancheri - dottore di ricerca in storia dell'arte

28/05/2015