"Lo sguardo inquieto. Rovereto 1914-1918"

Un "diario" tra fotografie e opere d'arte a Palazzo Alberti Poja ricostruisce l'atmosfera della città di Rovereto negli anni della Grande Guerra.

treno dei feriti [ Museo civico Rovereto]

Allestita a Palazzo Alberti-Poja, la mostra Lo sguardo inquieto. Rovereto 1914-18  racconta la storia della città di Rovereto e dei suoi protagonisti, prima e durante la Grande Guerra, attraverso fotografie, opere d’arte e manufatti, alcuni inediti, provenienti dalle collezioni civiche della Fondazione Museo civico di Rovereto, del Museo storico italiano della Grande Guerra e da collezioni private. Puntando sul carattere interdisciplinare e trasversale, la mostra ricostruisce le atmosfere della città negli anni della Prima guerra mondiale in una sorta di diario realizzato con fotografie documentarie, oggetti, uniformi, ma anche opere d’arte di Carlo Fait, Roberto Marcello Iras Baldessari, Giorgio Wenter Marini, Luciano Baldessari, Giovanni Tiella, Piero Coelli, Carlo Cainelli, Gustavo Borzaga, Luigi Bonazza, Francesco Trentini, Fortunato Depero, Ferdinan Kruis, Hans Lietzmann, Oddone Tomasi, Giuseppe Balata, Gino Barbieri e Mario Sironi.

Il percorso si apre con il busto di Clementino Vannetti (1754-1795) per il monumento inaugurato nel 1908, opera giovanile di Carlo Fait e si sviluppa poi con una ricca documentazione fotografica di Rovereto alla vigilia della Grande Guerra, quando era un importante centro economico e culturale, con 12.000 abitanti, più di 900 case, caserme, ospedale, 70 industrie, alberghi e locali di divertimento, 9 scuole, banche, il Museo civico, la Biblioteca, l’Accademia degli Agiati e la Camera del Commercio.

Le fotografie, insieme alle belle uniformi, bandiere, armi, insegne bilingue, ci restituiscono l’immagine dell’apparato burocratico asburgico e l’atmosfera della società del tempo.

Inoltre gli abbozzi scolastici dei giovani allievi della Scuola reale elisabettina (che poi diventeranno noti artisti e architetti: Giovanni Tiella, Luciano Baldessari, Fortunato Depero, Umberto Maganzini, Carlo Cainelli e Giorgio Wenter), eseguiti prima della guerra, riflettono uno sguardo sereno, teso a rappresentare scorci della città e della natura.

Alla vigilia della Grande Guerra si attuò la diaspora. Dov’erano durante la guerra quei giovani roveretani? Cosa facevano? La mostra si sofferma proprio ad indagare l’operato di alcuni studenti usciti dalla Scuola reale elisabettina.

Carlo Cainelli, trasferitosi a Firenze per studiare all’Accademia, realizzò nel periodo della guerra alcune opere, esposte per la prima volta, che testimoniano uno sguardo inquieto e cupo, attraverso uno stile, affine a quello di Depero, che risente delle ricerche delle avanguardie. Uno sguardo inquieto, ma anche malinconico, quasi presago del terribile evento e della fine di un’epoca.

Allo scoppio della guerra tutti i roveretani lasciarono le proprie case, chi arruolato nell’esercito austriaco, chi volontario sul fronte italiano, chi trasferito nei campi profughi a Branau e Mittendorf, mentre a Katzenau erano confinati gli irredentisti.

Il percorso espositivo si configura sempre più come uno sguardo ravvicinato sulle testimonianze di chi vide la guerra da spettatore, di chi invece la visse, di chi morì al fronte, di chi documentò, di chi fu prigioniero, di chi s’impegnò per l’affermazione di ideali patriottici. Nei dipinti, nelle stampe propagandistiche, nelle fotografie, negli oggetti riaffiora così un universo costituito di ideali, di impegno, di patriottismo, di speranza, di dolore, di desolazione, di morte, ma anche di affermazione della cultura e dell’arte come strumenti di documentazione, di progettazione, di vita.

Paola Pizzamano - Curatrice della mostra

09/12/2014