Non ho l'età

Dall'Archivio della scrittura popolare di Trento alcune lettere a Gigliola Cinquetti diventano un film che racconta la storia di quattro emigranti svizzeri 

C’è aria di Festival di Sanremo, e come sempre si accendono le discussioni tra chi è a favore e chi no, tra chi lo guarda e chi no, tra chi lo evita, tra chi magari finge di non guardarlo. Alcuni giorni fa, ad esempio, Piero Angela ha dichiarato di non avere mai visto il Festival in televisione e di avervi partecipato una sola volta in compagnia di Rita Levi Montalcini per presentare un'iniziativa diraccolta fondi contro la sla.

Iniziato nel 1951, qualunque sia la propria opinione in proposito, il Festival ha accompagnato il boom economico, gli anni di piombo, la fine della prima Repubblica, il www, diventando parte della storia italiana, del costume, delle mode e del gusto del momento.

Per la generazione nata negli anni quaranta e cinquanta, ad esempio, Gigliola Cinquetti con la sua “Non ho l’età” ha rappresentato un riferimento. La canzone, vincitrice del Festival di Sanremo nel 1964, ha venduto quattro milioni di copie ed è stata tradotta in tutto il mondo.

Ma solo il titolo ci parla di un tempo che non è più il nostro. “Non ho l’età”. Un po’ viene da sorridere. Che cos’è oggi l’età? E L’età per cosa? “Per amarti, per uscire la sera con te”, recita il testo, mentre il ritornello si affida al candido invito "Lascia che io viva/ Un amore romantico / Nell' attesa/ Che venga quel giorno/ Ma ora no".

In questo contesto che stabilisce un immediato confronto tra ieri e oggi, è curioso scoprire che nell’Archivio della scrittura popolare di Trento, fra i vari fondi conservati vi è quello della popolare cantante veronese Gigliola Cinquetti che, nel corso della sua carriera, ha ricevuto e conservato oltre 140’000 lettere scritte dai suoi ammiratori e dalle sue ammiratrici. Molte di queste vengono dalla Svizzera e raccontano la difficile esperienza migratoria degli italiani in terra elvetica.

Da questo tema il regista Olmo Cerri ha preso spunto per un documentario dal titolo “Non ho l’età”, che ripercorre, su un asse temporale in movimento, quattro storie, racchiuse in quattro lettere scritte da quattro persone. Sono quattro lettere inviate a Gigliola Cinquetti. Tutti racconti accomunati dalla famosa canzone, in un’Italia religiosissima che faceva i conti con l’emigrazione di molti italiani in Svizzera.

Il film intercala documenti d’archivio, a foto d’epoca, a testimonianze, a interviste, a documenti odierni di quattro realtà vissute da generazioni di italiani: Carmela Schipani, che gestisce un negozio di tende a Berna, la quale, integrata perfettamente, parla lo schwiizerdütsch; Maria e Gabriella Brasson (madre e figlia) vivono alla periferia di Zurigo, a Glattbrugg; Lorella Previero, che attualmente vive in Italia, lavora in Svizzera, e con i genitori ha trascorso parte della sua vita a Locarno; e poi c’e don Gregorio Montillo, il parroco italiano trasferitosi a Coira per il seminario e rientrato in Calabria.

Carmela, don Gregorio, Gabriella e Lorella non si conoscono ma hanno molto in comune. A metà degli anni Sessanta, al culmine della grande ondata migratoria, sono arrivati in Svizzera. E qui, hanno vissuto gli anni di Schwarzenbach ascoltando la giovanissima cantante Gigliola Cinquetti, diventata celebre dopo la vittoria del Festival di Sanremo 1964. Quattro storie che si incrociano sulle note di una delle canzoni più popolari dell’epoca e che raccontano di speranze, sogni, solidarietà, ma anche (e soprattutto) di chiusura, xenofobia, clandestinità e sfruttamento. Quattro storie oggi più attuali che mai.


18/01/2018