Primo Levi: ponte tra cultura letteraria e scientifica

A cent'anni dalla nascita, attorno alla figura dello scrittore si intensificano studi e ricerche

"Sovente ho messo piede sui ponti che uniscono (o dovrebbero unire) la cultura scientifica con quella letteraria scavalcando un crepaccio che mi è sempre sembrato assurdo. C’è chi si torce le mani e lo definisce un abisso, ma non fa nulla per colmarlo; c’è anche chi si adopera per allargarlo, quasi che lo scienziato e il letterato appartenessero a due sottospecie umane diverse, reciprocamente alloglotte, destinate ad ignorarsi e non interfeconde. È una schisi innaturale, non necessaria, nociva frutto di lontani tabù e della controriforma, quando non risalga addirittura a una interpretazione meschina del divieto biblico di mangiare un certo frutto".

Riflette con quest'ampiezza di orizzonte Primo Levi ne L'altrui mestiere, l'opera saggistica pubblicata da Einaudi nel 1985 che raccoglie gli articoli pubblicati dallo scrittore su La stampa tra il 1976 e il 1984 (a parte due che sono del 1964 e del 1965). Una visione volta a creare ponti e non divisioni, che intende andare in direzione di una cultura multidisciplinare e senza barriere come unica via per provare a leggere la complessità del reale.

Oggi, a cento anni dalla sua nascita, avvenuta a Torino il 31 luglio 1919, guardiamo con questa prospettiva a Primo Levi, chimico, ebreo deportato ad Auschwitz, testimone sopravvissuto all'Olocausto, ma oggi sempre più letto e studiato per i suoi libri.

Se questo è un uomo è il lavoro di esordio di Primo Levi. Lo scrisse dopo essere sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz e dopo aver attraversato l’Europa intera in un viaggio di ritorno durato più di otto mesi. In calce al racconto, egli indica due luoghi e due date, «Avigliana-Torino, dicembre 1945 - gennaio 1947»: ad Avigliana c’era la sede della fabbrica dove lo avevano appena assunto come chimico, a Torino la casa dov’era nato e dove avrebbe abitato per tutta la vita. 

Da ricordare che la prima edizione di Se questo è un uomo fu stampata da una piccola casa editrice torinese, la De Silva, dopo che alcuni grandi editori, fra cui Einaudi, avevano rifiutato il manoscritto. Uscì nell’autunno del 1947, in 2.500 copie. L’opera ebbe alcune recensioni autorevoli, tra cui quella di Italo Calvino, che lo definì "il libro più bello uscito dall’esperienza della deportazione".

Dovettero passare alcuni decenni prima che Levi fosse apprezzato come scrittore e non solo come testimone: oggi la lucidità di analisi, l'eleganza e la sobrietà che caratterizzano lo stile narrativo delle sue pagine, lo rendono uno degli autori più letti e studiati in tutto il mondo. 


31/07/2019