"Quali sono i messaggi e i codici di comunicazione che gli specialisti affidano al Passato?"

Questo il tema dell'incontro che si è svolto stamattina a Trento presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia di via Gar 

[ © Castello del Buonconsiglio, Trento]

Aspetti della comunicazione sul patrimonio culturale: Franco Marzatico interverrà su questo tema nell'ambito del ciclo "Nuove frontiere dell'archeologia in Trentino"

Il potere del Passato si offre quotidianamente ai nostri sguardi, sempre più frettolosi e congestionati dall’inflazione di immagini, alimentata dalla rivoluzione digitale.

Il Passato è l’artefice dei paesaggi umani e le sue testimonianze fanno parte integrante delle esperienze e dei modi di vivere. La carica simbolica è enorme. Per il pensiero intollerante può diventare un ingombro da eliminare, con libri al rogo o con la dinamite che infierisce contro Budda e mura di pietra. Il Passato affiora spesso nell’agone politico. Come metafora o per rivendicazioni territoriali, oppure piegato a messaggi strumentali che individuano, a piacimento, gli “antenati giusti” ai quali ispirarsi: nella Roma imperiale per l’epoca fascista, nei Celti della padania per la Lega di Bossi. La visione del Passato è anche antinomica: più nobile e da conservare (tanto è più lontano), oppure vetusto e da superare.

Dalle rovine delle antiche civiltà, a chiese, palazzi e piazze, fino alle icone dell’arte consegnate alle esigenze del mercato consumistico, il Passato ci accoglie e sovrasta. Da turisti lo inseguiamo nei grandi “musei-supermercato” o come souvenir in orizzonti di viaggio più o meno esotico.

Ma in fondo cosa racconta e insegna il Passato o, più precisamente, quali sono i messaggi e i codici di comunicazione che gli specialisti affidano al Passato? Senza dubbio c’è bisogno di un profondo rinnovamento. Per coinvolgere e fare crescere le consapevolezze culturali del pubblico è necessario adeguare le “corde narrative”, prendendo atto dei livelli di preparazione offerti dai percorsi formativi nella scuola, dei cambiamenti intervenuti nelle soglie di attenzione e di concentrazione e dell’impatto delle nuove tecnologie. Se si escludono i protagonisti della divulgazione di massa televisiva che riescono a dialogare con il grande pubblico - peraltro imponendo cliché che privilegiano casi eccezionali e stravaganze - il mondo degli specialisti è rinchiuso nel cortocircuito di un linguaggio gergale, sempre più inaccessibile per i non esperti. Gli “addetti ai lavori” devono uscire dalla “torre d’avorio”. Come suggerisce Andrea Carandini, l’erudita è bene non sia un “…pedante invischiato fra enigmi o un parassita delle rovine ma un uomo intero, culturalmente vivo, in vario modo appassionato, interessante e utile anche oltre il suo mestiere, un individuo capace di confrontarsi con la società civile, un essere di questo mondo, capace anche di allietarlo oltre che di affliggerlo”.

Franco Marzatico - archeologo, Dipartimento cultura Provincia di Trento

03/02/2015