Vittorio Sgarbi e Dürer

Sul tema del "Paesaggio alpino" il critico ha proposto un'ampia prospettiva, da Leonardo a Caravaggio 

“Dürer, uno degli artisti più grandi di tutti i tempi, paragonabile solo a Leonardo per intelligenza e vastità di impresa. Il più italiano dei pittori tedeschi, il più classico, protagonista della pittura veneziana del primo Cinquecento, con un peso pari a quello di Giovanni Bellini. Lorenzo Lotto non sarebbe tale se non ne avesse studiato la capacità di lettura profonda della natura”.

In un’affollatissima sala, molte le persone in piedi, Vittorio Sgarbi ha iniziato con queste parole il suo intervento sabato 7 marzo presso il teatro di Segonzano. Il noto critico era, infatti, l’atteso ospite nell’ambito di Artisti in viaggio tra Germania e Italia. Da Dürer a Canova/ Künstler auf Reisen zwischen Deutschland und Italien von Dürer bis zu Canova, il convegno svoltosi nel fine settimana tra Cembra e Segonzano per la cura di Roberto Pancheri.

Paesaggio alpino: questo il titolo del contributo di Sgarbi alla due giorni di studio dedicata ad Albrecht Dürer (Norimberga, 1471 – 1528).

Nel 1494, nel corso del suo primo viaggio a Venezia, l’artista, forse per una piena dell’Adige, raggiunse Venezia attraverso la storica via Claudia Augusta. Dopo una probabile sosta al Klösterle, l’ospizio di San Floriano presso Egna, deviò lungo il sentiero per Pochi di Salorno. Salì al passo del Sauch, proseguì per il lago Santo, scese a Cembra, raggiunse Faver, il Castello e le Piramidi di Segonzano. I tre acquerelli in cui rappresenta il castello di Segonzano e il panorama della valle di Cembra testimoniano questo percorso.

“La natura di Dürer – spiega Sgarbi – non è mai idealizzata, si potrebbe definire ‘il primo Caravaggio’ perché guarda la realtà com’è, è il primo che per descriverla si affida ai propri occhi. Dopo il Quattrocento, i giotteschi, il gotico internazionale, il paesaggio reale nasce verso la fine del Quattrocento quando Dürer arriva in Italia”.

Stabilisce quindi una connessione tra Dürer e Leonardo attraverso Agostino da Lodi, allievo di quest’ultimo, la cui rappresentazione della natura è in stretto rapporto con la visione romantica di Giorgione.

“Il primo dipinto impressionista è La tempesta di Giorgione – approfondisce il critico -, ma con Dürer, e lo vediamo benissimo nell’acquerello del Castello di Arco, il viaggiatore vuole lasciare la memoria di ciò che ha visto, è quasi un appunto di viaggio che va nel segno opposto di ogni forma di idealizzazione: il paesaggio diventa protagonista perché ha un’anima”.

L’intervento è stato accompagnato dalla presentazione di immagini attraverso cui Sgarbi ha raccontato il paesaggio e la sua evoluzione. Si è soffermato su elementi della natura quali la famosa lepre di Dürer, “che sembra viva” e l'altrettanto nota zolla düreriana.

“Ogni opera realistica è astratta perché il pittore deve darne una sintesi – specifica – una sintesi che però in Dürer è miracolosamente analitica – ha concluso”.

redazione

09/03/2015