Fine pena ora

Teatro
[ http://www.teatrodimeano.it ]

di Elvio Fassone

adattamento e regia Simone Schinocca

con Salvatore D’Onofrio, Costanza Maria Frola, Giuseppe Nitti

assistente alla regia Valentina Aicardi

scenografia e light design Sara Brigatti / Florinda Lombardi

costumi Agostino Porchietto

in collaborazione con Festival delle Colline Torinesi

coproduzione Tedacà e Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale

Il prossimo appuntamento con la Stagione Professionale al Teatro di Meano è con lo spettacolo Fine pena ora, tratto dalla storia – vera e autobiografica – descritta dal testo omonimo di Elvio Fassone, magistrato ed ex componente del Consiglio Superiore della Magistratura. Lo spettacolo, rappresentato in doppia replica sabato 9 marzo alle 20.45 e domenica 10 marzo alle 16.00, porta in scena la corrispondenza lunga oltre 30 anni tra un ergastolano e il suo giudice, interpretati rispettivamente da Salvatore D’Onofrio e Giuseppe Nitti, con loro anche Costanza Maria Frola nella figura di Rosi, la donna che per vent’anni accompagna Salvatore di carcere in carcere in tutta Italia. Gli attori sono diretti da Simone Schinocca, che si è occupato anche dell’adattamento del testo di Elvio Fassone.

Il libro “Fine pena ora” racconta la storia vera di un’amicizia che si è sviluppata attraverso la corrispondenza tra un ergastolano e il giudice che l’ha condannato. Le vicende iniziano nel 1985 a Torino, dove si celebra un maxi processo alla mafia che dura quasi due anni. Tra i condannati all’ergastolo c’è Salvatore, considerato uno dei massimi esponenti del clan nonostante la giovane età.

Il presidente della Corte d’Assise è Elvio Fassone, ovvero colui che pronuncia la sentenza di condanna, ma anche la stessa persona che permette al giovane processato di andare a trovare la madre, gravemente malata. Quel piccolo gesto di empatia porta queste due vite a un dialogo che si approfondisce dopo la condanna, grazie alle lettere che Salvatore e il “Presidente” si scambieranno per 34 anni.

Nella messa in scena il pubblico viene proiettato nella cella di Salvatore, ormai cinquantacinquenne che ha già scontato oltre trent’anni della sua pena e che sente di non riuscire più a sostenere una vita in carcere senza possibilità di uscita. Come si può placare una condanna del genere? Con delle lettere e un’amicizia inaspettata.

Ed ecco che in uno dei suoi sogni compare il “Presidente”, con le fattezze del giovane uomo conosciuto all’inizio della sua esperienza carceraria. In questa dimensione onirica, la comparsa del presidente all’interno della cella di Salvatore innesca un flashback dove i protagonisti raccontano la loro storia: come si sono incontrati, quali sono state le vicende che hanno portato le loro vite a incrociarsi, come questa amicizia si sia sviluppata attraverso una corrispondenza lunga 34 anni.

Nella cella di Salvatore compare anche la figura di Rosi, la sua giovane fidanzata conosciuta durante l’adolescenza. La donna gli rimane accanto per vent’anni. Lo segue nei suoi trasferimenti in giro per l’Italia, dedica a quell’uomo tutta la sua giovinezza, fino alle soglie dei quarant’anni, quando sente l’esigenza di ricostruirsi una vita. La ragazza dà voce ai ricordi più ingenui di Salvatore, ma è anche il suo spirito guida, l’istinto che cerca di calmarlo nelle condizioni di maggiore sconforto.Questa relazione, insieme all’inaspettata amicizia con il presidente, ha permesso a Salvatore di sopravvivere all’ergastolo.

In scena tocca a Rosi il compito di sciogliere i nodi della gabbia di corde che intrappolano il protagonista, rappresentazione di un percorso di redenzione che non giustifica le colpe di un condannato, ma che potrebbe rendere possibile una nuova prospettiva di vita.

NOTE DI REGIA
In questo tempo in cui tutti urlano la propria posizione, il proprio sentire e il trovare un punto di incontro e conciliazione sembra impossibile, abbiamo scelto di dare luce a Fine pena ora. Questa storia ci insegna che un punto di incontro esiste sempre, anche tra mondi distanti e impossibili. Il filo del dialogo esiste sempre. Questa è in fondo la vera ragione per cui ho creduto così tanto in questo lavoro. Focus centrale dell’adattamento è il racconto dell’incontro umano tra il Presidente e Salvatore. Due mondi apparentemente inconciliabili, opposti e contrapposti che in 34 anni di corrispondenza diventano punto di riferimento l’uno per l’altro.

Le parole del libro di Fassone sono dense e sono state arricchite da un’intervista durata ore ed ore in cui il magistrato ci ha raccontato con grande disponibilità il cosa sia successo nei dieci anni successivi alla pubblicazione del testo, il come il loro rapporto si sia ancora trasformato e quanto ancora oggi questa storia faccia fatica a trovare una soluzione. E proprio da questa lunga intervista è nato l’incipit dell’adattamento. Ovvero la notte insonne prima dell’ennesima udienza per la libertà condizionale di Salvatore. 38 anni di attesa, che in un sogno si condensano e che accompagnano Salvatore al ripercorrere lettera dopo lettera il rapporto con il presidente e quanto vissuto.

Salvatore e il presidente si scrivono da 34 anni, ma non si sono mai più incontrati. Salvatore ha mandato qualche foto di sé al Presidente, Fassone mai. E in questo sogno il Presidente appare “giovane” come 38 anni fa al momento del processo. In fondo Salvatore non potrebbe immaginarselo in altro modo, e lo spettatore invece vede un Salvatore sessantenne, tormentato dall’ennesima speranza che quel “fine pena mai” possa diventare un “fine pena ora”. Abbiamo scelto di far emergere nel nostro adattamento anche la figura di Rosi, donna che per vent’anni accompagna Salvatore in un pellegrinaggio di carcere in carcere in tutta italia. Una figura che diventa l’emblema dell’attesa, una Penelope contemporanea che con la sua presenza per anni aiuta e assiste Salvatore nello sciogliere i nodi delle sue fatiche e del suo cambiamento. Proprio nell’immergersi nello studio di Rosi, un’immagine iconografica sacra ci è riaffiorata alla mente. Un’immagine semplice e disarmante per la sua forza comunicativa, una Madonna che ha una corda piena di nodi in diventa una corda libera dagli intoppi e dalle costrizioni.

E proprio da quell’immagine nasce lo spunto per l’allestimento scenografico. Una cella colma di corde e nodi. Le corde, i lacci, le stringhe oggetti vietati e banditi nelle carceri, proprio perché potrebbero essere usate per diventare cappi con cui togliersi la vita. E allora nella dimensione onirica in cui abbiamo fatto avvenire l’incontro reale tra i personaggi, l’oggetto bandito riempie lo spazio, si riempie di nodi da sciogliere e diventa confine insuperabile ma che al contrario delle sbarre sarebbe facilmente attraversabile. Tutto quello che ci accade è la nostra vita. Questo il grande insegnamento che Salvatore ha donato al Presidente.

Il ripercorrere e accompagnare lo spettatore nel permanere nella cella per 38 anni di Salvatore, nella ricostruzione di una vita possibile anche se “fine pena mai”, parla alle nostre vite e diventa messaggio universale, perché uno spazio di umanità, di possibilità e di speranza è sempre possibile, anche quando tutto sembra dirci il contrario.

Costi

Ingresso singolo: 12€ intero, 10€ ridotto, 8€ Card Amici dei Teatri, ridotto inquilini ITEA 5€

Info biglietti: info@teatrodimeano.it – T. 0461 511332 (dall’8 settembre al 14 ottobre 2023 → dal martedì al venerdì dalle 16 alle 20 e il sabato dalle 10 alle 12.30; dal 17 ottobre 2023 → dal martedì al giovedì dalle 17 alle 20, il venerdì dalle 10 alle 14 e il sabato mattina dalle 10 alle 12.30)

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