L'Europa sequestrata

Convegno

Mercoledì 13 dicembre, alle 17,30, a Trento, nella “Sala Rosa” della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige (Piazza Dante) il Centro Studi sulla Storia dell'Europa Orientale organizza una conferenza del ciclo “Momenti di storia mitteleuropea”. Fernando Orlandi interverrà su “L’Europa sequestrata”. Introduce Massimo Libardi.

Nella storiografia contemporanea è ancora molto acceso il dibattito sui caratteri della politica estera sovietica, soprattutto per quando riguarda il periodo immediatamente precedente l’inizio e quello immediatamente successivo la fine della Seconda guerra mondiale.
Il famoso patto Molotov-Ribbentrop fu molto di più di quello che i sovietici ammettevano. Infatti, nei protocolli segreti allegati alla parte pubblica dell’accordo si stabiliva la spartizione dell’Europa in sfere di influenza fra Germania e Unione Sovietica. La divisione della Polonia e l’annessione di Estonia, Lettonia, Lituania, Bessarabia e Bucovina da parte di Mosca, rappresentavano la diretta conseguenza dell’accordo sulla divisione dell’Europa in sfere di influenza. La postura aggressiva di Mosca prosegue con l’inglorioso attacco dell’Armata Rossa alla Finlandia, infine costretta a cedere all’aggressore una parte del proprio territorio.
La politica di Stalin, convinto che l’alleanza con la Germania fosse vantaggiosa per tutti e due i paesi, si rivelò poi suicida. Il noto storico russo Mikhail Narinskii ha messo in evidenza che “alla luce dei nuovi documenti cade la tesi, per decenni affermata dalla storiografia e propaganda sovietiche, che il patto con la Germania doveva concedere all’Urss una pausa di respiro e ritardare la guerra… In realtà, Stalin non ha guadagnato tempo ma territorio”.
La stessa logica, quella della conquista territoriale, anima Stalin quando confida al dirigente comunista jugoslavo Milovan Gilas, poi divenuto dissidente: “Questa guerra è diversa da tutte quelle del passato; chiunque occupa un territorio gli impone anche il suo sistema sociale. Ciascuno impone il suo sistema sociale, fin dove riesce ad arrivare il suo esercito; non potrebbe essere diversamente”.
Quando Stalin pronuncia queste frasi siamo nell’aprile del 1945, solo un paio di mesi dopo la conferenza di Yalta, quella conferenza che nelle intenzioni dei dirigenti occidentali doveva aprire le porte alle elezioni libere e democratiche.
La realtà sarà ben diversa. Fin dove arrivarono le truppe dell’Armata Rossa con al suo seguito gli uomini dell’Nkvd, la polizia segreta, predecessore del Kgb, sarà poi imposto un regime di tipo sovietico.

Gli anni dell’immediato dopoguerra saranno particolarmente duri per i paesi dell’Europa centro-orientale: la ricostruzione dalle gravissime distruzioni della guerra si accompagnerà con la sovietizzazione, la collettivizzazione delle campagne e la statalizzazione di tutta l’industria.
Negli ultimi anni di vita di Stalin il primato assegnato all’industria pesante verrà ulteriormente accentuato, con l’introduzione di un quasi regime di guerra e la militarizzazione delle economie nazionali.
La situazione inizia a cambiare nella primavera del 1953 quando, dopo la morte di Stalin, per iniziativa soprattutto di Lavrentii Beriya, verrà introdotto il “nuovo corso”, vale a dire l’allentaemnto della stretta sulla società, il trasferimento delle priorità dall’industria pesante all’industria leggera (vale a dire ai beni di consumo), la limitazione dei potere della polizia segreta e la liberazione dei detenuti e un cambiamento nei gruppi dirigenti, con la sostituzione degli uomini più compromessi con lo stalinismo.
Fra alti e bassi il “nuovo corso” si imporrà, ma con molta moderazione. A Mosca, ultima eco delle pratiche dello stalinismo viene comunque eliminato Beriya, che intendeva accellerare le trasformazioni e l’apertura della società sovietica.
Nell’Europa centro-orientale le ripercussioni saranno rilevanti, soprattutto in Polonia e Ungheria nel 1956, dopo che Nikita Khrushchev al Ventesimo congresso del Pcus leggerà il famoso “rapporto segreto”.
Nel giro di pochi mesi il polacco Gomulka dalla prigionia ritornerà al potere. Quanto è accaduto a Varsavia costituisce il detonatore del malcontento degli ungheresi. A Budapest i cambiamenti si sono arrestati e per questo la popolazione scende in piazza. Nel giro di qualche giorno monta un movimento rivoluzionario che verrà schiacciato dai carri armati sovietici. Quando si chiude il 1956 si chiude anche una fase storica dei regimi di tipo sovietico.
Il noto scrittore (ed esule) Milan Kundera all’inizio degli anni Ottanta poi scriverà che una parte del continente europeo era stato “rapito”, strappato con la violenza al suo naturale cammino con il resto dell’Europa. Solo con il 1989, la “tavola rotonda” in Polonia, la “rivoluzione di velluto” a Praga, il crollo del muro di Berlino e la fine della guerra fredda si aprirà una nuova stagione per i paesi dell’Europa centro-orientale.
Questo periodo storico viene esaminato nella conferenza “L’Europa sequetrata”, che Fernando Orlandi terrà mercoledì 13 dicembre, alle ore 17,30, nella “Sala Rosa” della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige (Piazza Dante). La conferenza è organizzata dal Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale (CSSEO).


organizzazione: CSSEO Centro Studi sulla Storia dell'Europa Orientale