L'eterno marito

Teatro
[ spettacoli@trentospettacoli.it]

dal romanzo breve di Fëdor Dostoevskij 

libero adattamento di Davide Carnevali 

con Ciro Masella e Francesco Villano

scenografia Maddalena Orianicostumi Margherita Platédisegno luci Omar Scala

sound design Gianluca Agostinitecnica Emanuele Cavalcantivideo Alberto Sansonefoto Lorenza Daverio

assistente alla regia Valeria Fornoniorganizzazione Daniele Filosi e Dalila Sena

ufficio stampa Cristina Pileggi

un ringraziamento speciale a Sofija Zobina, Massimo Demarchi e Lia Fedetto

regia Claudio Autelli

una co-produzioneLab 121  / TrentoSpettacoli

con il sostegno di NEXT Laboratorio per le idee | Regione Lombardia

Fondazione Caritro Provincia Autonoma di Trento Centro Servizi Culturali Santa Chiara Trento

 

I TEMI DELLO SPETTACOLO

 

In alcuni periodi, nel corso della vita, capita di rendersi conto che l’immagine che ci siamo scelti, o, meglio, che desideriamo per noi stessi, ci guardi dall’alto e ci costringa, come imputati, alla sbarra di un processo che decidiamo di autoinfliggerci. Quanto c’è di obiettivo in questo giudizio? Quanto è frutto del contesto in cui siamo immersi? Oppure, dall’altra parte, rispetto a scelte passate che nei fatti si sono dimostrate sbagliate, è possibile dimenticarne la responsabilità? In generale, giuste o sbagliate, negative o positive, reali o immaginate che fossero queste scelte, siamo in grado di affrontare l’arringa dei sensi di colpa?

Quello che ci propone l’autore con questa storia poco conosciuta è un viaggio tra il sogno e la realtà dentro questi movimenti dell’animo umano. Alcune domande che sembra lo attraversino potrebbero essere le seguenti: siamo ancora in grado di esercitare la cura? Di essere padri, maestri, guide? Questo è il provocatorio monito che ci lancia Dostoevskij.

La commedia di questo grande autore mantiene un’aderenza con la contemporaneità proprio trattando di uomini comuni che si trovano a combattere con la paura di non essere accettati dalla società, del giudizio altrui e ancor di più del loro stesso giudizio nei propri confronti. Questo feroce e autodistruttivo gioco di sfida con i propri fantasmi prende sul palco le fattezze di un dialogo del protagonista Aleksej con un grottesco conoscente che risorge dal passato.

Questa storia comincia con l’inizio della fine, quando ormai sembra che la vita non possa più sorprendere il protagonista. Aleksej prova a rimanere ancorato alle proprie certezze acquisite nel tempo, ma dentro sorge il bisogno insopprimibile di fare un bilancio della propria vita: spingono i sogni, le visioni, il proprio corpo, il tempo atmosferico, l’ipocondria. È proprio allora che l’autore gioca con il suo personaggio, e lo mette alla prova. Nel modo più imprevisto gli prospetta un’ultima chance.

 

 

NOTE DI REGIA

 

Quello a cui assistiamo è un racconto che usa la forma epica e i dialoghi in situazione, il teatro e il cinema, il live e il reperto filmico. Due attori compongono uno spettacolo davanti ai loro spettatori: in mezzo al palco nudo c’è la scena di una stanza ai piedi di una parete, che è anche schermo proiettivo. Il confronto tra i due personaggi/attori appare come un duello tra due parti antitetiche di uno stesso insieme: Vel'caninov (Francesco Villano) si trova sempre più immischiato in questo rapporto di attrazione/repulsione con Trusozkij (Ciro Masella). La stessa presenza del suo ospite ricorda a Vel’caninov le proprie responsabilità rispetto ad accadimenti del passato che si volevano dimenticati: Trusozkij è come uno specchio deformato del protagonista stesso.

Oltre la “stanza”, la sala teatrale stessa, con le sue quinte, le sue maschere, i suoi ingranaggi e i suoi anfratti, diventa il luogo naturale per questo duello: Trusozkij condurrà il suo amico nelle segrete del suo essere, lo trascinerà in basso al punto che Vel'caninov stesso arriverà a considerare le sue stesse gesta, il rapporto con l’ospite e collega, e l’ultimo periodo trascorso insieme in quel teatro, “un’ignobile porcata”. Una storia che si muove sul filo della dicotomia tra redenzione e perdizione. Una seduta di psicanalisi prima ancora che Freud potesse esporre le sue teorie, una riprova del genio letterario di Dostoevskij espresso in un testo minore da riscoprire.