La Grande Guerra tra arte e propaganda

Convegno

La seconda Guerra dei Trent'anni

Mercoledì 29 ottobre 2014, alle 17,30, a Trento, nella Sala degli Affreschi della Biblioteca comunale (Via Roma 55) il Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale e la Fondazione Museo Storico del Trentino organizzano l’incontro-dibattito “La Grande Guerra tra arte e propaganda”. Intervengono Massimo Libardi e Fernando Orlandi. Introduce Giuseppe Ferrandi.

A Vienna, nel corso della Prima guerra mondiale prende vita una esperienza tanto unica quanto straordinaria. Un ampio gruppo di intellettuali di primo piano entra a far parte del Quartier generale della stampa di guerra: si tratta soprattutto di scrittori, quali Robert Musil, e pittori, fra i quali i grandi nomi dell’avanguardia, da Egon Schiele a Oskar Kokoshka, da Alfred Kubin al modernista tirolese Albin Egger-Lienz.

Robert Musil dirigerà anche una rivista, la “Soldaten Zeitung”, che si pubblica a Bolzano, mentre i “Kriegsmaler”, i “pittori di guerra”, un vero e proprio corpo di pittori-ufficiali, forniranno una unica quanto variegata rappresentazione pittorica della guerra.

L’importanza attribuita alla propaganda bellica, il controllo della stampa, l’uso della disinformazione sono tratti caratteristici della Grande guerra. Per la prima volta il conflitto viene raccontato secondo alcuni codici comuni e mediante l’uso di immagini (fotografie, cartoline, manifesti) che le nuove tecniche permettevano di riprodurre in migliaia di esemplari. Questa vasta produzione segue le regole e i codici che saranno poi quelli della pubblicità: la Grande guerra fu anche l’immagine veicolata da tutto questo materiale.

Ogni esercito diffondeva racconti raccapriccianti e atroci per spaventare la popolazione e per giustificare le proprie crudeltà. Tuttavia, nell’Austria-Ungheria la propaganda permise alcuni straordinari momenti di creatività. Uno di questi è il corpo dei “Kriegsmaler”.

Dalla fine del 1915 il Quartier generale della stampa di guerra organizzò con regolarità delle esposizioni dei “Kriegsmaler”, sia all’interno della Duplice Monarchia e dell’alleata Germania che in paesi neutrali quali Norvegia, Svizzera e Olanda. I quadri esposti non erano solo quelli di proprietà dell’esercito, ma anche dei singoli artisti. Il numero degli artisti coinvolti, alcune centinaia, e delle esposizioni, fa dei “Kriegsmaler” un’esperienza unica, di cui non è stata ancora analizzata la portata. In anni in cui i contatti fra gli artisti erano ridottissimi se non inesistenti, l’organizzazione delle mostre rappresentò un importante occasione di circolazione di idee e stili.

Massimo Libardi e Fernando Orlandi ripercorrono questa vicenda e presentano il film-documentario “Kriegsmaler. Pittori di guerra”, di cui ne verranno proiettate delle parti.

Questo incontro è il primo del ciclo “La seconda Guerra dei Trent’anni”, organizzato dal Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale e dalla Fondazione Museo Storico del Trentino.

Più ci si allontana dallo scoppio della Grande Guerra, più questa non appare come un unicum, ma come l’inizio di una nuova era, l’irruzione del moderno, con il suo predominio della tecnologia, l’idolatria delle masse, la nascita di nuovi linguaggi (la propaganda, il cinema, il consolidamento della fotografia), il dominio delle ideologie. La Grande Guerra appare come l’inizio di un periodo di instabilità che si concluderà con il 1945, una epoca caratterizzata dai due conflitti mondiali – entrambi delle guerre totali completamente diverse da quelle che le hanno precedute –, dalle rivoluzioni sociali e dall’ascesa delle dittature.

Per questo il periodo che va dal 1914 al 1945 viene considerato dagli storici – pur all’interno di diverse prospettive storiografiche – come un periodo unitario variamente definito “seconda guerra dei Trentuno anni” del XX secolo (Eric Hobsbawm); “la Guerra dei Trent’anni della crisi generale del Novecento” (Arno Mayer); la “guerra civile europea” (Eric Nolte).

Come scrive Hobsbawm “entrambe furono carneficine senza eguali e si lasciarono dietro le immagini degli incubi tecnologici che ossessionarono i giorni e le notti delle generazioni successive […]. Entrambe si conclusero con il crollo della civiltà e con la rivoluzione sociale in larghe regioni dell’Europa e dell’Asia. Entrambe lasciarono le nazioni belligeranti prostrate e indebolite, a eccezione degli USA, che uscirono dalle due guerre senza aver subito danni, con una maggiore ricchezza e con il ruolo di signori economici del mondo”.


organizzazione: Centro Studi sulla Storia dell'Europa Orientale - Fondazione Museo Storico del Trentino