Paesaggio con fratello rotto
Uomo/animale: incontri tra generi
Teatro
Teatro Valdoca
Paesaggio con fratello rotto
Tre tappe spettacolari ideate e dirette da Cesare Ronconi
Prima tappa: Fango che diventa luce
Per 3 animali, un macellaio, un oracolo, un cantore
Produzione: Teatro Valdoca in collaborazione con Teatro A. Bonci di Cesena Drodesera>Centrale Fies 2004
Regia di Cesare Ronconi
parole di Mariangela Gualtieri
Con Marianna Andrigo, Silvia Calderoni, Leonardo Delogu, Elisabetta Ferrari, Dario Giovannini e Muna Mussie
Musiche dal vivo: Dario Giovannini
Campionamenti: Aidoru
Scene di Stefano Cortesi
Fonico: Luca Fusconi
Macchinista: Federico Lepri
Costumi di Patrizia Izzo
Organizzazione: Morena Cecchetti e Emanuela Dallagiovanna
Con il contributo di Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Emilia Romagna e Provincia di Forlì-Cesena
Siamo in cammino verso un nuovo lavoro. Sentiamo l'urgenza di un atto schietto, di parole salutari. Non abbiamo smesso di credere nella forza della poesia, di pensare ad uno spettacolo come ad un atto di resistenza contro la Signoria Attuale. Ci guardiamo intorno e scorgiamo ovunque segni invasivi di questa forza indebolente. Pochi chilometri più in là la vediamo all'opera coi suoi morti ammazzati e bombardati. Ecco, ci muove una voglia di tenerci ben desti, vicinissimi al cuore della vita, di pronunciare parole troppo taciute, di cantare e ballare con la potenza disarmata dei bambini. Questo spettacolo sarà la nostra risposta al presente.
HANNO DETTO:
"Un'opera sul collasso del nostro pianeta, sul collasso del mondo e della lingua.
In questo collasso il mutismo degli animali rappresenta la voce di una divinità arcaica, sottile, che non può intervenire ma si manifesta in uno sguardo sacro.
Forse gli animali sono più vicini a Dio dell'uomo".
Cesare Ronconi
Tre animali, un macellaio, un oracolo ed un cantore: al centro un altare o forse uno scannatoio, una macelleria. Poi un grande organo che suona dal vivo, imponente, espanso: il suo suono è rotto a tratti da strappi di musica rock, dalle voci recitanti, dai versi degli animali. Le parole sono visionarie. Le immagini dure e impressionanti. La musica, il canto e i tanti simboli che riempiono la scena, tutto tenta di parlare a qualcosa che non è l'intelligenza.
Non abbiamo smesso di credere nella forza della poesia, di pensare ad uno spettacolo anche come atto di resistenza contro la Signoria Attuale. Che cosa sia questa Signoria Attuale in parte tutti lo sappiamo e in parte non lo sapremo mai: una forza, comunque, che tenta di fare di noi un ovile muto, di deprimere la nostra vivezza, di metterci sulla schiena pesi schiaccianti. Ci guardiamo intorno e scorgiamo ovunque segni invasivi di questa forza indebolente. Pochi chilometri più in là la vediamo all'opera coi suoi morti ammazzati e bombardati.
Ecco, ci muove una voglia d'esortazione, una paura, una pietà. Soprattutto la voglia di tenerci ben desti, di pronunciare parole troppo taciute, di cantare e ballare con la potenza disarmata dei bambini".
Mariangela Gualtieri
"E' una favola smagliante come un balletto russo, come un'operina di Stravinskij, di quelle dove musica, parola, corpo danzante vanno ognuno per conto proprio creando un unicum avvolgente.
Nella poesia, nel colore chiassoso, esotico, meraviglioso Mariangela Gualtieri e Cesare Ronconi, con un gruppo di giovani attori di commovente sensibilità, scolpiscono un'opera misteriosa e contemporanea, sognante, straziata, intimamente politica".
Massimo Marino, "Hystrio", n.4 - 2004.
"Spettacolo visionario e di gran potenza emotiva, con partitura straziante e liricissima di Mariangela Gualtieri, la poetessa più metafisica e liturgica della ricerca italiana, e con espansione di musica rock, di voci recitanti, di versi di animali e di canti d'opera in tema di tragedie simboliche contro ogni autoritarismo, nel quadro di una regia di Cesare Ronconi sempre tesa tra etica ed estetica. Un lavoro che imprime un tatuaggio nella mente, negli occhi e nelle orecchie".
Rodolfo Di Giammarco, "La Repubblica", 24 marzo 2005.
"Spettacolo-poesia, una fragola rossa da gustare sospesi sopra l'abisso mentre una tigre ci impedisce la risalita".
Rossella Battisti, "L'Unità", 24 luglio 2004.
"Al patto naturale fra la creazione e le sue leggi, da cui l'umano è irrimediabilmente uscito (sua la rottura del giuramento, suo il peccato originale) mi porta il Paesaggio del Teatro Valdoca che riconosco come in un sogno d'infanzia".
Gian Maria Tosatti, "Il Tempo", 1 aprile 2005.
"Viatico della disperazione, questo spettacolo, ma resistenza della natura spezzata, come i tronchi depositati sulla scena, tagliati e pur maestosi in quanto frammenti".
Luca Archibugi, "Corriere della Sera", 2 aprile 2005.
"Un monito vibrante e doloroso da accogliere, fare nostro e non dimenticare".
Laura Novelli, "Il Giornale", 6 aprile 2005.