Rachida

Cinema

Mediterraneo inquieto

Francia/Algeria, 2002
Titolo originale: Rachida
Genere: Drammatico
Durata: 100'
Regia: Yamina Bachir-Chouikh
Cast: Ibtissem Djouadi, Bahia Rachedi, Zachi Boulenafed

Rachida è una giovane e bella insegnante che vive e lavora in un quartiere popolare di Algeri. Una mattina, mentre si reca al lavoro senza aver indossato il velo, viene avvicinata e insultata da un gruppo di terroristi che le ordinano di portare una bomba nella scuola. Nonostante la paura, lei rifiuta. Accecato dalla rabbia, il capo banda le spara allo stomaco e scappa insieme a tutti gli altri...Miracolosamente Rachida sopravvive. Decide di lasciare Algeri per cercare riparo in un villaggio dove si trasferisce con la madre, considerata una donna disonorata perché divorziata...
Opera prima di una regista nata ad Algeri, Rachida dà voce alle donne, alla loro forza morale, alla capacità di reagire di fronte alla violenza. Applaudito a Cannes - nella sezione Un certain regard - e premiato come miglior lungometraggio al 13° Festival del cinema africano di Milano, ha il valore della testimonianza e della fiducia in un futuro più umano.

A un film come Rachida è difficile rimproverare qualcosa, dato che si tratta di una delle rarissime pellicole cui non fa certo difetto la buona volontà di affrontare un problema per lo più assente dagli schermi cinematografici. Per di più, quando tali tematiche vengono trattate da un punto di vista presumibilmente privilegiato rispetto a quello maschile dominante (ovvero quello di una giovane donna che lotta per la propria emancipazione) al fine di cogliere gli aspetti più odiosi e degenerati di una cultura come quella islamica, diventa ancor più difficile mettere equamente sul piatto della bilancia le qualità e i difetti. Tuttavia, il fiato corto di Rachida emerge proprio da quelli che, a dire dell’autrice, dovrebbero essere i pregi della pellicola, ovvero trattare una tematica dal punto di vista di una storia comune, di una vicenda privata come tante altre anche perché realmente accaduta, e che, proprio in virtù di tale caratteristica, dovrebbe coinvolgere e convincere lo spettatore. Probabilmente con un’eccessiva dose di ingenuità e fiducia nella forza della narrazione, la regista sceglie una forma filmica concentrata sulla rappresentazione di una singola vicenda e poco interessata a cogliere l’universo reale esterno alla finzione. A dispetto dell’autenticità della storia, ben poco della realtà algerina ci viene rivelato, se non ciò che pertiene esclusivamente all’universo narrativo che, a tratti, sbilancia pericolosamente il film verso una deriva finzionale per la quale il grande schermo sembra sprecato. Una sceneggiatura poco coinvolgente, perché incentrata in maniera un po’ superflua sul trauma di un singolo personaggio, non riesce a trasformare le tematiche impegnate al fondo della pellicola in un racconto davvero appassionante: dalla rappresentazione della vita calma del villaggio alle scene di azione, dalle figure dei membri della piccola comunità contadina a quelle dei terroristi, tutto rivela la grana grossa di una rappresentazione troppo invadente rispetto alle ambizioni alte del film. Insomma, dalla presa di coscienza immediatamente successiva al ferimento fino alla fine del film la protagonista non “cresce” e, con lei, anche il film, totalmente incentrato sulla sua figura.
Un’occasione sprecata, quella di Rachida, per due motivi fondamentali. Si tratta in primo luogo di un film che, a dispetto di quanto abbiamo fin qui evidenziato, avrebbe potuto essere meno banale a patto di un minimo di attenzione in più da parte della regista Yamina Bachir Chouikh, qui al suo esordio dietro la mcchina da presa dopo essere stata montatrice e sceneggiatrice, un’esperienza, questa, che pesa forse eccessivamente sull’intera struttura della pellicola. In secondo luogo è un peccato che uno dei rarissimi esempi di cinema nordafricano usciti nelle nostre sale, malgrado tutti i limiti di una distribuzione asfittica qual è quella italiana, si dimostri abbastanza deludente per quei pochi che avessero deciso di preferirlo magari a prodotti di maggiore richiamo spettacolare.
Fabrizio Colamartino, 01/05/2003
da www.frameonline.it


organizzazione: Federazione Italiana Cineforum