Radio Argo

Teatro

Benvenuti a Teatro
Stagione di Prosa
Tendenze Prosa

Teatro RossoSimona
Radio Argo
di Igor Esposito e Peppino Mazzotta
regia Peppino Mazzotta
con Peppino Mazzotta
musiche originali Massimo Cordovani
suono Cesare Gardini
luci Paolo Carbone
scene Angelo Gallo
costumi Rita Zangari

Lo spettacolo è incentrato sulle vicende precedenti e successive alla guerra di Troia. In questa riscrittura dell’unica trilogia superstite della tragedia greca, l’Orestea, una voce catturata da un microfono racconta il sacrificio di Ifigenia da parte del padre; l'assassinio di Agamennone e di Cassandra da parte di Clitemnestra e di Egisto; la vendetta di Oreste che si abbatte sulla madre. La complessità della rappresentazione, costruita su più piani logici ed emozionali, viene sostenuta interamente da Peppino Mazzotta che moltiplica la sua presenza fornendoci una prova di eccellente e originale qualità.

“Buona sera dal vostro amico delle sere. Di questi interminabili collassi. Buona sera a tutti i nostri affezionati ascoltatori cui prima o poi capiterà di essere sintonizzati, stanchi e soprattutto soli. Soli ma con la vostra radio. Questo ronzare che sembra che vi sfianchi fino a che non si fa voce che vi sforza e vi tiene compagnia. Oggi fanno dieci anni, dieci corse, dieci pasque. Dieci tramonti in cui muore maggio. Dieci attese perché quel sole torni a tramontare. Dieci anni da quel primo maggio. Quando fu che legammo i letti coi legacci. E partì il primo viaggio. E noi sostammo al vento, alle folate improvvise per cui oscillavano i cavi e volavano i capelli. Salutammo e partirono i soldati. E ora vedete? Non so nemmeno più da dove parlo. Se sono una persona da teatro o soltanto la voce di una radio. I ricordi perdono il corpo e diventano fantasmi. Vorrei correre più veloce di questo orologio a rughe che batte il suo ritardo nell’assalto con cui segna la pelle. Ma sotto quali pieghe si nasconde la vergogna di quella partenza?”
Una voce, sola, catturata da un microfono e lanciata nella notte vaga di ripetitore in ripetitore alla ricerca di orecchie che vogliano sentirla; una voce come il fuoco impetuoso e affannato che rimbalzò da Troia fino ad Argo, su valli, colli e montagne, per annunciare, ad occhi che volessero vedere, il ritorno vittorioso della flotta Greca.
Una voce nel cuore della notte, desolata, impotente, che tiene compagnia a chi non riesce a dormire. Un suono modulato e amplificato che dà corpo a una voce. Una voce che si fa suono e si mescola ad altri suoni, che “voce” non sono, per evocare altre voci, altri corpi, altri suoni. Una voce lontana, che sa farsi vicina e familiare, che dà voce alle nostre passioni. Le nostre distrazioni. I nostri inganni. Le nostre guerre. I nostri morti. Le nostre vendette. Le nostre sconfitte. Una voce che si fa carico della memoria; preoccupata che il ricordo si sbiadisca perché la memoria è una gatta che non si affeziona a nessuno e all’improvviso può scomparire e lasciarci orfani. E l’unico modo per trattenerla è cercare di rendere il ricordo sempre nuovo e autentico.

Lo spettacolo è incentrato sulle vicende degli Atridi precedenti e successive alla guerra più conosciuta e celebrata nella storia dell’umanità: la guerra mossa dagli Achei contro la città di Troia. Il sacrificio di Ifigenia da parte del padre Agamennone per consentire all’esercito di partire per la guerra. L’assassinio di Agamennone e della sua schiava Cassandra da parte della moglie Clitennestra e del suo amante Egisto; la vendetta di Oreste, unico figlio maschio di Agamennone, che si abbatte sulla mamma Clitennestra e su Egisto.
Igor Esposito racconta la sua storia attraverso cinque voci – Ifigenia, Egisto, Clitennestra, Agamennone, Cassandra, Oreste - che si rincorrono in un valzer di fantasmi. Fantasmi che tornano in vita, che tornano in voce per spiegarci l’arcano passato da cui veniamo e il presente in cui navighiamo. E lo fa con prepotenza, con un linguaggio forte, deciso senza mezze misure quasi volesse prendere le distanze dalla cronaca contemporanea che ci insinua notte e giorno offrendoci ogni pruriginoso e inutile dettaglio di tragedie quotidiane che si consumano lontane.
Igor Esposito vuole farci dimenticare il linguaggio edulcorato, diluito e politicamente corretto di quelle cronache e torna ad un parlare franco senza censure nè compremessi dettati dal calcolo o l’interesse. E così facendo ci fa sentire di nuovo il pericolo della realtà che ogni giorno attraversiamo, ce la fa assaporare fino in fondo in un processo di smascheramento continuo e inesorabile. Ci mette a disagio abituati come siamo alla distanza tra noi e le cose, tra noi e le persone.
Peppino Mazzotta


organizzazione: Centro Servizi Culturali S. Chiara