Spider

Cinema

Il nome del passato

Canada, 2002
Titolo originale: Spider
Genere: Thriller
Durata: 98'
Regia: David Cronenberg
Cast: Ralph Fiennes, Gabriel Byrne, Miranda Richardson, Lynn Redgrave, John Neville

Dal romanzo di Patrick Mc Grath.
Dennis Clegg, un uomo sulla trentina, sta cercando di ricostruire la sua vita dopo essere stato dimesso da un ospedale psichiatrico. Scrivendo un diario, Dennis cerca di scoprire la verità sul suo misterioso passato e la causa della morte di sua madre. "Spider" era il soprannome con cui lei lo chiamava.

Leggendo Spider, il bel romanzo di Patrick McGrath da cui origina questo film, colpisce che il protagonista, quando parla del manicomio dove è stato a lungo rinchiuso, lo chiami “il Canada”: una curiosa combinazione, forse perfino un motivo di più perché la sceneggiatura di Spider finisse sul tavolo di un regista (canadese) come David Cronenberg. Comunque sia andata (in realtà è stato poi il nome di Ralph Fiennes, che voleva fortissimamente il ruolo del titolo, a convincere Cronenberg), il film pare avere meno forza del romanzo. A ben guardare, invece, ha soltanto una forza diversa.
Dennis Clegg, soprannominato Spider, viene dimesso da un manicomio criminale e inviato in una casa di recupero. Sono passati vent’anni dal suo ricovero, e lui sta cercando di ricostruire gli orribili segreti della sua infanzia, ma non riesce a distinguere fra allucinazioni e ricordi: chi ha ucciso sua madre? Davvero è stato il padre, che l’ha sostituita con una volgare prostituta?
Resteranno forse delusi i fan del Cronenberg degli orrori: qui non ci sono scene raccapriccianti, tutti gli spaventi sono interiori. Per tradurre in linguaggio cinematografico il mondo di Spider, il regista non ha fatto che sottrarre: gli ha svuotato Londra intorno, lasciando che si aggirasse confuso in una periferia desolata, dove non ci sono persone né automobili; ha sostituito la sua voce, che la prima sceneggiatura di McGrath aveva previsto narrante, con un borbottio agglutinato e inafferrabile; ha trasformato il suo diario in un ammasso di segni fitti e insensati.
Cronenberg ha filmato i vuoti e i fantasmi della memoria, ha messo Spider adulto in scena con Spider bambino, seduto a guardare la sua infanzia, oppure ad allucinarla. Ha voluto correre un rischio che sicuramente lo affascinava, quello della soggettiva mentale, e in qualche momento ha fatto vacillare anche la nostra percezione di spettatori. Certo, non ci ha raccontato una storia: ci ha lasciati immersi in un’atmosfera alterata e incerta.
Un film - almeno a una prima visione - forse troppo rarefatto e sospeso, perfino formale, ma che poi “cresce” nel ricordo come un’entità mutante, cronenberghiano ben oltre le apparenze. Il regista del resto ha dichiarato, provocatoriamente: “Spider sono io”, spiegando che non considera Spider un malato, ma “l’emblema di un artista, una persona che lavora sull’interiorità, che usa un proprio linguaggio, e si occupa di temi universali come quello dell’identità e della memoria”.
Ma anche – e soprattutto - un film di recitazione, una prova intensa d’attori: intrappolato nella sua tela di ragno, quello spago teso fra le pareti della sua stanza, Ralph Fiennes è più bravo che mai (probabilmente il miglior attore in circolazione: da non perdere nemmeno in Red Dragon, versione serial killer). Con lui sono strepitosi anche Miranda Richardson, che deve scomporsi in tre donne diverse, e Gabriel Byrne (alla miglior prova della carriera) cui tocca il compito, perfino più difficile, di rendere possibili o impossibili, senza sdoppiamenti, le colpe di un padre qualunque.
Susanna Pellis, 10/12/2002 da www.frameonline.it/Rec_Spider.htm


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