Tropical Malady
Università Estate 2005
Thailandia/Francia/Germania/Italia 2005
Titolo originale: Sud Pralad
Genere: Drammatico
Durata: 118'
Regia: Apichatpong Weerasethakul
Cast: Sakda Kaewbuadee, Banlop Lomnoi, Siriwej Jareomchon, Udom Promma
Sito ufficiale: www.kickthemachine.com
C'è qualcosa di magico nell'aria. Keng, un giovane soldato, e Tong, un ragazzo di campagna, sono felici e il loro amore è spensierato. Nel paese dove vive la famiglia di Tong le giornate scorrono tranquille e le notti sono piene di canto e di musica... Poi la vita del villaggio viene scossa da una sparizione e una strana bestia selvaggia inizia a uccidere le mucche. Secondo le leggende locali, un essere umano può trasformarsi in un'altra creatura... Così inizia il racconto di un soldato che si inoltra da solo nel cuore della giungla, luogo dove la leggenda spesso diventa realtà...
di Raffaele Meale
Se il cinema thailandese ha potuto contare negli ultimi anni su di un crescente interesse da parte della critica, lo deve ad autori come Pen-ek Ratanaruang e Apichatpong Weerasethakul. Mentre il primo appare riconducibile, pur nella sua complessità, a un ideale cinematografico più propriamente pop (tanto nelle digressioni per soap-opera di Mon-rak Transistor quanto nel perfetto yakuza eiga Last Life in the Universe, a tuttoggi il suo lavoro più compiuto), Weerasethakul incarna la quintessenza dello spirito thai o per meglio dire ciò che a noi appare come lanima di tali radici culturali.
E se la produzione di Tropical Malady risulta essere apolide, con soldi svizzeri, thailandesi, francesi e italiani (la Downtown Picture di Marco Müller e la RAI), lo sviluppo dellopera non lascia dubbi. Film doppio ma non a episodi come potrebbe sembrare a prima vista e contemporaneamente film sulla doppiezza dellanimo umano e, ulteriormente, sullambiguità della società thailandese, ancora incapace di perdere lo stretto vincolo con la superstizione ma pronta a lasciarsi abbagliare dalla plastica del capitalismo e dellapparentemente indispensabile, Tropical Malady procede a strattoni, tra salti spaziali e un montaggio diviso tra allitterazioni (soprattutto nel finale nella giungla) e scompensi improvvisi.
Apparentemente privo di logica, il cinema di Weerasethakul è in realtà un tuffo a gravità zero nel quale la sceneggiatura viene presto abbandonata per lasciare spazio alle inquadrature e alluso esasperato ed estremamente espressivo del sonoro. È raro nel cinema venire a contatto con una grammatica filmica così umorale, capace allo stesso tempo di essere cinema e negazione dello stesso. Unopera scritta mentalmente e poi lasciata libera di esprimersi istintivamente, eppure mai anarcoide. Nel suo estremo paradosso, unesperienza non dissimile a quella di David Lynch. Ma se nelle opere del cineasta statunitense la doppiezza serve a una ritorsione su sé ciclica, Nastro di Moebius teso allinfinito, qui le due sezioni della trama non si compenetrano, si sfidano piuttosto in un tête à tête in cui ognuna diventa metafora dellaltra facendosi al contempo memoria dellaltra.
Se la prima metà di Tropical Malady, con la sua dolce e inusuale storia damore gay tra un soldato e un contadino (inusuale per la sua struttura priva di catarsi, per la sostanziale mancanza di elementi climatici e per un epos sommesso, dilatato in tempi lunghi) si sviluppa tra il roboante caos cittadino e la pace ancestrale della foresta, in un contrasto portato alle estreme conseguenze e con il buon contadino Tong che si preoccupa di essere inadatto alla vita di Bangkok che si tramuta in un attraversamento (i due amanti sono figure in perenne movimento, movimento senza causa e senza effetto) e in superamento sia dei beni materiali (rimarcati e incarnati nel karaoke, nellaerobica di piazza, nella cassetta dei Clash che viene donata a Tong dal suo innamorato, addirittura nel poster di Alexander Zickler, centravanti di incerta gloria del Bayern Münich), sia di quelli immateriali (riscontrabili nel tempietto sotterraneo in cui la coppia viene condotta), la seconda metà del film si dipana nella lotta tra Uomo e Bestia, tra ragione e mostruosità. E il senso del film, che si era aperto su una citazione di Ton Nakajima riguardante la natura belluina delluomo, viene dunque raddoppiato: nel tempo e nel luogo iniziale la contemporaneità il rapporto tra realtà e mito è perennemente filtrato dalla spinta a una modernizzazione solo apparente.
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organizzazione: Opera Universitaria