Bernardo Cles, il "secondo fondatore" del principato vescovile

05/09/2014 Administrator User
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Bernardo Cles, il "secondo fondatore" del principato vescovile
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Negli anni in cui il monaco agostiniano Martin Lutero diffondeva le sue tesi, fortemente critiche nei riguardi del modo in cui la Chiesa romana faceva commercio delle indulgenze, l'episcopato trentino era governato dal giovane Bernardo Cles (1514-1539). Questi era nato l'11 marzo 1485 da una nobile famiglia che in passato aveva fatto parte della ministerialità vescovile ma che dal XV secolo, come tante altre, si era legata alla dinastia degli Asburgo; suo padre era stato consigliere di corte del governo austriaco. Dato che in quel momento la via per il potere non era più il mestiere delle armi, ma la competenza nel funzionamento della macchina dello Stato, egli seguì l'esempio di tanti nobili suoi contemporanei e studiò a Verona e a Bologna, ottenendo il titolo di dottore in diritto canonico e civile. Nel 1512 divenne canonico della cattedrale di Trento e collaborò con il vescovo Giorgio Neideck; alla morte di quest'ultimo, nel 1514, il capitolo della cattedrale lo elesse vescovo.
Il giovane prelato, dati i suoi stretti legami con la corte imperiale, subordinò fin dall'inizio i propri compiti pastorali a quelli di carattere politico. Fino al 1517 Bernardo fu governatore di Verona per l'imperatore Massimiliano I; alla morte di quest'ultimo venne chiamato a far parte della reggenza che preparò il passaggio del potere a suo nipote Carlo V. Fu presente all'incoronazione di quest'ultimo, a Worms, nel 1519. La sua abilità diplomatica venne apprezzata soprattutto da Ferdinando I, fratello dell'imperatore e governatore delle province germaniche, che lo volle suo cancelliere. Erano gli anni della crisi luterana e il Cles, pur avversario dei riformatori, manteneva buoni rapporti con esponenti del campo avverso. Si muoveva su tutto lo scacchiere europeo, intrecciando contatti con papi, governanti ed intellettuali come Erasmo da Rotterdam. A partire dal 1526 venne insediato al vertice dell'amministrazione austriaca, divenendo presidente del Consiglio Segreto di Ferdinando, per il quale curava soprattutto la politica estera. Nel 1530 il papa lo fece cardinale.
Con gli anni trenta il suo prestigio alla corte di Vienna cominciò però a declinare: nei confronti della riforma protestante egli, che era stato dapprima un paziente negoziatore, tendeva a posizioni via via più intransigenti, mentre Ferdinando era incline a sposare tesi più tolleranti. Diede più volte le dimissioni e chiese di poter tornare nella propria diocesi, ma senza esito. Avvicinandosi la morte di papa Clemente VII, il nome del Cles cominciò a circolare come quello del possibile nuovo pontefice: ma il progetto sfumò e nel 1534 venne invece eletto Alessandro Farnese (Paolo III). Il Cles, comunque, non si ritirò dalla ‘grande politica' e venne anzi posto dal nuovo papa tra gli otto cardinali incaricati di elaborare la bolla di convocazione del concilio universale che avrebbe dovuto dirimere le questioni religiose. Egli era peraltro convinto che solo la vittoria delle truppe cattoliche su quelle protestanti avrebbe permesso tale convocazione.
Gli incarichi politici tenevano spesso il Cles lontano da Trento, ed il suo profilo appare nel complesso simile, più che a quello di un vescovo, a quello di un principe rinascimentale. In quanto tale volle far ampliare la residenza vescovile costruendo, accanto al Castello del Buonconsiglio, il «Magno Palazzo», decorato dagli affreschi del Romanino; si impegnò per il rinnovamento delle strutture architettoniche della città, rettificando le strade e ricostruendo in pietra le parti delle case che fino ad allora erano di legno; avviò le fabbriche delle chiese di Santa Maria Maggiore e di Civezzano; fece riadattare i castelli di Stenico, Tenno, Selva e la rocca di Riva. Fu anche attento difensore di quanto rimaneva della sovranità del suo principato: recuperò Riva (1521) e i Quattro Vicariati in Vallagarina (1532); Rovereto rimase sotto controllo tirolese, ma venne riconosciuta la supremazia feudale trentina; nel 1531 il Cles permutò i residui diritti vescovili su Bolzano con la giurisdizione di Pergine. Da Ferdinando ottenne anche la restituzione dell'archivio vescovile, che Federico IV aveva trafugato all'inizio del Quattrocento: lo fece riordinare e lo usò per definire i diritti dell'episcopato sul territorio. Nel «Codice Clesiano» raccolse la documentazione relativa alle investiture feudali. Nel 1528 redasse nuovi statuti, completamente rinnovati rispetto ai precedenti e completi per quanto riguardava la procedura civile e criminale e la polizia urbana: rimarranno in vigore fino al 1803. Tutta questa attività gli fece meritare il titolo di «secondo fondatore» del principato vescovile, anche se in molti settori egli non fece che seguire il solco già tracciato dai suoi predecessori. Gli giovò non poco la collaborazione con le famiglie del patriziato trentino, che – diversamente rispetto al Quattrocento – trovavano proprio nella collaborazione con il vescovo a livello di governo un mezzo di ascesa e consolidamento sociale.
Il Cles non dimenticò comunque i suoi compiti di pastore d'anime: in continuità con l'opera dei suoi predecessori egli indisse infatti due sinodi (1515 e 1525) e due visite pastorali. Di quella del 1537-38, lungamente preparata e condotta non personalmente ma tramite alcuni rappresentanti, ci resta un ricco verbale. La riforma della Chiesa, nelle intenzioni del Cles, passava attraverso una tradizionale ma attenta opera di investigazione, che partiva dalla verifica del decoro degli edifici e delle suppellettili sacre per passare al punto centrale, ossia alla condotta del clero, e concludersi poi con una parte riguardante i laici (si temeva soprattutto la presenza di eretici: peraltro il Trentino fu interessato dalle idee luterane solo marginalmente, e la stessa rivolta contadina del maggio 1525, repressa nel sangue, non può essere considerata propriamente di carattere religioso).
Il 10 agosto 1538 venne affidata al Cles anche l'amministrazione dell'episcopato di Bressanone; rinunciò allora a tutti gli incarichi politici fino ad allora ricoperti. Il 13 luglio 1539 entrò nella nuova sede, portando con sé grandi progetti di riforma politica ed ecclesiastica. Morì però il 30 dello stesso mese, per una malattia diagnosticata come morbus gallicus (sifilide). Aveva solo 54 anni. Venne sepolto nella cattedrale di Trento.
Si era alla vigilia del concilio, che egli aveva in qualche modo preparato consolidando la sovranità vescovile e rendendo la città degna di ospitare un tale avvenimento. L'elezione a suo successore, avvenuta già il 5 agosto 1539, di Cristoforo Madruzzo (altro giovane esponente di una famiglia nobiliare trentina ben introdotta presso le corti di Carlo V e Ferdinando I) garantì quella continuità di governo, nello spirituale come nel temporale, che avrebbe reso possibile l'assise conciliare e posto Trento, per quasi un ventennio, al centro della politica europea.

Da
1512
A
5/08/1539
Personaggi
Carlo V , Bernardo Clesio , Erasmo da Rotterdam , Federico IV Tascavuota , Giorgio Neideck , Cristoforo Madruzzo , Romanino (Girolamo Romani) , Massimilano I d'Asburgo , Ferdinando I , Lutero Martin
Codice
48628
codici_personaggi_as_text
50406-50409-50420-50423-50440-50458-50480-50621-50622-50623
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