Età del Bronzo

05/09/2014 Administrator User
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Età del Bronzo
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Intorno al 2200 a.C., si considera ormai iniziato questo nuovo periodo caratterizzato dalla produzione sistematica di oggetti in bronzo servendosi di leghe di rame e stagno.
Quest'età quindi, segna un'importante trasformazione delle culture umane: la ceramica assume forme più elaborate e compaiono nuove importanti civiltà in tutto il bacino del Mediterraneo (ad esempio: a Creta la civiltà minoica, in Sardegna la civiltà nuragica, ecc.).
Anche in questo periodo, che si considera concluso intorno al 1000 a.C., come era già avvenuto nel passaggio tra il neolitico e l'eneolitico, le nuove culture non soppiantano di colpo le precedenti, ma si diffondono lentamente e gradualmente. Alla Vela Valbusa (nelle vicinanze di Trento), ad esempio, sono stati rinvenuti, in una tomba posta sopra i resti di un forno di fusione (e ciò costituisce una delle più antiche testimonianze dell'attività metallurgica in regione), dei bottoni tipo ‘montgomery' (chiamati così per la forma simile a quelli usati anche ora per un particolare capo di abbigliamento, chiamato appunto "montgomery"), caratteristici della cultura eneolitica del vaso campaniforme, insieme a diversi elementi ornamentali tra cui una settantina di conchiglie di dentalium. Il tutto andava forse a costituire una specie di pettorale. Nello stesso contesto sono stati rinvenuti anche dei boccali di ceramica attribuibili ad una nuova cultura, quella di Polada, caratterizzata, in particolare, da oggetti in ceramica di impasto grossolano e superfici nere, dotate di anse con piega a gomito, sormontate talvolta da un'appendice.
La cultura di Polada si sviluppa durante il Bronzo Antico, 2200-1600 a.C. in Trentino-Alto Adige, nella Lombardia orientale e Veneto occidentale. È conosciuta in particolare grazie al rinvenimento di molti siti realizzati su palafitte, sulle sponde dei laghi alpini e prealpini.
Col termine palafitta si indicano strutture abitative in legno, realizzate su pali sempre in legno, in zone umide o acquitrinose. Insediamenti palafitticoli sono attestati in tutta Europa, già a partire dal neolitico, ma soprattutto nei territori situati immediatamente a nord e sud delle Alpi, in particolare nella zona dei laghi svizzeri, lombardi e del basso Trentino.
Qui, in particolare nelle Giudicarie, sono stati riportati alla luce due insediamenti palafitticoli, presso i paesi di Fiavè e Molina di Ledro.
A Fiavè vi sono tracce di insediamento nella torbiera che si trova a sud dell'attuale paese, là dove originariamente vi era l'alveo di un lago chiamato Carera.
Nelle varie campagne di scavo, svolte a partire dal 1969, è stato possibile rintracciare sia strutture edificate sulla sponda del lago sia strutture che si inoltravano nell'acqua, tra le quali sono stati individuati tre livelli di insediamento risalenti ad epoche diverse, le più antiche al tardo neolitico.
La struttura del villaggio era costituita da moltissimi pali in legno infissi sul fondo lacustre, in modo da formare una vera e propria struttura palafitticola con una piattaforma fatta di tronchi d'albero disposti a reticolo e sormontati da rami e ghiaia, che creavano una base su cui venivano costruite le capanne. Il nucleo residenziale era anche difeso, verso il lago da una palizzata di pali accostati.
La gran quantità di carboni dimostra che il villaggio è stato distrutto da un incendio che ha risparmiato solo le strutture a contatto con l'acqua.
La creazione di costruzioni così complesse era forse dovuta alle variazioni del livello delle acque del lago nel corso dell'anno ed implicava sicuramente alte conoscenze tecnologiche. È quindi probabile che all'interno della comunità, dotata di una struttura gerarchica ben precisa, vi fossero degli operai specializzati.
Un altro insediamento palafitticolo molto importante è quello individuato a Molina di Ledro. Sulle sponde dell'omonimo lago sono stati rinvenuti circa 2000 pali riferibili ad un insediamento che occupava un'area di oltre 5000 mq.
L'ambiente particolare in cui sono sorti questi insediamenti ha fatto in modo che si siano conservati, in modo ottimale, gli oggetti relativi alla cultura materiale dei suoi abitanti.
Oltre a reperti ceramici ne sono stati trovati molti in osso (spatole, punteruoli), in legno (vasi, ciotole, aratri, ruote), in tessuto (a Ledro è stato rinvenuto un gomitolo di filo, una sciarpa e una cintura in lino). E ancora: vari oggetti in bronzo quali spilloni (che venivano usati per tenere fermi i mantelli), asce, pugnali, diademi.
Il rinvenimento di forme di fusione, ugelli per mantice, crogioli, ecc., dimostrano che era svolta una produzione locale di oggetti in bronzo, anche se piuttosto limitata.
Sicuramente vi erano molti scambi commerciali tra le popolazioni poste a sud delle Alpi e quelle che occupavano l'Europa centro- meridionale, come dimostrano gli oggetti dello stesso tipo trovati in entrambe le zone.
L'economia delle popolazioni che occupavano il Trentino durante il Bronzo Antico era basata sull'agricoltura, l'allevamento di buoi, capro-ovini, suini, cavalli. Erano ancora praticate però la raccolta e la caccia (l'orso, il capriolo, il cervo le cui corna erano talvolta usate per realizzare vari strumenti).
Sono state trovate alcune sepolture (ma i ritrovamenti sono molto rari), realizzate per lo più in ripari sottoroccia. Oltre alla già citata sepoltura di La Vela Valbusa, interessanti ritrovamenti sono stati fatti a Romagnano Loch e Colombo di Mori.
A Romagnano sono stati riportate alla luce, presso un riparo sottoroccia, diciassette sepolture di adulti e bambini deposti rannicchiati sul fianco destro. Alcune tombe appartenevano a neonati posti all'interno di grandi vasi, con la testa rivolta in basso.
Presso la località Colombo di Mori sono stati rinvenuti, all'imboccatura di una grotta e al suo interno, resti umani in parte bruciati e ceramiche appartenenti alla cultura di Polada ed anche elementi riferibili alla cultura del vaso campaniforme. Sembra che in questo sito fosse adottata una distinzione tra gli adulti, deposti all'interno della grotta e i bambini al di fuori, in piccole cavità addossate alla roccia.
Durante il Bronzo Medio, 1600-1300 a.C. e il Bronzo Recente, 1300-1100 a.C., nelle regioni a nord delle Alpi, si verifica una variazione climatica con aumento della piovosità e diminuzione della temperatura media annuale; ciò può aver determinato lo spostamento di varie popolazioni e la comparsa di nuove culture. In tutta Europa infatti si diffonde la civiltà dei Campi d'Urne, caratterizzata dalla diffusione, nel rito funebre, della cremazione, rito che prende il sopravvento anche in tutta la penisola italiana grazie alla comparsa della civiltà protovillanoviana.
Verso la fine dell'età del Bronzo, nell'area trentina e benacense si assiste alla formazione di una facies culturale di carattere locale che include anche l'Alto Adige e che continua sostanzialmente la tradizione palafitticola, anche se è stato possibile trovare tracce di insediamenti anche su dossi, su terreni in pendio o in pianura.
A Fiavè- Dos Gustinaci, a Nomi Cef, ad esempio, sono stati individuati i resti di villaggi costruiti sopra una serie di terrazzi artificiali protetti da muretti a secco di contenimento.
In Trentino, nell'area montana, è attestato anche lo sfruttamento dei giacimenti cupriferi (di minerali contenenti rame) per la realizzazione di oggetti in bronzo. Il rinvenimento di numerosissime aree fusorie, soprattutto in Val di Cembra, valle dei Mocheni (a Montesei di Serso), nel Tesino, nella zona di Lavarone e Luserna, dimostrano l'importanza che l'attività metallurgica acquista in questo periodo.
Presso il Passo del Redebus, nel comune di Bedollo, sono stati individuati ben nove forni fusori. Molto probabilmente nelle comunità dell'epoca dovevano essere presenti "i metallurghi", cioè persone che conoscevano a fondo le tecnologie per estrarre il minerale e per produrre oggetti di metallo. Non è tuttavia possibile stabilire se, all'interno della singola comunità, rivestissero un ruolo preminente, poiché non sono ancora state rinvenute, in necropoli di questo periodo, tombe attribuibili, per la particolare ricchezza di oggetti metallici, a metallurghi. D'altra parte questi ‘tecnici del metallo', nello svolgere la loro attività, si trasferivano da una comunità all'altra, il che rende particolarmente difficile i ritrovamenti di eventuali loro tombe.
Alla fine dell'Età del Bronzo, durante la cosiddetta età del Bronzo Finale (1100-900 a.C.) compare, in Trentino- Alto Adige, la Bassa Engadina, la valle del Reno presso il lago di Costanza, il Tirolo orientale e la Carinzia, la cultura di Luco, che prende il nome da una località altoatesina.
L'aspetto più caratteristico di questa facies culturale, quello che viene definito dagli archeologi ‘un fossile guida', è costituito dalla forma caratteristica della ceramica. Si tratta di un boccale con beccuccio e due apofisi a orecchietta ai lati dell'attacco superiore del manico.
Nelle zone interessate dalla cultura di Luco è attestata la presenza di molte aree di culto, i cosiddetti Brandopferplätze, aree sacrificali con roghi votivi, spesso situati anche ad alte quote come sullo Sciliar, a 2510 metri di altezza, e sul monte Ozol (in val di Non), a 1515 metri. In queste aree erano presenti ossa combuste, resti di boccali tipo Luco, frantumati intenzionalmente e, talvolta, anche pezzi di metallo.
Pian piano nella cultura di Luco penetrano, grazie alle attività commerciali, elementi propri di culture sudalpine (in particolare della cultura protovillanoviana).

Da
2.200 a.C.
A
900 a.C.
Codice
48520
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