I vescovi Giorgio Liechtenstein e Alessandro di Masovia mettono l’alleanza in discussione

05/09/2014 Administrator User
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I vescovi Giorgio Liechtenstein e Alessandro di Masovia mettono l’alleanza in discussione
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Alla fine di settembre del 1390 il capitolo della cattedrale elesse il nuovo vescovo nella persona del preposito (ossia del capo) del clero della chiesa di Santo Stefano di Vienna, Giorgio Liechtenstein (1390-1419). Tale scelta, a posteriori, è stata considerata come un tentativo da parte dei canonici di riguadagnare spazi di autonomia nei confronti del potere austro-tirolese; ma una recente ricerca ha messo in rilievo i profondi legami che intercorrevano proprio tra l'eletto e il duca d'Austria Alberto III. Papa Bonifacio IX – bisognoso di alleati, dato che era allora in corso il Grande Scisma d'Occidente – non tardò nel concedere la conferma. Il nuovo vescovo attese peraltro fino al 1399 prima di sottoscrivere le compattate.
Per alcuni anni il Liechtenstein governò l'episcopato con relativa tranquillità: la sua fu anzi, dal punto di vista artistico, un'età particolarmente felice grazie proprio alle opere (affreschi, oreficeria, paramenti liturgici) che egli commissionava e che fecero di Trento uno dei luoghi di sviluppo del «gotico internazionale». Ma a partire da una certa data la politica vescovile trovò non poche opposizioni. La città mal sopportava il carico fiscale e la presenza invadente del personale che il vescovo, originario della Moravia, aveva portato con sé; i nobili vedevano il loro grado di autonomia ridotto dal potere vescovile; i sommovimenti dell'Italia padana, con la crescita del potere veneziano a danno di quello milanese, invitavano il Tirolo alla vigilanza. Il nuovo conte, il giovane duca d'Austria Federico IV detto Tascavuota (1406-1439), soffiò sul fuoco di ogni malcontento, cercando così di aumentare il proprio peso negli equilibri interni all'episcopato.
All'inizio di febbraio 1407 una rivolta cittadina, guidata dal nobile trentino Rodolfo Belenzani, diede il via ad una nuova fase di turbolenza. Ad essa fecero seguito altre rivolte nelle valli di Non e di Sole. Il vescovo fu costretto dalla cittadinanza ad una serie di concessioni che sancivano di fatto la nascita di un'autorità comunale (28 febbraio); il Belenzani stesso si fece eleggere capitano del popolo. Il Liechtenstein, in un secondo tempo, tentò di far venire in suo soccorso il capitano di ventura Ottobono da Parma, ma fu scoperto ed incarcerato (aprile 1407). Intervenne anche il duca Federico IV, il quale volle presentarsi come garante delle libertà cittadine, mentre il vescovo prendeva la via dell'esilio. Ben presto si manifestarono però dissidi tra la nuova dirigenza trentina e i vertici tirolesi; dopo aver invano sperato nell'aiuto veneziano, gli insorti vennero sconfitti dalle truppe capitanate da Enrico di Rottenburg, e il Belenzani morì in combattimento (5 luglio 1409).
Un accordo intercorso tra il re di Germania Sigismondo di Lussemburgo e Federico IV permise a Giorgio Liechtenstein di tornare a Trento. Nella sfera temporale dovette però accettare condizioni che gli toglievano ogni diritto, e nella sfera spirituale fu costretto a nominare suo vicario Giovanni da Isny, un fedelissimo del duca, che poco dopo divenne anche decano del capitolo. Il vescovo scelse allora nuovamente l'esilio. Si rivolse ripetutamente al re di Germania e al Concilio di Costanza: nonostante il loro appoggio, non riuscì ad ottenere risultati concreti prima del maggio 1418. Solo allora, con la mediazione di papa Martino V, si giunse ad un nuovo accordo tra il re Sigismondo e il duca Federico IV, che costituiva la necessaria premessa al ritorno in sede del vescovo. A quel punto però fu la città, che gli era ancora ostile, a schierarglisi contro. Giorgio Liechtenstein morì il 20 agosto 1419, forse avvelenato, nel castello anaune di Pietro di Spor.
Nelle intenzioni di Federico IV, il nuovo vescovo di Trento avrebbe dovuto essere il decano del capitolo Giovanni da Isny, che infatti i canonici elessero alla cattedra; ma papa Martino V respinse tale scelta, impedendo così che un favorito del Tascavuota riproponesse la totale egemonia tirolese su Trento; a sua volta il papa propose senza successo ben tre candidati.
Dopo tre anni di trattative la vacanza si chiuse con un compromesso di alto livello, che pose provvisoriamente termine alle contese: Martino V nominò vescovo Alessandro di Masovia (1423-1444), ventitreenne nipote del re di Polonia, imparentato con la famiglia imperiale. Federico IV sperava che fosse un personaggio debole e facilmente manovrabile; ma Alessandro, pur comportandosi molto più da principe che da prelato, dimostrò presto di voler restituire al principato vescovile una maggiore autonomia (sembra che non abbia neppure giurato le vecchie compattate), ed anzi di voler proprio togliere Trento dall'orbita tirolese, cercando piuttosto un legame con Milano, o forse con Venezia. Questa avventurosa politica estera non poteva che preoccupare Federico IV e sfavorire economicamente la città, che nel legame con il Tirolo trovava facile sbocco ai propri commerci, specie vinicoli. Suscitavano scandalo e dissenso anche l'introduzione di molti polacchi nei posti di potere, il mancato rispetto degli statuti cittadini e gli atteggiamenti dispotici e immorali del «duca di Masovia». Una nuova rivolta cittadina divampò dunque nel 1435, ed ancora una volta Federico IV non mancò di approfittarne per guadagnare posizioni, occupando militarmente la città; venne così stroncato il tentativo di togliere il principato dall'orbita tirolese.
Alessandro, nel momento della rivolta, non si trovava a Trento: dal 1433 frequentava spesso Basilea, e partecipava con convinzione al concilio là convocato. Vi rimase anche quando le posizioni dell'assemblea si radicalizzarono, ed anzi assunse incarichi di una certa importanza nella curia dell'antipapa Felice V, eletto dal concilio dopo la deposizione di papa Eugenio IV (1439). Il Masovia fu fatto patriarca di Aquileia e cardinale, e venne coinvolto nell'attività diplomatica in quanto legato del concilio nei territori asburgici. Morì a Vienna il 2 giugno 1444; gli era vicino Enea Silvio Piccolomini, il futuro papa Pio II, che lasciò ai posteri un ritratto tutt'altro che edificante degli ultimi giorni del nobile polacco. Dal punto di vista del governo spirituale, vanno peraltro ricordati i suoi sforzi per il miglioramento della qualità del clero attraverso una visita pastorale e un sinodo.
Alla morte del Masovia si aprì un altro periodo di confusione, durante il quale vi fu anche uno scisma all'interno della diocesi. Il capitolo della cattedrale e il concilio di Basilea sostenevano infatti Teobaldo Wolkenstein, che poteva operare come vescovo nell'area centro-settentrionale; papa Eugenio IV gli preferiva l'ex-abate benedettino di San Lorenzo, Benedetto da Trento, che esercitava la sua giurisdizione nelle aree meridionali occupate da Venezia. Solo le dimissioni di entrambi, nel corso del 1446, permisero la soluzione dello scisma. Le due rinunce erano il segno da un lato della sconfitta delle posizioni conciliariste, dall'altro dell'ulteriore crescita del potere tirolese, ora impersonato dal figlio di Federico IV, Sigismondo. Questi impose infatti al capitolo di nominare vescovo lo slesiano Giorgio Hack, fratello del suo comandante militare; l'elezione venne subito ratificata dal concilio (17 ottobre 1446) ed in seguito anche dal papa (8 novembre 1448).

Da
1390
A
8/11/1448
Personaggi
Alessandro di Mazovia , Belenzani Rodolfo , Federico IV Tascavuota , Giorgio di Lichtenstein , Giorgio Hack , Sigismondo d'Asburgo , Wolkenstein Teobaldo , Giovanni da Isny , Benedetto da Trento
Codice
48620
codici_personaggi_as_text
50397-50401-50423-50438-50439-50485-50504-50615-50616
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