Il potere dei vescovi si sviluppa all’ombra dell’Impero

05/09/2014 Administrator User
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Il potere dei vescovi si sviluppa all’ombra dell’Impero
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L'episcopato di Trento era una pedina importante dello scacchiere politico europeo. Non costituisce dunque motivo di meraviglia il fatto di trovare spesso i vescovi trentini al fianco degli imperatori che tra l'XI e il XIII secolo scesero in Italia. Il vescovo Udalrico I morì nel 1022 seguendo Enrico II nel meridione; Udalrico II è registrato nel seguito di Corrado IV e di Enrico III, anche se non è possibile confermare una sua partecipazione all'elezione dell'antipapa Clemente II (1046). Il vescovo Enrico I aderì ad Enrico IV anche durante il periodo più rovente della lotta per le investiture, e inutilmente papa Gregorio VII gli chiese di abbandonare il campo imperiale. L'elezione di Gebardo (1106) fu voluta da Enrico V, allora in lotta con il padre Enrico IV: la città lo respinse, e solo grazie all'intervento del duca di Baviera Guelfo II il vescovo poté fare il suo ingresso in sede; prese parte quindi alle trattative tra papa Pasquale II e l'imperatore per risolvere la questione delle investiture, e dal 1117 al 1118 esercitò l'incarico di arcicancelliere dell'Impero.
Altemanno (1124-1149) apparteneva alla famiglia carinziana dei conti di Lurn, e aveva frequentato l'ambiente dei canonici regolari di Salisburgo; fu il primo vescovo eletto dopo il concordato di Worms (1122), in seguito al quale erano stati ristabiliti i diritti del clero locale nell'elezione (all'imperatore era rimasto solo il diritto all'investitura feudale, che doveva precedere la consacrazione). Piuttosto che sullo scacchiere internazionale, egli cercò di trovare appoggi tra i ministeriali e la vassallità. Altemanno è inoltre il primo vescovo del quale abbiamo notizie di un'attività in campo pastorale. Egli era infatti interessato allo sviluppo della vita religiosa della sua diocesi: fondò il monastero dei canonici regolari di San Michele all'Adige, insediò a Trento, nella chiesa di San Lorenzo, i Benedettini di Vallalta e tentò forse, senza ottenere risultati durevoli, di imporre una regola di tipo monastico ai canonici della sua cattedrale. Al nome di Altemanno si connettono anche rilevanti lavori di ristrutturazione nella basilica di San Vigilio, solennemente riconsacrata il 18 novembre 1145. Prese parte alla seconda crociata (1148), e morì dopo essere rientrato in sede nel 1149.
Adelpreto (1156-1172) era un rampollo della famiglia imperiale degli Hohenstaufen, e si può dunque supporre che nella sua elezione abbia avuto un ruolo l'imperatore Federico I Barbarossa. A quest'ultimo rimase sempre fedele, anche nei momenti di più aspro contrasto con il Papato. Adelpreto venne personalmente coinvolto nelle turbolenze di quegli anni: nel 1158, mentre scortava i legati papali inviati a trattare con l'imperatore, venne rapito dai conti di Appiano e riuscì miracolosamente a liberarsi; fu infine aggredito ed ucciso il 20 settembre 1172, sulla strada che da Arco portava verso Riva, per mano di Aldrighetto di Castelbarco. La Chiesa locale considerò questa morte pari al martirio per la fede e insignì quindi Adelpreto del titolo di «beato», tanto da considerarlo compatrono della diocesi insieme con Vigilio. Fu probabilmente il frate domenicano Bartolomeo da Trento a riassumere la vicenda in un celebre motto: Pastorem jugulavit ovis, res mira per orbem («la pecora ha sgozzato il pastore, cosa mai vista al mondo»).
Durante gli episcopati di Salomone (1173-1183) e di Alberto di Campo (1184-1188: entrambi, prima dell'elezione, decani del capitolo cattedrale) vi fu un rafforzamento dell'autorità vescovile, all'ombra del Barbarossa; proprio l'imperatore, nel 1182, vietò l'istituzione di consoli cittadini e confermò la sottomissione della città e del territorio al governo dei vescovi. Corrado di Beseno (1189-1205), esponente di una delle più potenti famiglie della ministerialità vescovile e anch'egli ex-decano del capitolo, riuscì però ad alienarsi – in modo non del tutto chiaro – le simpatie della città, dell'avvocato tirolese, di molti dei ministeriali e del capitolo stesso; espulso dalla città e schiacciato dal peso dei debiti che aveva contratto, scelse la via delle dimissioni e del ritiro nel monastero di St. Georgensberg presso Schwatz (10 marzo 1205). Tornò ben presto sulle sue decisioni: ma il 22 aprile una grande assemblea decise di stringere un'alleanza «per sedare la discordia e per recuperare il buono stato dell'episcopato» e dichiarò sgradito l'eventuale rientro in sede del vescovo. Il contrasto proseguì per un biennio: infine papa Innocenzo III, il 24 maggio 1207, ordinò al capitolo della cattedrale di scegliere il nuovo vescovo. Il 9 agosto successivo fu eletto Federico Vanga, già canonico di Augsburg e decano di Bressanone.
Federico Vanga (1207-1218) discendeva da una nobile famiglia della Val Venosta, che prendeva il nome da un castello posto a nord di Bolzano. Come nessun altro vescovo trentino del medioevo ebbe successo nell'imporre il proprio potere e nel tramandare ai posteri un'immagine di forza e di giustizia. Il primo biennio del suo episcopato fu comunque molto tormentato: egli dovette combattere militarmente contro una coalizione di nobili, sui quali risultò infine vincitore. Fedele a papa Innocenzo III, il Vanga si trovava a Roma quando Ottone IV venne incoronato imperatore nel 1209; passò quindi dalla parte di Federico II di Svevia, per il quale operò come legato generale per l'Italia. Il suo impegno per la conservazione ed il rafforzamento dei diritti della Chiesa trentina è attestato dal «Libro di San Vigilio» (o Codex Wangianus), una grande raccolta dei documenti che attestavano i diritti dell'episcopato (dissipata collegimus, alienata recuperavimus: «abbiamo raccolto ciò che era stato disperso, abbiamo recuperato ciò che era stato venduto», scrisse nell'introduzione). Alla riorganizzazione amministrativa fece seguito la ripresa economica: il Vanga, in particolare, promosse la coltivazione di terre incolte e l'attività mineraria, per regolare la quale fece compilare uno statuto che è tra i più antichi d'Europa. In città migliorò il sistema delle fortificazioni (con la costruzione della torre che ancora oggi porta il suo nome) e avviò i lavori della nuova cattedrale, affidata al maestro comacino Adamo d'Arogno. Dal punto di vista spirituale si ricorda l'appoggio da lui dato alle fondazioni monastico-ospedaliere. Morì nel 1218, quando si trovava in Terrasanta al seguito della quinta crociata, e venne sepolto a San Giovanni d'Acri.
Successori di Federico Vanga furono prima Adelpreto di Ravenstain (1219-1223) e poi il cremonese Gerardo Oscasali (1224-1232). Eletti dal capitolo della cattedrale, operarono in continuità rispetto al loro predecessore e conservarono il legame con l'imperatore Federico II: pur con non pochi segni di logoramento, si trattava di una politica ancora vincente. È in questi anni, forse intorno al 1230, che fu costruita una nuova ed ampia cinta muraria che abbracciava l'abitato e l'area immediatamente circostante. Dell'Oscasali si ricorda anche l'impegno per la prosecuzione dei lavori nella nuova cattedrale e vari atti di governo relativi alla sfera religioso-istituzionale: uno sforzo di dare ordine alla vita della Chiesa locale come conseguenza della spinta data dal IV Concilio lateranense (1215). Nel segno della stabilità avvenne anche l'elezione a vescovo di Aldrighetto da Campo (1232-1247), che sedeva tra i canonici da trent'anni e non era stato coinvolto nelle lotte che avevano segnato l'avvio del periodo vanghiano. Quanto poi il da Campo avrebbe corrisposto alle attese – e quanto le condizioni esterne gliel'avrebbero consentito – è cosa che si sarebbe vista di lì a poco.

Da
1027
A
1247
Personaggi
Adelpreto , Aldrighetto di Campo , Aldrighetto di Castelbarco , Altemanno , Corrado di Beseno , Federico II di Svevia , Gebardo , Gerardo Oscasali , Salomone , Udalrico I , Udalrico II , Bartolomeo da Trento , Alberto di Campo , Federico di Vanga , Adelpreto di Ravenstein
Codice
48600
codici_personaggi_as_text
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