Il territorio trentino nel periodo francese: tra Austria, Baviera e Italia

05/09/2014 Administrator User
Argomento
Il territorio trentino nel periodo francese: tra Austria, Baviera e Italia
Testo

Ai primi di settembre del 1796 le truppe rivoluzionarie al comando di Bonaparte forzavano i confini meridionali del Tirolo, respingendo le armi austriache e la resistenza dei corpi attivati tra la popolazione locale per la difesa territoriale, mentre le truppe dei generali Moreau e Jourdan invadevano il sud della Germania. Già l'anno precedente l'impero aveva perduto i territori sulla riva sinistra del Reno. Così come per l'Europa, anche per il territorio trentino si apriva un ventennio caratterizzato dal susseguirsi di eventi bellici, di rivolgimenti politici e di mutamenti di governo, che avrebbe sconvolto assetti plurisecolari e smantellato l'organizzazione di antico regime.
Il 5 settembre del 1796 Trento accoglieva con timore i soldati della Repubblica. Le prime mosse, ripetutesi poi durante i successivi ingressi delle truppe francesi e che resero le armate d'oltralpe famigerate per tale atteggiamento nei confronti dei luoghi conquistati, furono la depredazione della cassa civica e l'imposizione di esose contribuzioni. Dopo un turbinoso avvio dell'amministrazione militare, con il momentaneo affermarsi di personalismi entro il peraltro esautorato consiglio aulico vescovile, l'autorità che emerse al di sopra delle altre fu quella del magistrato consolare, il quale, con l'aggiunta di qualche soggetto reclutato nel resto del territorio occupato si accinse a esercitare, su delega degli occupanti francesi, quell'autorità che ai consoli era stata fortemente contestata dal principe vescovo Pietro Vigilio Thun. Quando i francesi ripiegarono e l'esercito imperiale nel mese di novembre liberò la regione, subito si addensarono sui consoli di Trento i sospetti di avere favorito il nemico: si preparava il terreno per un'incriminazione con l'accusa di giacobinismo, che di lì a qualche anno avrebbe condannato a pene piuttosto simboliche alcuni membri della cittadinanza. Che vi fosse stata una simpatia per gli eventi di Francia da parte di certi esponenti dell'aristocrazia cittadina, precedentemente alla condanna a morte di Luigi XVI, è certo. Del resto le logge massoniche, che annoveravano illustri adesioni anche nel ceto nobiliare (lo stesso vescovo Pietro Vigilio Thun sembra avervi fatto parte), erano già state sperimentate in regione e nel 1794 a Innsbruck, in un tentativo di congiura giacobina, avevano subito l'arresto anche dei sudditi del principato.
Al ritorno delle armi imperiali a Trento la reggenza vescovile fu esautorata e il principato posto sotto sequestro dall'imperatore, con la motivazione ufficiale della sua posizione confinaria, resa cruciale dalla guerra, e di inadempienze fiscali vescovili. Si trattò in effetti di una secolarizzazione anticipata, mentre anche gli altri principati ecclesiastici dell'impero temevano di essere cancellati dalla carta politica del corpo romano-germanico, fungendo da indennizzo ai principi tedeschi spodestati dai francesi dei loro territori sulla riva sinistra del Reno.
Il rientro francese nel principato, altrettanto breve del primo (dalla fine di gennaio all'aprile del 1797), ripropose sostanzialmente gli equilibri emersi durante la prima occupazione: furono gli amministratori imperiali (che erano peraltro trentini e roveretani fedeli a casa d'Austria) a essere deposti e riemersero soggetti legati all'aristocrazia cittadina e agli ambienti consolari. La successiva riconquista del territorio da parte delle truppe dell'imperatore confermò il sequestro del principato e la messa fuori gioco sia della reggenza vescovile, che del capitolo, ridotto alle mere funzioni spirituali. Nulla poté l'attività diplomatica messa in moto presso l'impero da Pietro Vigilio Thun, rientrato da Passavia e ritiratosi nel castello di famiglia in Val di Non, dove sarebbe morto nel gennaio del 1800.
I quattro anni che intercorsero prima della terza invasione francese, videro il governo cittadino di Trento sottoposto a un rigido controllo da parte degli amministratori imperiali. Attraverso l'imposizione di nuove norme e precisi regolamenti in materia finanziaria, il magistrato consolare venne limitato nelle proprie prerogative di autogoverno e ricondotto entro precisi limiti. Ciò che si era fatto con minor clamore e in tempi più lunghi con i provveditori a Rovereto, nella piccola capitale dell'ormai morente principato vescovile avvenne in un clima di lamentele, tentativi di ricorsi ad autorità superiori (in quel periodo più che mai incerte) e reciproche accuse tra le diverse fazioni politiche che dividevano la cittadinanza.
Le speranze di un ripristino dell'autorità vescovile furono alimentate dalla riconquista del territorio trentino da parte delle truppe franco-cisalpine nel gennaio del 1801, le quali istituirono una nuova amministrazione provvisoria alla guida della quale furono posti l'anziano Carlo Antonio Pilati e un altro illustre personaggio che per qualche anno incrociò i propri destini con quelli del principato: Gian Domenico Romagnosi. Nonostante con la pace di Luneville del febbraio 1801 di fatto fossero state sancite le secolarizzazioni dei principati ecclesiastici dell'impero, a Trento ci si illudeva di un ritorno all'antico ordine, mentre il governo veniva affidato dai francesi, prima del loro abbandono del territorio vescovile, a una reggenza capitolare che lo esercitò per oltre un anno. L'ingresso delle truppe imperiali nel novembre 1802, per prendere possesso del principato in nome di casa d'Austria, pose fine a ogni sogno della vecchia classe dirigente tridentina.
Con il cosiddetto Recesso dell'impero di Ratisbona, ratificato dall'imperatore nell'aprile del 1803, venne infine sancita la secolarizzazione dei territori romano-germanici governati da autorità ecclesiastiche. Si trattò della soppressione di ben 112 organi politici, voluta da Napoleone per togliere forza alla casa d'Austria e porre un'ipoteca nei confronti di un nuovo assetto della Germania sotto la propria influenza. Con la soppressione del banco ecclesiastico alla dieta di Ratisbona, il Sacro Romano Impero della Nazione tedesca non aveva ormai più ragione di esistere. L'imperatore Francesco II d'Asburgo nel 1806 lo dichiarò estinto; già due anni prima egli aveva assunto il titolo di Francesco I d'Austria. Ora Napoleone poteva dunque dare vita alla Confederazione del Reno, posta sotto la propria tutela.
Il territorio trentino, che dopo secoli si presentava unito, benché conglobato nella contea del Tirolo, venne diviso dei due Circoli di Trento e Rovereto, mentre proseguì l'opera di inserimento dei territori ex vescovili nella provincia tirolese.
Fu un'operazione che ebbe appena il tempo di essere avviata. La carta politica regionale, come quella europea quanto mai provvisoria in quegli anni, venne nuovamente mutata. In seguito alla pace di Presburgo del dicembre 1805, dopo la vittoria di Napoleone ad Austerlitz, l'intero Tirolo passò sotto il filonapoleonico regno di Baviera e si apprestò ad affrontare tre anni di amministrazione impostata sul modello francese, fortemente centralizzata e inadatta in modo particolare a una popolazione di montagna, dotata di tradizioni secolari gelosamente custodite; essa fu aggravata inoltre dalla rigidezza con cui le nuove e numerosissime leggi furono applicate da implacabili impiegati, in parte originari della Baviera, in parte di provenienza locale. Si trattava a dire il vero di interventi che aveva tentato di promuovere ancora l'imperatore-burocrate Giuseppe II e che già allora erano stati accolti con ostilità e talvolta fatti rientrare; l'accoglienza che ebbero presso i Tirolesi tali norme, ancora più rigide di quelle giuseppine e imposte inoltre da un governo straniero, lasciava presagire l'esito della vicenda. La soppressione della Landesordnung (la legge fondamentale del paese) e della dieta provinciale, la politica di sottomissione della chiesa allo stato (in una roccaforte della tradizione cattolica come il Tirolo), l'odiata coscrizione militare, le imponenti manovre fiscali, causarono nel 1809 uno dei più famosi moti insorgenti antinapoleonici dell'epoca: la rivolta di Andreas Hofer, che, nata appoggiandosi alla tradizione dei Landesschützen impiegati nella difesa del territorio, coinvolse in blocco i tirolesi tedeschi e in buona parte anche le vallate trentine (la Val di Fiemme addirittura precedette di qualche mese l'insorgenza collettiva). La città di Trento al contrario, forse anche complice il fatto di essere stata sede del quartier generale bavarese, fu più restia e ancora una volta venne accusata di collaborazionismo al momento dell'ingresso delle truppe imperiali, congiuntesi ai bersaglieri tirolesi nella liberazione del territorio.
La vittoria napoleonica di Wagram, nel luglio 1809, cambiò ancora le sorti del Tirolo. Hofer continuò da solo la propria lotta ma, abbandonato al proprio destino dagli stessi Asburgo, venne catturato e fucilato a Mantova nel febbraio del 1810. Il nuovo assetto regionale, dopo la pace di Parigi del 28 febbraio e la riconquista del paese da parte dei franco-bavaresi vide la gran parte del Trentino (escluso il Primiero) e la zona di Bolzano unite al Regno italico, il rimanente del Tirolo tornare alla Baviera. Sconfitta la rivolta locale, il Regno italico poteva dare il via, nel neoistituito Dipartimento dell'Alto Adige avente quale capoluogo Trento, all'opera di riorganizzazione sul modello francese che contraddistingueva l'assetto amministrativo e istituzionale del Regno. Innanzi tutto fu pubblicata la Costituzione di Lione e introdotto il "Codice Napoleone". L'autorità che rappresentava lo stato e che concentrava in sé gran parte delle prerogative di governo era il prefetto insediato a Trento, il quale si avvaleva di un Consiglio generale di Dipartimento costituito da trenta membri scelti in base alla capacità contributiva. A Trento era in funzione una Corte di Giustizia civile e criminale (penale). Il Dipartimento era diviso in cinque distretti : Trento, Cles, Bolzano, Rovereto, Riva, ognuno dotato di una viceprefettura. I distretti erano divisi in venti cantoni, sedi di giudicature di pace.
Il colpo finale ai privilegi feudali, già in parte ricondotti sotto il controllo dello stato dai sovrani di casa d'Austria e messi ulteriormente in crisi durante il periodo di sovranità bavarese, venne inferto dal Regno italico, durante il quale anche nel territorio trentino si impose un pur ridotto ceto borghese dotato di potere economico, il quale faticava a emergere entro le rigide regole del vecchio ordine. Le giudicature patrimoniali, territori dove i nobili infeudati esercitavano ancora la potestà giudiziaria, sparirono insieme a molte altre prerogative di natura feudale.
Ma il sistema centralistico del Regno, irrispettoso della tradizione e delle peculiarità locali, teso a un egualitarismo giuridico che non significava comunque democrazia (alla nobiltà di sangue si può tutto sommato dire che si sostituisse quella del denaro), fu spesso mal accetto alle genti del luogo. Il rigido accorpamento dei comuni (dai quasi quattrocento degli anni precedenti le guerre francesi ai successivi poco più di cento) e la privazione di ogni loro facoltà decisionale, fu poco gradito a una popolazione che da secoli era avvezza a governare da sé i propri ambiti economici, in comunità a volte di esigue dimensioni.
Non si può tuttavia togliere importanza all'opera di svecchiamento attuata con l'eliminazione delle vecchie strutture di potere che governavano il territorio. Significativo di ciò è il fatto che con la Restaurazione casa d'Austria non ripristinò integralmente il precedente sistema e anche quando fu costretta a restituire spazio alle classi che avevano gestito il potere prima delle turbolenze napoleoniche, lo fece all'interno di un ordine che era ormai saldamente statale e non più quello cetuale di antico regime.

Da
1794
A
1810
Personaggi
Carlo V , Carlo VI , Ferdinando Carlo , Ferdinando I , Ferdinando II , Ferdinando II , Francesco II , Giuseppe II , Hofer Andreas , Leopoldo d'Asburgo , Leopoldo I , Leopoldo II , Maria Teresa , Pilati Carlo Antonio , Sigismondo Francesco di Austria , Pietro Vigilio Thun , Rodolfo II , Claudia de' Medici , Ferdinando III , Massimiliano II
Codice
48652
codici_personaggi_as_text
50406-50407-50424-50425-50426-50427-50431-50443-50450-50452-50453-50454-50464-50471-50486-50495-50625-50627-50628-50635-50636
Oggetti correlati (20) Classe Tipo di relazione
Carlo V Personaggio Attributo ( Personaggi )
Carlo VI Personaggio Attributo ( Personaggi )
Claudia de' Medici Personaggio Attributo ( Personaggi )
Ferdinando Carlo Personaggio Attributo ( Personaggi )
Ferdinando I Personaggio Attributo ( Personaggi )
Ferdinando II Personaggio Attributo ( Personaggi )
Ferdinando II Personaggio Attributo ( Personaggi )
Ferdinando III Personaggio Attributo ( Personaggi )
Francesco II Personaggio Attributo ( Personaggi )
Giuseppe II Personaggio Attributo ( Personaggi )
Oggetti correlati inversi (0)
L'elemento visualizzato non è in uso da nessun altro oggetto.