Scuola e cultura del XIX secolo

05/09/2014 Administrator User
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Scuola e cultura del XIX secolo
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Nello stesso periodo di grandi perturbazioni militari e di sovrapposizioni di governi e di eserciti, non fu interrotto il cammino della scuola popolare per diventare scuola di stato. Non fu altrettanto lineare il tragitto della scuola superiore che si concretizzava nei primi decenni del XIX secolo nella scuola ginnasiale. Qui furono più evidenti e drammatici i continui rientri e abbandoni delle truppe dai locali che furono del ginnasio dei Gesuiti. Fu inoltre inquietante il continuo sovrapporsi di una riforma sull'altra, anche se la linea di fondo appariva per tutte legata al criterio illuministico di riordino verticistico delle disposizioni didattiche e di una ormai acquisita necessità di maggiore estensione e distribuzione dell'istruzione in vari ambiti e gradi. Di conseguenza le posizioni pedagogiche rinnovate s'erano ormai diffuse in tutta Europa senza operare quelle radicali trasformazioni sulle consuetudini locali che la rivoluzione francese prima e la visione riformatrice dei sovrani illuminati poi potrebbero far supporre.
Con l'annessione del Trentino all'Austria, la più evidente novità fu l'apertura del concorso per tutte le cattedre dell'i.r. Ginnasio di Trento e di Rovereto. Il bando di concorso era l'atto formale di passaggio degli insegnanti allo stato. In esso si specificava che i concorrenti dovevano, "oltre alle solite qualificazioni avere cognizione della lingua tedesca". Più oltre si precisava "che lo studio della lingua greca sia promosso nel ginnasio con rigore, non potendo altrimenti essere ammessi allo studio delle scienze filosofiche (il corrispettivo del triennio liceale), quei giovani che non hanno avuto la debita istruzione nella lingua predetta". I componenti la commissione giudicatrice vennero trovati tra i professionisti e i religiosi locali e, fatto molto inquietante, "all'esame vocale dei concorrenti debbono, per ordine della eccelsa commissione aulica, assistere alcuni dei migliori studenti scelti da ciascheduna classe". Direttore del ginnasio era il capitano circolare, vicedirettore il podestà della città. Nelle sue mani giurò il prefetto del ginnasio. A prima vista si direbbe che il ginnasio mantenesse la stessa dipendenza dalla municipalità come nei lontani periodi dei maestri di grammatica, ma la sostanza era ben diversa, come si deduce dalle secche, precise istruzioni che venivano trasmesse per via gerarchica dalle autorità superiori, sia dal direttore generale residente ad Innsbruck, sia dall'aulica Commissione degli Studi di Vienna. Da quella rigida organizzazione piramidale furono richieste minuziose notizie sulla posizione di tutti i docenti, sul numero e la statistica degli studenti, sulla situazione amministrativa, nonché sulle attrezzature della scuola. Anche le tabelle dello stato del personale attestano una nuova, rigorosa attenzione ai docenti. Stilate in latino, si richiedevano: patria, aetas, talentum, diligentia, donum didacticum, linguarum notitia, conoscenza delle lingue antiche e moderne. Tutta la scuola ginnasiale utilizzava come lingua veicolare il latino, non solo per l'insegnamento delle varie discipline, ma anche per le iscrizioni e le attestazioni di frequenza e assolvimento degli studi, per i giudizi sugli alunni, per la corrispondenza tra i prefetti dei ginnasi, per la storia della scuola. L'uso del latino non fu una leziosità per esaltare la retorica classicheggiante, ma invece, nei possedimenti austriaci, un opportuno accorgimento per la circolazione dei libri di testo e dei docenti in un multietnico regno dove si doveva sapientemente far coesistere il senso di appartenenza alle proprie origini con la necessità di intendersi e di dialogare nei livelli superiori. Con 11 ore settimanali di latino non ci fu posto per l'italiano nel ginnasio fino alle riforme scolastiche del 1848, quando le ore di latino furono ridotte a otto per far posto a tre ore di madrelingua nei vari domini dell'impero. L'italiano veniva insegnato nella scuola popolare secondo uno schema molto approfondito che denota attenzione alla struttura e alla correttezza della lingua: "il leggere con osservazioni grammaticali, la calligrafia, la grammatica, l'ortografia e lo scrivere secondo dettatura, l'avviamento al comporre, la retta pronuncia". Invano cercheremmo un corredo di letture o di conoscenze letterarie quali sono proprie dei programmi delle scuole italiane, anche se una lenta evoluzione si ebbe dopo l'anno 1869, quando fu concesso ai docenti di italiano di comporre i libri di lettura.
La struttura del corso ginnasiale prevedeva 4 anni di corso inferiore, detto grammatica. Quello superiore constava di due anni, detti di umanità cui seguiva il biennio del liceo filosofico. Qui la preparazione era rifinita al punto che si chiedeva agli alunni di cimentarsi in composizioni latine e greche in prosa e in verso sempre su argomenti ben definiti.
Ma i tempi erano ormai maturi per altri tipi di istruzione superiore. Furono così istituite le Realschulen, scuole tecnico-scientifiche, dette ‘reali' perché concretamente si sostituiva allo studio delle lingue classiche una preparazione di più immediata spendibilità con lo studio di due lingue moderne, l'approfondimento della matematica, delle scienze naturali e della chimica, oltre al disegno e a quelle materie utili per avviare gli studenti al politecnico e alle accademie. Questa nuova scuola dava molta importanza alle capacità concrete dei giovani; perciò, dopo 4 anni di studio teorico, era previsto un quinto anno, detto di pratica, praktische Jahr, nel quale si riduceva l'insegnamento delle materie tradizionali e si ampliavano le materie tecniche: aritmetica applicata, tecnologia, ragioneria, merceologia, disegno. Anche il triennio superiore si suddivideva in un biennio di studi teorici e in un anno conclusivo di approfondimento pratico delle specifiche materie. Fu Rovereto ad ottenere l'istituzione di una scuola reale, l'unica tra Innsbruck e Verona. Essa venne aperta il 19 novembre 1855, fu battezzata ‘Elisabettina' in onore dell'imperatrice e inaugurata il giorno del suo onomastico. La scuola reale di Rovereto si distinse per serietà di insegnamento, rigore ed alta selezione degli studenti. Ne uscirono numerosi giovani resisi poi famosi nelle professioni tecnico scientifiche e nelle arti. Tra essi ricordiamo alcuni protagonisti dell'arte tra i due secoli: Luciano Baldessari, noto come architetto, pittore, scultore e scenografo, visse a Milano, Parigi, Berlino, New York e progettò il Padiglione Breda per la fiera di Milano, la Centrale elettrica di San Floriano sull'Avisio, e, a Rovereto, il palazzo dell'Istituto tecnico "Fontana"; Adalberto Libera, architetto, progettò la facciata del Palazzo delle esposizioni a Roma; a Chicago e a Bruxelles preparò i disegni dei padiglioni per le esposizioni internazionali; a Trento progettò le scuole elementari "R. Sanzio" e il Palazzo della Regione e, a Roma, il Villaggio Olimpico per i giochi del 1960; Tullio Garbari, pittore e poeta, partecipò a numerose mostre personali e collettive, a Ca' Pesaro con 31 opere, a Milano, Amburgo, Amsterdam, Aja, Parigi, alla XVI Biennale di Venezia e alla prima Quadriennale Romana. Fortunato Depero, il noto artista che in Rovereto studiò, ma completò a Roma la sua evoluzione verso il Futurismo, ne firmò il manifesto assieme ad altri artisti, ma, rientrato a Rovereto, vi fondò la ‘casa d'arte Depero' e realizzò i suoi dipinti migliori. Soggiornò a lungo anche in America e a Trento decorò la sala consiliare del palazzo della provincia.

Da
1801
A
1900
Personaggi
Baldessari Luciano , Libera Adalberto , Depero Fortunato , Garbari Tullio
Codice
48821
codici_personaggi_as_text
50760-50761-197569-197572
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