L’approvvigionamento idrico e l’utilizzo delle acque fluviali

Per fondare la città i Romani scelsero una zona ricca di acque, fornite non solo dal fiume Adige, ma anche dai numerosi torrenti e rogge provenienti dalle colline circostanti.

Le indagini archeologiche hanno dimostrato che inizialmente vennero realizzati dei pozzi che raggiungevano la falda dell’Adige. Nel centro storico di Trento ne sono stati individuati alcuni, tra cui uno nel sottosuolo di Palazzo Tabarelli in via Oss Mazzurana ed un altro presso lo Spazio Archeologico Sotterraneo del Sas. Qui, in particolare, è ancora visibile un pozzo profondo 7 metri, realizzato con pietre e malta ed ancora “funzionante”.

Successivamente, probabilmente dall’età flavia (I sec. d.C.), il governo cittadino realizzò un acquedotto, che convogliava l’acqua dalla collina est della città e di cui sono state trovate tracce significative nella zona dei giardini di piazza Venezia. Si tratta di una conduttura in muratura lunga m 3,70 rivestita interamente di cocciopesto e che conserva ancora uno spesso deposito di concrezioni calcaree che ne dimostrano il lungo utilizzo.

Dall’acquedotto partivano una serie di condutture pubbliche costituite per lo più da tubi in piombo, fistulae, che portavano l’acqua nelle fontane e anche in alcuni edifici privati.


14/04/2020