Ostriche e vino. In cucina con gli antichi romani/2

Fast food e slow food

I Romani erano soliti iniziare la giornata con una frugale colazione (jentaculum) costituta da avanzi, pane e formaggio o un biscotto inzuppato nel vino o nell’acqua. Verso mezzogiorno si svolgeva il prandium, uno spuntino consumato in piedi, al bancone di taverne o acquistato da venditori ambulanti. Si mangiava pane, carne fredda, verdura e frutta oppure uova sode, formaggio e legumi. Tutto era annaffiato con un buon bicchiere di vino mescolato con acqua calda d’inverno e fredda d’estate.

Solo la sera, a cena, c’era la possibilità di mangiare con tutta calma. Le famiglie romane si riunivano per un pasto più completo, ma comunque piuttosto semplice in cui potevano esserci uova, olive, formaggio, verdure varie, legumi, noci, fichi e frutta varia, tra cui uva e pesche. A Trento sono stati rinvenuti i noccioli di alcune pesche. Tracce di melograni e vinaccioli carbonizzati provengono invece da Mezzocorona.

Solo nei banchetti dei ricchi patrizi i commensali potevano degustare numerose e succulenti pietanze a base di carne e pesce, stando sdraiati sui triclini, tra cuscini e stoffe, serviti da domestici, che preparavano i cibi tagliati in bocconi. Le numerose portate erano alternate con canti, musica e coppe di vino. Se avanzava qualcosa, i commensali potevano portarselo a casa, avvolto nel tovagliolo che si erano premurati di portare con sè.


14/04/2020